RACCONTI
Cesare Granati
La straordinaria mattinata di Michael Rocks
Marcus T Gudfood era un noioso impiegato di banca. Aveva lavorato tutta la vita e non aveva messo da parte un granché. Suo figlio Jack era brutto quanto sua madre e noioso quanto lui. Aveva seguito le sue ombre, nonostante avesse studiato matematica e non economia. Adesso lavorava in banca pure lui. Marcus, pochi giorni prima di andare in pensione, scoprì di avere un cancro al pancreas. Non c'era nulla da fare. Nel giro di un mese diventò giallo e perse quasi 20 kg. Sul letto di morte volle scambiare due parole con il figlio. "Jack molla quel maledetto lavoro in banca. Non per fare chi sa cosa, fa il professore. Conosci la matematica e ti lamenti che le persone fanno di tutto per vivere nel disordine. Se insegni, potrai ammorbare centinai di studenti con le tue teorie. Prendi" e gli diede una scatola. Dentro c'erano un orologio da polso e una piccola pistola Beretta con un caricatore da otto colpi. " Ti serviranno per ordinare il tempo e dare un senso alla vita. Se alle mia età non ti resta che andare in pensione, per finire la tua vita con una donna che detesti e con un figlio musone, usa quella pistola per dire basta." Jack Gudfood fece quello che gli aveva detto il padre, si diede all'insegnamento. Passarono gli anni e non ottenne molte soddisfazioni. Ma non aveva una moglie che odiava e somministrare una dose giornaliera di realtà matematica a quei delinquenti dei suoi studenti lo faceva stare bene. Dalla morte di suo padre, solo due cose, oltre ai numeri, avevano valore per lui: il suo orologio e la sua pistola. Non se ne staccava mai, né per andare a letto, né per andare al lavoro.
John Huges era in gamba. Lo sapevano tutti e lo sapeva pure lui. Suo padre insegnava ingegneria all'università, mentre sua madre era un avvocato. Erano persone oneste e non gli avevano fatto mancare nulla, soprattutto lo avevano amato. Aveva sempre avuto tanti amici ed era stato bravo a scegliere quelli veri. A scuola era un martello. Ottimi voti, nonostante quello in condotta non fosse mai superiore all'8. Si poteva far tutto, ma farsi sospendere e bocciare era da stupidi, e di certo John non lo era. Si poteva fumare nei bagni, bruciare la prima ora, aspettare che le lezioni finissero e chiudersi in qualche classe a fare follie con una bella ragazza. Le ragazze lo amavano. Era un bel ragazzo, il capitano della squadra basket, bravo a scuola e pure folle il giusto. Qualche cazzata ogni tanto serve per sentirsi vivi, per amare ancora di più la vita.
Il quarto anno il professore di matematica morì. Nick Martins ebbe un infarto mentre festeggiava il compleanno di sua nipote. Il ragazzo era bravo in matematica e il professor Martins aveva stimolato a dovere il suo intelletto. John era molto dispiaciuto per la morte del prof, ma la passione per la matematica non sarebbe diminuita a causa di questa perdita. Il suo rapporto con la materia sarebbe cambiato solo dopo aver conosciuto il sostituto, il professor Jack Gudfood. Quando costui gli aveva dato la prima insufficienza, non l'aveva presa male. Avrebbe studiato di più. Il prof però, nonostante il suo impegno, sembrava volerlo scoraggiare. Un giorno Gudfood entrò in classe ed era parecchio nervoso. John non aveva detto una parola, ma il professore lo riprese "Huges non chiacchierare!" il ragazzo non capiva "Prof, non ho detto una parola." Gudfood si inalberò "Perché non sei al tuo posto? Dov'è il libro? E il quaderno?" Nonostante John fosse seduto al solito banco, con libro e quaderno bene in vista, il professore prese il registro e disse "Ti prendi una nota, -John Huges gira per la classe e disturba i compagni-". La classe era sbalordita. John non disse nulla. Gli altri professori, venuti a sapere del fatto, lo rincuorarono. "Non preoccuparti, sappiamo che Gudfood ce l'ha con te. Tu resta tranquillo e non preoccuparti delle sue strigliate." Johon era rimasto calmo tutto l'anno. Era rimasto al passo col programma, era riuscito a mantenersi sul sei. L'ultimo compito in classe era decisivo. C'era una serie di equazioni, una più complicata dell'altra. Alcuni problemi e dei quesiti teorici. John era preparato. Voleva chiudere col botto. Fece tutti gli esercizi, rispose alle domande supplementari e consegnò per primo. Era bello carico "Questa volta ho fatto un compito perfetto". Quando, qualche giorno dopo, Gudfood consegnò i compiti, fu un massacro. John non si scompose, lui era stato perfetto. Invece Emy, la ragazza che distribuiva i compiti, gli sussurrò "Mi dispiace". Huges guardò il compito. Il professore aveva considerato sbagliate tutte le sue equazioni. Lui aveva tralasciato dei passaggi, ma perché sapeva fare i conti a mente. Gudfood la pensava diversamente. John Huges allora decise di prendersi la sua rivincita. Si avviò verso la lavagna e Gudfood provò a fermarlo, ma lui era fuori di sé. Lo spinse sulla sedia e il fragile professore rimase basito. "Adesso tu ascolti me." disse John a Gudfood, mentre il professore iniziava a schiumare di rabbia. Il ragazzo fece una serie di calcoli a mente, uno più complicato dell'altro. Gudfood si teneva alla sedia. Sembrava sul punto di esplodere, non tanto per la mancanza di rispetto, quanto perché lui non sapeva fare quei calcoli a mente.
