CLASSICI
Alfredo Ronci
La modernità di cent'anni fa: 'Il delitto di Fausto Diamante' di Giovanni Comisso.
Scriveva Comisso a proposito del suo romanzo (finito nell'agosto del 1926 e pubblicato solo nel 1933 per l'editore Ceschina di Milano): ... rispecchia molto della mia vita in famiglia, a Treviso, e a Genova nel 1921. Un giorno nel porto di Genova un giovinetto guardava con estasi le navi in partenza. Gli chiesi come si chiamasse, mi rispose fiero: 'Il nome, come quello di un'opera lirica, il cognome, come il più duro dei minerali'. E smaniava di potersi imbarcare per andare nelle terre di oltre oceano. Così sorse il romanzo e il nome del protagonista...
In effetti la vicenda de Il delitto di Fausto Diamante è proprio quella: un giovane reduce dalla prima guerra mondiale (... ho comandato, ho ucciso, ho rischiato la morte per giorni e giorni, poi tutto finisce) ammorbato dalla vita triste e miseranda del suo paese e dei suoi genitori, decide di andar via: vuole imbarcarsi per conoscere il mondo, per conoscere gente, e soprattutto per non essere costretto a condurre un'esistenza modesta ed angosciante (Tutti contro di me. Ma cosa volete fare di me? Non è che mi amate, ma è che siete invidiosi della mia voglia di vivere).
In realtà non è convintissimo dei suoi passi: a tratti recede e persuaso che forse il paese può offrire qualche spiraglio si rivolge ad un suo vecchio amico che sta studiando legge. La prospettiva che gli offre è ancor più angosciante della sua stessa disperazione.
Allora parte per Milano (solo una tappa, dove incontra una conoscenza dei tempi della scuola, un ragazzo che gli ricorda le poesie a lui dedicate), ma il suo punto d'arrivo e Genova e soprattutto il porto di Genova.
Le peripezie a cui volontariamente si sottopone lo portano a conoscere un poeta omosessuale che s'industria per tenerlo con sé per duplice interesse: aiutarlo a gestire la sua letteratura e ad averlo 'in proprio'.
Si parlava della straordinaria modernità del romanzo: curioso come l'edizione da noi considerata (Longanesi 1974) riporti un accenno in prima che, pur sbrigativo nella sua durezza, mostri una verità tutt'altro che parziale: Il romanzo dei pericoli che si possono nascondere in noi nelle epoche inquietanti.
Va spiegato: Fausto Diamante, nella precarietà del vivere – in fondo è un povero disgraziato soverchiato dalle difficoltà esistenziali e soprattutto economiche – mostra una doppia faccia. Quella jeckilliana del ragazzo per bene in cerca di fortuna e quella hydiana del mostro che pur di non cedere ad un vecchio poeta omosessuale arriva a commettere un delitto.
Dunque vero: le epoche inquietanti (cos'erano in fondo gli anni venti se non un cuscinetto impazzito tra la fine della prima guerra mondiale e tutte le conseguenze che ne derivavano e l'arrivo di una dittatura e poi della condizone umana sull'orlo di un precipizio abissale?) producono mostri (più che il sonno della ragione è una condizione indotta a provocare il primo). Ma ci sarebbe da ridire su questo e fare una precisazione.
Sarebbe: ogni epoca porta con sé difficoltà ed incomprensioni, ma né le une né le altre, alle estreme conseguenze, portano al delitto. Altrimenti sarebbe una strage. Vi si arriva per sottrazione: quando mancano valori di fondo e cultura di sostegno. Fausto Diamante tenta la carta dell'autocommiserazione: Sono un debole, le cose più stupide di questo mondo mi dominano come una marionetta. E' ora di finirla, quanta superbia ingiustificata ho avuto fino adesso. Io non sono altro che un bambino. Ho truffato me stesso.
Inavvertitamente questa condizione piaceva al regime (lungi da me dire che Comisso scrisse un romanzo compiacente): da una parte la figura decadente, un po' dannunziana, del poeta omosessuale destinata a soccombere (per mano altrui qui e poi successivamente per mano della discriminazione e del confino); dall'altra un ragazzo debole che, nel rifiuto del diverso, si staglia deciso pur nella vulnerabilità comportamentale.
Non risulta che Il delitto di Fausto Diamante fu soggetto a censura: il fascismo furbo vedeva nella quintessenza del romanzo la riproducibilità esatta dell'azione discriminatoria.
Si diceva: lungi imputare all'autore una compiacenza o una tentazione selettiva, anzi. Già dall'introduzione personale si capisce quanto di autobiografico ci fosse nel romanzo, non solo come visione di vita, ma come abbandono passionale. Fausto Diamante è l'io ed il suo contraltare desiderato: è il ragazzo che cerca una via alla vita ed è l'etero ambito dal poeta-scrittore, in questo caso specifico Comisso stesso.
Ma personalmente del romanzo (definito da qualcuno opera minore) m'interessa altro: l'osservazione perfetta di una condizione provvisoria. Basterebbe ignorare i riferimenti alla prima guerra mondiale perché la storia possa essere trasportata para para ai giorni nostri, dove la precarietà del vivere è sempre più destabilizzante e, come direbbe la prima di copertina, dove i pericoli si possono nascondere in noi nelle epoche inquietanti.
