CLASSICI
Alfredo Ronci
La vendetta del non saper vivere: 'Le due zittelle' di Tommaso Landolfi.
Idolina Landolfi, figlia di Tommaso, e traduttrice di valore e pregio, nell'edizione del libro che andiamo a curare, s'industria sulla sua storia editoriale: che può essere curiosa ed illuminante, ma toglie l'essenza ad uno dei racconti più straordinari del novecento europeo.
Sì certo, la contesa dello scritto tra l'editore di allora Enrico Vallecchi e Bompiani, che pubblicò nel '46 Le due zittelle fu anche accesa, tanto che il primo andò su tutte le furie nel vedere il volumetto pubblicato diversamente, ma rimane in sostanza diatriba ininfluente: quel che è rimasto non è, come disse il solito paludato e bacchettone Montale uno dei maggiori 'incubi' psicologici e morali della moderna letteratura europea, ma crediamo noi, il sigillo ad un'esistenza aconfessionale e libera da un cattolicesimo sempre più asfissiante.
Si diceva l'anno di pubblicazione: 1946. Nel quale gli italiani raccoglievano le briciole di quel poco che rimaneva (e che rimaneva in piedi) e la maggior parte degli intellettuali a raccontar di nuovo la Storia e i suoi esiti: neorealismo a gogò. Se ne staccò presto la Anna Maria Ortese, perché nevrotizzata, com'ella stessa scrisse in proposito, dalla realtà tragica e penosa e quindi insopportabile, e Tommaso Landolfi, che non cadde mai nel meccanismo facile di una rappresentazione quasi fotografica dei drammi.
Qui l'autore di Pico Farnese va ben oltre: rappresenta sì un mondo post-bellico, ma non si duole di una figurazione ideologica del mondo, di questo poco gli cale. Affronta invece il dolore dell'esistenza che non si vuole a causa di guerra, ma a causa di un provincialismo gretto e di una cappa di perbenismo asfissiante. Ed il ruolo della Chiesa è centrale.
Vediamo la storia: In uno scuorante quartiere d'una città essa medesima per tanti versi scuorante, al primo piano d'una casa borghese vivevano due zittelle colla vecchia madre. Con loro una 'scimia', regalo di un fratello morto, e quindi memoria quasi storica di un'esistenza ahimé troppo breve. L'animale, che trascorre le sue giornate in una gabbia, all'improvviso trova il modo di uscire e di 'frequentare' l'adiacente monastero, facendo alfin strame di moralità e sacramenti: ruba le ostie consacrate nella cappella, dice messa e nell'ultima avventura, che le sarà fatale, orina sull'altare.
La decisione delle beghine, soprattutto la più puntuta, è inesorabile: della 'scimia' si vuole la fine. Ma senza prima aver consultato due preti: monsignor Tontini, appartenente alla più declamatoria e retriva genia degli uomini di fede e il giovane padre Alessio (alter ego, crediamo noi, dello scrittore), scaltro e moderno predicatore di Dio. Che in un impeto di veemenza difensiva, in alcuni passi blasfema, rivela ai lettori l'intoppo psicanalitico della sostanza delle due 'zittelle': Vendicatevi. Vendicatevi della vostra vergogna, della vostra ridicola impotenza, del vostro astio, della vostra rabbia; vendicatevi d'esser vili, di non aver saputo vivere, d'esser corrotti. Vendicatevi, voi, di non esser stata scelta da un uomo, con cui avreste potuto abbandonarvi ai più sozzi piaceri. Ma l'amore, quello verecondo che Dio fa nascere fra gli uomini, vi è inviso e per questo nessuno vi ha scelta; e per questo anche, voi, abiettamente invida, avete impedito che vostra sorella godesse a sentirsi stretta fra le braccia di un uomo, a sentir sulle sue labbra...
Landolfi fa suo il perturbante freudiano: la 'scimia' che ha, guarda caso, origine dalla famiglia, perché regalo del fratello, è il desiderio mai realizzato, il sogno sempre infranto di una sessualità richiesta, ma mai esposta. E' l'elemento che determina la frattura: con la sua uccisione, prontamente rientrato.
Si diceva l'anno di pubblicazione: 1946 (e vorrei che il lettore riflettesse). Guerra finita, macerie, voglia di riscatto, di libertà. Ma l'emancipazione che sbandiera Landolfi è un'altra, non da un'ideologia e quindi da un assetto politico deviato e sbagliato, ma da una sostanza su cui soprattutto la Chiesa 'si bastona' continuamente i piedi: la realizzazione del sé, del libero arbitrio.
Tutto dunque, considerato i tempi, assai rivoluzionario e Le due zittelle assurge non a emblema di una stagione, ma a prototipo del vivere: da Dante a Star Trek.