Terminato il suo spettacolo John fece cadere il gesso a terra, si prese l'ovazione dei compagni e, senza neanche guardare il prof, si avviò verso la porta della classe.
Il professor Gudfood odiava quella maledetta scuola. Odiava i suoi stupidi colleghi, odiava la speranza negli occhi degli alunni, odiava quel sistema scolastico che premiava il disordine. Quando aveva preso il posto di un tale professor Martins, era contento. Finalmente una scuola seria. Avrebbe potuto insegnare le sue rivoluzionarie teorie matematiche. Un ordine matematico universale capace di ridare un senso all'esistenza. Le emozioni erano elementi ornamentali superflui, l'ordine dei numeri le escludeva. La superficialità del mondo sarebbe scomparsa dietro al suo schema numerico perfetto.
Il suo sogno si era presto infranto. Non capiva come quel covo di mediocri intellettuali fosse divenuto l'istituto più rinomato della città. Gli studenti erano terribili. Impegnati a vivere l'effimera verità dell'adolescenza, non erano sensibili ai suoi insegnamenti. Il preside lo voleva limitare. Il prof Tim Hadmont lo richiamava quotidianamente ad un atteggiamento più ragionevole nei confronti di colleghi e studenti. Gudfood sapeva che il preside non poteva licenziarlo, visto che il suo contratto era statale, ma i suoi monotoni consigli lo innervosivano non poco. Tra tutti i personaggi odiosi in quella scuola, il peggior era uno studente al quarto anno, John Huges. I colleghi lo adoravano "Quanto è sveglio!". Era pieno di amici, le ragazze poi ... non smettevano mai di ronzargli intorno. La cosa più fastidiosa, però, era la sua penna svelta in matematica. Finiva i compiti sempre prima degli altri. Gudfood neanche ci badava troppo al risultato che John segnava, sicuramente lo aveva ingannato. L'insufficienza, per un arrogante bamboccione come lui, era il minimo. I colleghi si lamentavano del suo atteggiamento e una volta lo ripresero duramente perché, secondo loro, aveva ingiustamente dato una nota al ragazzo. "Quel delinquente mi rideva in faccia, non era al suo posto e disturbava i compagni!" Ma nessuno gli credeva, quel John Huges aveva ingannato tutti, ma non Jack Gudfood. Durante l'anno non era riuscito a far sprofondare i suoi voti, era stato costretto a mantenere la media di quell'odioso ragazzino sul 6. L'ultimo compito lo aveva studiato a dovere. Nessuno in classe avrebbe preso la sufficienza. Quando fu il momento di correggere i compiti non si curò degli altri, andò dritto a quello di Huges. Perfetto. Come diavolo aveva fatto? Mancavano molti passaggi, era impossibile che quel mediocre dongiovanni gli avesse fatti a mente. Ecco, ecco il modo per punire l'arroganza caotica di Huges. Un bel 4 perché aveva copiato. Quando consegnò i compiti si sentiva come un bambino a cui hanno regalato delle caramelle. Che gioia il volto di Huges, finalmente sconfitto. Accadde però l'impensabile. John Huges si alzò e lo zittì bruscamente facendolo restare incollato alla sedia. Addirittura la forza bruta, pensò Gudfood, quello stupido ragazzone maleducato si stava scavando la fossa da solo. Invece Huges incominciò a calcolare una serie di equazioni impossibili, facendo i passaggi ad alta voce senza bisogno di scriverli. Com'era possibile? Come una mente caotica, persa nell'amore per la vita, poteva giungere a una conoscenza matematica simile? La rabbia, il dolore, la vergogna divoravano Gudfood. Era stretto ai braccioli della sedia, sentiva che li stava per rompere. Huges lasciò cadere il gesso a terra e si avviò verso l'uscita della classe tra le ovazioni dei compagni.