Eh sì che questi son giorni tristi e violenti!
L'edizione da noi considerata è:
Giovanni Comisso
Il delitto di Fausto Diamante
Longanesi - 1970
In effetti la vicenda de Il delitto di Fausto Diamante è proprio quella: un giovane reduce dalla prima guerra mondiale (... ho comandato, ho ucciso, ho rischiato la morte per giorni e giorni, poi tutto finisce) ammorbato dalla vita triste e miseranda del suo paese e dei suoi genitori, decide di andar via: vuole imbarcarsi per conoscere il mondo, per conoscere gente, e soprattutto per non essere costretto a condurre un'esistenza modesta ed angosciante (Tutti contro di me. Ma cosa volete fare di me? Non è che mi amate, ma è che siete invidiosi della mia voglia di vivere).
In realtà non è convintissimo dei suoi passi: a tratti recede e persuaso che forse il paese può offrire qualche spiraglio si rivolge ad un suo vecchio amico che sta studiando legge. La prospettiva che gli offre è ancor più angosciante della sua stessa disperazione.
Allora parte per Milano (solo una tappa, dove incontra una conoscenza dei tempi della scuola, un ragazzo che gli ricorda le poesie a lui dedicate), ma il suo punto d'arrivo e Genova e soprattutto il porto di Genova.
Le peripezie a cui volontariamente si sottopone lo portano a conoscere un poeta omosessuale che s'industria per tenerlo con sé per duplice interesse: aiutarlo a gestire la sua letteratura e ad averlo 'in proprio'.
Si parlava della straordinaria modernità del romanzo: curioso come l'edizione da noi considerata (Longanesi 1974) riporti un accenno in prima che, pur sbrigativo nella sua durezza, mostri una verità tutt'altro che parziale: Il romanzo dei pericoli che si possono nascondere in noi nelle epoche inquietanti.
Va spiegato: Fausto Diamante, nella precarietà del vivere – in fondo è un povero disgraziato soverchiato dalle difficoltà esistenziali e soprattutto economiche – mostra una doppia faccia. Quella jeckilliana del ragazzo per bene in cerca di fortuna e quella hydiana del mostro che pur di non cedere ad un vecchio poeta omosessuale arriva a commettere un delitto.
Dunque vero: le epoche inquietanti (cos'erano in fondo gli anni venti se non un cuscinetto impazzito tra la fine della prima guerra mondiale e tutte le conseguenze che ne derivavano e l'arrivo di una dittatura e poi della condizone umana sull'orlo di un precipizio abissale?) producono mostri (più che il sonno della ragione è una condizione indotta a provocare il primo). Ma ci sarebbe da ridire su questo e fare una precisazione.
Sarebbe: ogni epoca porta con sé difficoltà ed incomprensioni, ma né le une né le altre, alle estreme conseguenze, portano al delitto. Altrimenti sarebbe una strage. Vi si arriva per sottrazione: quando mancano valori di fondo e cultura di sostegno. Fausto Diamante tenta la carta dell'autocommiserazione: Sono un debole, le cose più stupide di questo mondo mi dominano come una marionetta. E' ora di finirla, quanta superbia ingiustificata ho avuto fino adesso. Io non sono altro che un bambino. Ho truffato me stesso.
Inavvertitamente questa condizione piaceva al regime (lungi da me dire che Comisso scrisse un romanzo compiacente): da una parte la figura decadente, un po' dannunziana, del poeta omosessuale destinata a soccombere (per mano altrui qui e poi successivamente per mano della discriminazione e del confino); dall'altra un ragazzo debole che, nel rifiuto del diverso, si staglia deciso pur nella vulnerabilità comportamentale.
Non risulta che Il delitto di Fausto Diamante fu soggetto a censura: il fascismo furbo vedeva nella quintessenza del romanzo la riproducibilità esatta dell'azione discriminatoria.
Si diceva: lungi imputare all'autore una compiacenza o una tentazione selettiva, anzi. Già dall'introduzione personale si capisce quanto di autobiografico ci fosse nel romanzo, non solo come visione di vita, ma come abbandono passionale. Fausto Diamante è l'io ed il suo contraltare desiderato: è il ragazzo che cerca una via alla vita ed è l'etero ambito dal poeta-scrittore, in questo caso specifico Comisso stesso.
Ma personalmente del romanzo (definito da qualcuno opera minore) m'interessa altro: l'osservazione perfetta di una condizione provvisoria. Basterebbe ignorare i riferimenti alla prima guerra mondiale perché la storia possa essere trasportata para para ai giorni nostri, dove la precarietà del vivere è sempre più destabilizzante e, come direbbe la prima di copertina, dove i pericoli si possono nascondere in noi nelle epoche inquietanti.
Eh sì che questi son giorni tristi e violenti!
L'edizione da noi considerata è:
Giovanni Comisso
Il delitto di Fausto Diamante
Longanesi - 1970
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