DE FALSU CREDITU
MarMàrco Lagransòla
La strònzital
Mark8 editore, Pag. 189 Euro 12,50
Spesso, troppo spesso, spessissimo, il Giovane Autore (categoria che esiste solo in Italia, e comprende anche "giovani" di sessantacinque anni), col suo libro d'esordio, pertiene a una delle seguenti categorie:
- presa per il colto: lo scrittore smania d'apparire a giorno d'ogni moderno filosofema, e perdipiù d'ostentare la sua padronanza dello scibile universale, dai miti accadici a Salvatores. Così abbonda in citazioni, rimandi, riferimenti, intertestualità che rendono il suo testo complesso quasi come il percorso d'una pratica INPS ;(T. Labranca)
-il seme del Tamarondo: si pratica una scrittura guareschiana, fatta tutta di calzini bucati e mutande con la fischiòtta, ma esibite nel salotto buono, sovrastanti a centrini di pizzo sangallo e centrotavola in corduroy. Molta mistica, perché chi non mistica non mastica, ma sotto forma di saggezza della nonna (con l'Alzheimer): proverbi, frasi fatte, aggettivazione pesante campale, per catturare la Gentile Lettriciue. E tanta, tanta, tanta (e tonta) piccoloborghesità, dal ricattino dei sentimenti alle care memorie, dalla collaboratrice filippina all' adulterio mantovano;
- baci (perugina) rubati; ossia canto degregoriano. Suggestioni preadolescenziali, pubertà, primi amori, metri sopra il cielo, vita bassa sotto il culo. Il tutto condito con forti dosi di anni Cinquanta, quando tutto era più bello e fatale, e nessuno aveva ancora perso l'innocenza, e si era poveri ma belli, e c'era una grande chiesa che andava da Che Guevara a madre Teresa, e Alice guardava i gatti e i gatti guardavano le alici;
- noi siamo i giovani, l'esercito del surf: scrittura ultragergale, lardellata di "bella lì!" "ci sto dentro", "ho cannàto da dio", "ma sei fuori?" e "sclerava da paura!", insomma del giovanilismo da inchiesta da house organ o da canzone degli 883. Molta "tendenza" e poca consistenza: il risultato è "talmente scanzonato"... come direbbe una sciurètta anni '50;
- subcomandante Walter: o: dello sfondare porte e portoni già abbondantemente aperti. Comunque ti metti, sei sempre dalla parte della ragione: tronfio trionfo del politicamente, culturalmente, et(n)icamente corretto. Il protagonista ha - come minimo - adottato tre bambini (uno nero, uno asiatico, uno sudamericano, di sessi assortiti in modo da rispettare la composizione maschio-femmina nel mondo); dedica tutto il suo tempo libero a sviluppare una qualsivoglia attività equa e solidale; è stato in (remota) gioventù membro della FGCI ma non è mai stato comunista; e comunque, casomai, era comunista ma non lo sapeva, quindi era come se non lo fosse; se no, era fascista, ma come Perlasca o, al massimo, come Longanesi; e, se democristiano, aveva meditato gli scritti di La Pira, l'operato di Giovanni vigèsimoterzo, le lettere dal carcere di Moro; altrimenti, era di lottacontinua;
- tarantinì-tarantinà-tarantinèlla: si succedono (nell'ordine): tre vecchiette squartate, due bimbi violentati e cannibalizzati, sei innocenti tagliati a fette con la sega elettrica, farciti d'una serie di torture sessuali (come direbbe un cronista del tg Uno in prima serata). Così "il Lettore non vede l'ora di arrivare alla seconda frase". (D. Luttazzi)
Ecco: il libro del giovane (e stavolta ci cade a pennello, dato che ha trentadue anni appena) Lagransòla sfugge a tutte queste categorie. Perciò lo salutiamo come una salutare boccata d'aria (assieme all'esordio di Pulsatilla) nell'asfittico panorama della letteratura italiana. La storia che racconta, difatti, non potrebbe essere più universale (al di là dell'asfittico recinto dell'Italietta letteraria), e adeguata a questi tempi in cui ogni esile libriccino viene pompato dagli editori fino a raggiungere dimensioni badiali - e, viceversa, un lavoro di prima categoria come questo viene negletto: si narra, in questo magistrale (anche se affetto da qualche residua acerbità) bildungsroman(z)o (è ambientato in un'Urbe travisata e travestita) le tribolazioni d'un giovane critico, i libri del quale gettano una cupa luce sulla situazione letteraria d'un paese - "Cosmopoli" - che nessuno faticherà a riconoscere come l'Italia più nera. Come un autentico eroe del nostro tempo, il protagonista di queste pagine individua ogni rischio e trappola, e li schiva, ché attualmente sono disposti di fronte a chi voglia smascherare gli inciùci e le camarille del potere letterario. Offrendo così una testimonianza asciutta ma documentata del malcostume editoriale e autoriale di questo paese.