Che tedio! Un altro giorno in quella maledetta scuola. C'era andato suo nonno, suo padre, sua madre, suo fratello e adesso la frequentavano lui e sua sorella. Che tedio! Michael Rocks quel giorno aveva tema. "Almeno questo!" pensò mentre parcheggiava il motorino. Doveva sorbirsi due ore di matematica con quel sociopatico di Gudfood, ma poi poteva rilassarsi per le restanti tre. Stava fumando l'ultima cicca prima di entrare in gabbia, quando Albert gli chiese "ti va di fare su un joint?" "Meglio un cilum..." rispose Michael.
Quando entrò in classe, John Huges gli scoppiò a ridere in faccia "potevi farmi fare un tiro pure a me!". Figuriamoci, pensò Michael, dopo un cilum di borbuka alle otto di mattina, saresti messo molto peggio di me. Ma non disse nulla, aveva la bocca impastata e non riusciva fare altro che ridere. Si buttò sulla sua sedia e tentò di calmarsi. Gudfood sarebbe entrato da un momento all'altro e se avesse voluto scambiare due parole con lui, sarebbe stata la fine. Così si concentrò su qualcosa di triste. Matt Hammer, il suo tedioso compagno di banco, era ciò che di più triste potesse esistere. Un fottuto secchione, ben educato e sempre pronto a sputtanarti. Iniziò a dargli qualche bel pugno sulla spalla e smise di ridere. Gudfood entrò. Era stranamente contento e si rivolse sorridente agli alunni "Oggi consegniamo i compiti. Rock? Tu lo farai domani, giusto?" "Sì professore." Sbiascicò Michael. Il giorno dopo se ne sarebbe stato in qualche bar a ubriacarsi per evitare quel compito. Se ne poteva stare tranquillo, ci sarebbe stata la solita strage: pianti, proteste, spiegazioni incomprensibili. Per quello Gudfood era di buon umore. Aveva due ore per ammirare un po' di sofferenza umana. Rocks era abbonato al 3 in matematica fin dall'asilo e quindi del voto non gli importava nulla. Gudfoos però era proprio un cazzone. Godeva ad umiliare gli alunni, a sparare sulla croce rossa, nel suo caso. Lo osservava disgustato. Era alto poco più di un metro e sessanta e sembrava un bambino sul seggiolone. Trepidava dietro alla cattedra. La faccia si deformava in un sorriso malefico, gli occhi si chiudevano e il bitorzolo che aveva tra i baffi faceva capolino. Un conato di vomito corse su per l'esofago di Michael. Uno spettacolo simile, dopo un cilum, era deleterio. "Fai schifo!" gli disse Hammer, meritandosi un altro pugno, questa volta sui reni. A quel punto accadde una cosa strana. John Huges si alzò in piedi dall'altra parta della classe, puntò dritto Gudfood e, quando questi si alzò per fermare la sua avanzata, lo rimise a sedere sulla sua fottuta sedia. "Adesso tu ascolti me!" disse John. Cosa?! Michael non ci poteva credere. Che soddisfazione vedere Gudfood senza parole. Quando John iniziò a fare le equazioni alla lavagna, il professore inizò a schiumare di rabbia. Non riusciva a stare dietro a John. Non che Michael ci capisse qualcosa, ma la faccia del prof era impagabile. Gli occhi erano spalancati, la bocca tremava sotto i baffi, era disperato e furioso allo stesso tempo. Che mattina straordinaria! John Huges finì e, da showman che era, si prese l'ovazione del pubblico. Michael non staccò gli occhi di dosso dal prof. Gudfood si piegò, prese qualcosa dalla caviglia e scattò in piedi. Era una pistola, una pistola piccola, ma pur sempre una pistola. Esplose quattro colpi contro la schiena di John Huges. La classe era caduta nel silenzio più assoluto. Il professore si voltò verso i ragazzi e il suo sguardo incrociò quello di Michael. Gudfood sembrava un grosso ratto, lasciò cadere la pistola a terra e corse verso la porta. Una bidella, accorsa in seguito agli spari, entrò in quel momento in classe. Gudfood non arrestò la sua corsa, ma le passò sopra, come un ratto che supera un ostacolo. Finalmente una ragazza in classe urlò. A Michael sembrò di aver sognato, ma John era morto, lo aveva ammazzato Jack Gudfood.
