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CLASSICI

Alfredo Ronci

La maturità letteraria de “Il giorno della civetta” di Leonardo Sciascia.

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Non è facile parlare di Leonardo Sciascia, nemmeno quando sono passati quasi quarant’anni dalla sua morte. I fatti sono sotto gli occhi di tutti, a cominciare da quella sua avventura nel Parlamento italiano sotto il partito radicale e la pochezza che lo stesso scrittore ricavò da quella esperienza. Come si direbbe ora (ma anche allora perdinci): un vuoto assoluto. Tanto che in una intervista che la Rai fece ad Andrea Camilleri, prima della sua morte, lo scrittore siciliano più famoso al mondo disse che s’incazzò con Sciascia perché gli consigliò di lasciare la politica per dedicarsi solo alla letteratura, letteratura, come disse lo stesso Sciascia in un’altra trasmissione televisiva, che aveva valore solo se raccontava la verità, l’assoluta verità. 
Non ci sono parole adeguate per raccontare la vicenda dell’uomo di Regalpetra, anche se una definizione, e perdonatemi se non ricordo chi l’ha detto, si espresse così: l’arte di Sciascia è la musica del ragionamento.
Da questa concisa esplicitazione converrebbe lasciar stare tutte le polemiche che sono state fatte per alcune declamazione dello scrittore, ma anche e soprattutto, converrebbe ignorare le novità che la scritture di Sciascia ha portato, non perché ormai chiaramente acquisite, ma perché la leggerezza della sua arte risulta più grande delle sue stesse convenzioni sociali.
Per esempio la questione della sicilianite. In un saggio La Sicilia è una barca Michele Perriera si chiedeva se fosse giunto il momento di leggere e valutare gli autori siciliani senza l’incubo della cosiddetta sicilitudine… cioè a dire… molti intellettuali siciliani hanno per altro contribuito a diffondere quella che chiamasi piuttosto sicilianite: una mania geofolclorica che non solo si compiace di se stessa, ma pretende un capitolo tutto speciale nel libro dei fenomeni contemporanei.
Sciascia, se proprio vogliamo dirlo, aveva un’idea tutta sua. Che partiva da Il gattopardo di Tomasi d Lampedusa fino a coinvolgere l’opera intera di Pirandello. Nel senso che criticava entrambi, ma di entrambi aveva un’idea del loro status assolutamente straordinario.
Per esempio come non criticare la posizione che aveva a suo tempo il principe di Salina (cioè il gattopardo) e il piemontese Chevalley, arrivato nell’isola per convincere don Fabrizio a diventare senatore del nuovo regno: … I Siciliani non vorranno mai migliorare per la semplice ragione che credono di essere perfetti: la loro vanità è più forte della loro miseria; ogni intromissione di estranei sia per origine sia anche, se Siciliani, per indipendenza di spirito, sconvolge il loro vaneggiare di raggiunta compiutezza, rischia di diventare la loro compiaciuta attesa del nulla.
Sciascia, ovviamente, non può accettare una cosa del genere, non può accettare che ogni intromissione diventi un pericolo per gli stessi siciliani. E infatti, a conferma di questo, il protagonista de Il giorno della civetta è un ufficiale dei carabinieri, settentrionale, di stanza in Sicilia.
Libro uscito agli inizi del 1961 e che catturò subito l’attenzione della critica, ma soprattutto del pubblico. Con in primo piano questo ufficiale che in qualche modo ha un’idea assolutamente diversa da quella che finora si era visto nella lotta alla mafia, che crede nei valori di una società democratica e moderna e contro l’immobilità d’un mondo di vecchi interessi comuni.
E la narrazione di muove su due piani: quello dell’inchiesta che l’ufficiale conduce su una catena d delitti di mafia, e che lo scrittore, molto abilmente, riesce a renderla concreta e condannabile e quello delle complicità, più o meno potenti, più o meno segrete, che scattano a fermarla o ad annientarne i risultati.
Al di là poi delle prese di posizione dei vari protagonisti (c’è, tra l’altro, la famosa questione se il fascismo avesse fatto o no delle cose buone… E forse che nel fascismo non c’era del buono?) c’è un’altra novità che Sciascia poi avrebbe anche migliorato e in qualche modo rappresenta anch’essa una preziosa novità: il genere della detective story. Intendiamoci, l’Italia era già nel boom della letteratura gialla e accanto a questa un capolavoro che poteva sembrare sì giallo ma che raccontava invece qualcos’altro, in funzione assolutamente strumentale: Quer pasticciaccio di via Merulana.
Sciascia ha impiegato il giallo per istituire un processo alla società in cui si era trovato a nascere, e quindi a vivere, dentro una scommessa che sin da subito ha mostrato la sua qualità etica e civile.
Tutto il resto, poi, sarebbe arrivato con l’altra produzione.



L’edizione da noi considerata è:

Leonardo Sciascia
Il giorno della civetta
Einaudi



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