Naturalmente, ogni identità di fatti e persone narrati con quelli realmente esistenti, è puramente casuale.
- presa per il colto: lo scrittore smania d'apparire a giorno d'ogni moderno filosofema, e perdipiù d'ostentare la sua padronanza dello scibile universale, dai miti accadici a Salvatores. Così abbonda in citazioni, rimandi, riferimenti, intertestualità che rendono il suo testo complesso quasi come il percorso d'una pratica INPS ;(T. Labranca)
-il seme del Tamarondo: si pratica una scrittura guareschiana, fatta tutta di calzini bucati e mutande con la fischiòtta, ma esibite nel salotto buono, sovrastanti a centrini di pizzo sangallo e centrotavola in corduroy. Molta mistica, perché chi non mistica non mastica, ma sotto forma di saggezza della nonna (con l'Alzheimer): proverbi, frasi fatte, aggettivazione pesante campale, per catturare la Gentile Lettriciue. E tanta, tanta, tanta (e tonta) piccoloborghesità, dal ricattino dei sentimenti alle care memorie, dalla collaboratrice filippina all' adulterio mantovano;
- baci (perugina) rubati; ossia canto degregoriano. Suggestioni preadolescenziali, pubertà, primi amori, metri sopra il cielo, vita bassa sotto il culo. Il tutto condito con forti dosi di anni Cinquanta, quando tutto era più bello e fatale, e nessuno aveva ancora perso l'innocenza, e si era poveri ma belli, e c'era una grande chiesa che andava da Che Guevara a madre Teresa, e Alice guardava i gatti e i gatti guardavano le alici;
- noi siamo i giovani, l'esercito del surf: scrittura ultragergale, lardellata di "bella lì!" "ci sto dentro", "ho cannàto da dio", "ma sei fuori?" e "sclerava da paura!", insomma del giovanilismo da inchiesta da house organ o da canzone degli 883. Molta "tendenza" e poca consistenza: il risultato è "talmente scanzonato"... come direbbe una sciurètta anni '50;
- subcomandante Walter: o: dello sfondare porte e portoni già abbondantemente aperti. Comunque ti metti, sei sempre dalla parte della ragione: tronfio trionfo del politicamente, culturalmente, et(n)icamente corretto. Il protagonista ha - come minimo - adottato tre bambini (uno nero, uno asiatico, uno sudamericano, di sessi assortiti in modo da rispettare la composizione maschio-femmina nel mondo); dedica tutto il suo tempo libero a sviluppare una qualsivoglia attività equa e solidale; è stato in (remota) gioventù membro della FGCI ma non è mai stato comunista; e comunque, casomai, era comunista ma non lo sapeva, quindi era come se non lo fosse; se no, era fascista, ma come Perlasca o, al massimo, come Longanesi; e, se democristiano, aveva meditato gli scritti di La Pira, l'operato di Giovanni vigèsimoterzo, le lettere dal carcere di Moro; altrimenti, era di lottacontinua;
- tarantinì-tarantinà-tarantinèlla: si succedono (nell'ordine): tre vecchiette squartate, due bimbi violentati e cannibalizzati, sei innocenti tagliati a fette con la sega elettrica, farciti d'una serie di torture sessuali (come direbbe un cronista del tg Uno in prima serata). Così "il Lettore non vede l'ora di arrivare alla seconda frase". (D. Luttazzi)
Ecco: il libro del giovane (e stavolta ci cade a pennello, dato che ha trentadue anni appena) Lagransòla sfugge a tutte queste categorie. Perciò lo salutiamo come una salutare boccata d'aria (assieme all'esordio di Pulsatilla) nell'asfittico panorama della letteratura italiana. La storia che racconta, difatti, non potrebbe essere più universale (al di là dell'asfittico recinto dell'Italietta letteraria), e adeguata a questi tempi in cui ogni esile libriccino viene pompato dagli editori fino a raggiungere dimensioni badiali - e, viceversa, un lavoro di prima categoria come questo viene negletto: si narra, in questo magistrale (anche se affetto da qualche residua acerbità) bildungsroman(z)o (è ambientato in un'Urbe travisata e travestita) le tribolazioni d'un giovane critico, i libri del quale gettano una cupa luce sulla situazione letteraria d'un paese - "Cosmopoli" - che nessuno faticherà a riconoscere come l'Italia più nera. Come un autentico eroe del nostro tempo, il protagonista di queste pagine individua ogni rischio e trappola, e li schiva, ché attualmente sono disposti di fronte a chi voglia smascherare gli inciùci e le camarille del potere letterario. Offrendo così una testimonianza asciutta ma documentata del malcostume editoriale e autoriale di questo paese.
Naturalmente, ogni identità di fatti e persone narrati con quelli realmente esistenti, è puramente casuale.
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