Cesare Grantai
Nato a Padova il 30 agosto 1987. Collabora con la rivista di cultura online www.riflessionline.it e con la casa editrice GoodMood. Nel 2008 ha pubblicato un libro di poesie, intitolato Sogni (Il Filo-editore).
John Huges era in gamba. Lo sapevano tutti e lo sapeva pure lui. Suo padre insegnava ingegneria all'università, mentre sua madre era un avvocato. Erano persone oneste e non gli avevano fatto mancare nulla, soprattutto lo avevano amato. Aveva sempre avuto tanti amici ed era stato bravo a scegliere quelli veri. A scuola era un martello. Ottimi voti, nonostante quello in condotta non fosse mai superiore all'8. Si poteva far tutto, ma farsi sospendere e bocciare era da stupidi, e di certo John non lo era. Si poteva fumare nei bagni, bruciare la prima ora, aspettare che le lezioni finissero e chiudersi in qualche classe a fare follie con una bella ragazza. Le ragazze lo amavano. Era un bel ragazzo, il capitano della squadra basket, bravo a scuola e pure folle il giusto. Qualche cazzata ogni tanto serve per sentirsi vivi, per amare ancora di più la vita.
Il quarto anno il professore di matematica morì. Nick Martins ebbe un infarto mentre festeggiava il compleanno di sua nipote. Il ragazzo era bravo in matematica e il professor Martins aveva stimolato a dovere il suo intelletto. John era molto dispiaciuto per la morte del prof, ma la passione per la matematica non sarebbe diminuita a causa di questa perdita. Il suo rapporto con la materia sarebbe cambiato solo dopo aver conosciuto il sostituto, il professor Jack Gudfood. Quando costui gli aveva dato la prima insufficienza, non l'aveva presa male. Avrebbe studiato di più. Il prof però, nonostante il suo impegno, sembrava volerlo scoraggiare. Un giorno Gudfood entrò in classe ed era parecchio nervoso. John non aveva detto una parola, ma il professore lo riprese "Huges non chiacchierare!" il ragazzo non capiva "Prof, non ho detto una parola." Gudfood si inalberò "Perché non sei al tuo posto? Dov'è il libro? E il quaderno?" Nonostante John fosse seduto al solito banco, con libro e quaderno bene in vista, il professore prese il registro e disse "Ti prendi una nota, -John Huges gira per la classe e disturba i compagni-". La classe era sbalordita. John non disse nulla. Gli altri professori, venuti a sapere del fatto, lo rincuorarono. "Non preoccuparti, sappiamo che Gudfood ce l'ha con te. Tu resta tranquillo e non preoccuparti delle sue strigliate." Johon era rimasto calmo tutto l'anno. Era rimasto al passo col programma, era riuscito a mantenersi sul sei. L'ultimo compito in classe era decisivo. C'era una serie di equazioni, una più complicata dell'altra. Alcuni problemi e dei quesiti teorici. John era preparato. Voleva chiudere col botto. Fece tutti gli esercizi, rispose alle domande supplementari e consegnò per primo. Era bello carico "Questa volta ho fatto un compito perfetto". Quando, qualche giorno dopo, Gudfood consegnò i compiti, fu un massacro. John non si scompose, lui era stato perfetto. Invece Emy, la ragazza che distribuiva i compiti, gli sussurrò "Mi dispiace". Huges guardò il compito. Il professore aveva considerato sbagliate tutte le sue equazioni. Lui aveva tralasciato dei passaggi, ma perché sapeva fare i conti a mente. Gudfood la pensava diversamente. John Huges allora decise di prendersi la sua rivincita. Si avviò verso la lavagna e Gudfood provò a fermarlo, ma lui era fuori di sé. Lo spinse sulla sedia e il fragile professore rimase basito. "Adesso tu ascolti me." disse John a Gudfood, mentre il professore iniziava a schiumare di rabbia. Il ragazzo fece una serie di calcoli a mente, uno più complicato dell'altro. Gudfood si teneva alla sedia. Sembrava sul punto di esplodere, non tanto per la mancanza di rispetto, quanto perché lui non sapeva fare quei calcoli a mente.
Terminato il suo spettacolo John fece cadere il gesso a terra, si prese l'ovazione dei compagni e, senza neanche guardare il prof, si avviò verso la porta della classe.
Il professor Gudfood odiava quella maledetta scuola. Odiava i suoi stupidi colleghi, odiava la speranza negli occhi degli alunni, odiava quel sistema scolastico che premiava il disordine. Quando aveva preso il posto di un tale professor Martins, era contento. Finalmente una scuola seria. Avrebbe potuto insegnare le sue rivoluzionarie teorie matematiche. Un ordine matematico universale capace di ridare un senso all'esistenza. Le emozioni erano elementi ornamentali superflui, l'ordine dei numeri le escludeva. La superficialità del mondo sarebbe scomparsa dietro al suo schema numerico perfetto.
Il suo sogno si era presto infranto. Non capiva come quel covo di mediocri intellettuali fosse divenuto l'istituto più rinomato della città. Gli studenti erano terribili. Impegnati a vivere l'effimera verità dell'adolescenza, non erano sensibili ai suoi insegnamenti. Il preside lo voleva limitare. Il prof Tim Hadmont lo richiamava quotidianamente ad un atteggiamento più ragionevole nei confronti di colleghi e studenti. Gudfood sapeva che il preside non poteva licenziarlo, visto che il suo contratto era statale, ma i suoi monotoni consigli lo innervosivano non poco. Tra tutti i personaggi odiosi in quella scuola, il peggior era uno studente al quarto anno, John Huges. I colleghi lo adoravano "Quanto è sveglio!". Era pieno di amici, le ragazze poi ... non smettevano mai di ronzargli intorno. La cosa più fastidiosa, però, era la sua penna svelta in matematica. Finiva i compiti sempre prima degli altri. Gudfood neanche ci badava troppo al risultato che John segnava, sicuramente lo aveva ingannato. L'insufficienza, per un arrogante bamboccione come lui, era il minimo. I colleghi si lamentavano del suo atteggiamento e una volta lo ripresero duramente perché, secondo loro, aveva ingiustamente dato una nota al ragazzo. "Quel delinquente mi rideva in faccia, non era al suo posto e disturbava i compagni!" Ma nessuno gli credeva, quel John Huges aveva ingannato tutti, ma non Jack Gudfood. Durante l'anno non era riuscito a far sprofondare i suoi voti, era stato costretto a mantenere la media di quell'odioso ragazzino sul 6. L'ultimo compito lo aveva studiato a dovere. Nessuno in classe avrebbe preso la sufficienza. Quando fu il momento di correggere i compiti non si curò degli altri, andò dritto a quello di Huges. Perfetto. Come diavolo aveva fatto? Mancavano molti passaggi, era impossibile che quel mediocre dongiovanni gli avesse fatti a mente. Ecco, ecco il modo per punire l'arroganza caotica di Huges. Un bel 4 perché aveva copiato. Quando consegnò i compiti si sentiva come un bambino a cui hanno regalato delle caramelle. Che gioia il volto di Huges, finalmente sconfitto. Accadde però l'impensabile. John Huges si alzò e lo zittì bruscamente facendolo restare incollato alla sedia. Addirittura la forza bruta, pensò Gudfood, quello stupido ragazzone maleducato si stava scavando la fossa da solo. Invece Huges incominciò a calcolare una serie di equazioni impossibili, facendo i passaggi ad alta voce senza bisogno di scriverli. Com'era possibile? Come una mente caotica, persa nell'amore per la vita, poteva giungere a una conoscenza matematica simile? La rabbia, il dolore, la vergogna divoravano Gudfood. Era stretto ai braccioli della sedia, sentiva che li stava per rompere. Huges lasciò cadere il gesso a terra e si avviò verso l'uscita della classe tra le ovazioni dei compagni.
Che tedio! Un altro giorno in quella maledetta scuola. C'era andato suo nonno, suo padre, sua madre, suo fratello e adesso la frequentavano lui e sua sorella. Che tedio! Michael Rocks quel giorno aveva tema. "Almeno questo!" pensò mentre parcheggiava il motorino. Doveva sorbirsi due ore di matematica con quel sociopatico di Gudfood, ma poi poteva rilassarsi per le restanti tre. Stava fumando l'ultima cicca prima di entrare in gabbia, quando Albert gli chiese "ti va di fare su un joint?" "Meglio un cilum..." rispose Michael.
Quando entrò in classe, John Huges gli scoppiò a ridere in faccia "potevi farmi fare un tiro pure a me!". Figuriamoci, pensò Michael, dopo un cilum di borbuka alle otto di mattina, saresti messo molto peggio di me. Ma non disse nulla, aveva la bocca impastata e non riusciva fare altro che ridere. Si buttò sulla sua sedia e tentò di calmarsi. Gudfood sarebbe entrato da un momento all'altro e se avesse voluto scambiare due parole con lui, sarebbe stata la fine. Così si concentrò su qualcosa di triste. Matt Hammer, il suo tedioso compagno di banco, era ciò che di più triste potesse esistere. Un fottuto secchione, ben educato e sempre pronto a sputtanarti. Iniziò a dargli qualche bel pugno sulla spalla e smise di ridere. Gudfood entrò. Era stranamente contento e si rivolse sorridente agli alunni "Oggi consegniamo i compiti. Rock? Tu lo farai domani, giusto?" "Sì professore." Sbiascicò Michael. Il giorno dopo se ne sarebbe stato in qualche bar a ubriacarsi per evitare quel compito. Se ne poteva stare tranquillo, ci sarebbe stata la solita strage: pianti, proteste, spiegazioni incomprensibili. Per quello Gudfood era di buon umore. Aveva due ore per ammirare un po' di sofferenza umana. Rocks era abbonato al 3 in matematica fin dall'asilo e quindi del voto non gli importava nulla. Gudfoos però era proprio un cazzone. Godeva ad umiliare gli alunni, a sparare sulla croce rossa, nel suo caso. Lo osservava disgustato. Era alto poco più di un metro e sessanta e sembrava un bambino sul seggiolone. Trepidava dietro alla cattedra. La faccia si deformava in un sorriso malefico, gli occhi si chiudevano e il bitorzolo che aveva tra i baffi faceva capolino. Un conato di vomito corse su per l'esofago di Michael. Uno spettacolo simile, dopo un cilum, era deleterio. "Fai schifo!" gli disse Hammer, meritandosi un altro pugno, questa volta sui reni. A quel punto accadde una cosa strana. John Huges si alzò in piedi dall'altra parta della classe, puntò dritto Gudfood e, quando questi si alzò per fermare la sua avanzata, lo rimise a sedere sulla sua fottuta sedia. "Adesso tu ascolti me!" disse John. Cosa?! Michael non ci poteva credere. Che soddisfazione vedere Gudfood senza parole. Quando John iniziò a fare le equazioni alla lavagna, il professore inizò a schiumare di rabbia. Non riusciva a stare dietro a John. Non che Michael ci capisse qualcosa, ma la faccia del prof era impagabile. Gli occhi erano spalancati, la bocca tremava sotto i baffi, era disperato e furioso allo stesso tempo. Che mattina straordinaria! John Huges finì e, da showman che era, si prese l'ovazione del pubblico. Michael non staccò gli occhi di dosso dal prof. Gudfood si piegò, prese qualcosa dalla caviglia e scattò in piedi. Era una pistola, una pistola piccola, ma pur sempre una pistola. Esplose quattro colpi contro la schiena di John Huges. La classe era caduta nel silenzio più assoluto. Il professore si voltò verso i ragazzi e il suo sguardo incrociò quello di Michael. Gudfood sembrava un grosso ratto, lasciò cadere la pistola a terra e corse verso la porta. Una bidella, accorsa in seguito agli spari, entrò in quel momento in classe. Gudfood non arrestò la sua corsa, ma le passò sopra, come un ratto che supera un ostacolo. Finalmente una ragazza in classe urlò. A Michael sembrò di aver sognato, ma John era morto, lo aveva ammazzato Jack Gudfood.
Cesare Grantai
Nato a Padova il 30 agosto 1987. Collabora con la rivista di cultura online www.riflessionline.it e con la casa editrice GoodMood. Nel 2008 ha pubblicato un libro di poesie, intitolato Sogni (Il Filo-editore).
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