Perdoniamo all'autore il 'topos' letterario del ritrovamento del manoscritto e quindi la sua 'pubblicità: Ma ci convince la chiosa che spiega, semmai ce ne fosse stato bisogno, la sottrazione e poi il raddoppio linguistico degli 'attori: Ma la ragione che mi indusse a riportare questo appunto è soprattutto il desiderio di giustificare la forma 'scimia' da me adottata invece della più comune. Onde. Per compenso forse, mi venne l'altra di 'zittella'; per compenso e quasi (direi) 'zittella' potesse essere diminutivo di 'zitta', anziché di zita.
L'edizione da noi considerata è.
Tommaso Landolfi
Le due zittelle
Piccola biblioteca Adelphi 1992.
Sì certo, la contesa dello scritto tra l'editore di allora Enrico Vallecchi e Bompiani, che pubblicò nel '46 Le due zittelle fu anche accesa, tanto che il primo andò su tutte le furie nel vedere il volumetto pubblicato diversamente, ma rimane in sostanza diatriba ininfluente: quel che è rimasto non è, come disse il solito paludato e bacchettone Montale uno dei maggiori 'incubi' psicologici e morali della moderna letteratura europea, ma crediamo noi, il sigillo ad un'esistenza aconfessionale e libera da un cattolicesimo sempre più asfissiante.
Si diceva l'anno di pubblicazione: 1946. Nel quale gli italiani raccoglievano le briciole di quel poco che rimaneva (e che rimaneva in piedi) e la maggior parte degli intellettuali a raccontar di nuovo la Storia e i suoi esiti: neorealismo a gogò. Se ne staccò presto la Anna Maria Ortese, perché nevrotizzata, com'ella stessa scrisse in proposito, dalla realtà tragica e penosa e quindi insopportabile, e Tommaso Landolfi, che non cadde mai nel meccanismo facile di una rappresentazione quasi fotografica dei drammi.
Qui l'autore di Pico Farnese va ben oltre: rappresenta sì un mondo post-bellico, ma non si duole di una figurazione ideologica del mondo, di questo poco gli cale. Affronta invece il dolore dell'esistenza che non si vuole a causa di guerra, ma a causa di un provincialismo gretto e di una cappa di perbenismo asfissiante. Ed il ruolo della Chiesa è centrale.
Vediamo la storia: In uno scuorante quartiere d'una città essa medesima per tanti versi scuorante, al primo piano d'una casa borghese vivevano due zittelle colla vecchia madre. Con loro una 'scimia', regalo di un fratello morto, e quindi memoria quasi storica di un'esistenza ahimé troppo breve. L'animale, che trascorre le sue giornate in una gabbia, all'improvviso trova il modo di uscire e di 'frequentare' l'adiacente monastero, facendo alfin strame di moralità e sacramenti: ruba le ostie consacrate nella cappella, dice messa e nell'ultima avventura, che le sarà fatale, orina sull'altare.
La decisione delle beghine, soprattutto la più puntuta, è inesorabile: della 'scimia' si vuole la fine. Ma senza prima aver consultato due preti: monsignor Tontini, appartenente alla più declamatoria e retriva genia degli uomini di fede e il giovane padre Alessio (alter ego, crediamo noi, dello scrittore), scaltro e moderno predicatore di Dio. Che in un impeto di veemenza difensiva, in alcuni passi blasfema, rivela ai lettori l'intoppo psicanalitico della sostanza delle due 'zittelle': Vendicatevi. Vendicatevi della vostra vergogna, della vostra ridicola impotenza, del vostro astio, della vostra rabbia; vendicatevi d'esser vili, di non aver saputo vivere, d'esser corrotti. Vendicatevi, voi, di non esser stata scelta da un uomo, con cui avreste potuto abbandonarvi ai più sozzi piaceri. Ma l'amore, quello verecondo che Dio fa nascere fra gli uomini, vi è inviso e per questo nessuno vi ha scelta; e per questo anche, voi, abiettamente invida, avete impedito che vostra sorella godesse a sentirsi stretta fra le braccia di un uomo, a sentir sulle sue labbra...
Landolfi fa suo il perturbante freudiano: la 'scimia' che ha, guarda caso, origine dalla famiglia, perché regalo del fratello, è il desiderio mai realizzato, il sogno sempre infranto di una sessualità richiesta, ma mai esposta. E' l'elemento che determina la frattura: con la sua uccisione, prontamente rientrato.
Si diceva l'anno di pubblicazione: 1946 (e vorrei che il lettore riflettesse). Guerra finita, macerie, voglia di riscatto, di libertà. Ma l'emancipazione che sbandiera Landolfi è un'altra, non da un'ideologia e quindi da un assetto politico deviato e sbagliato, ma da una sostanza su cui soprattutto la Chiesa 'si bastona' continuamente i piedi: la realizzazione del sé, del libero arbitrio.
Tutto dunque, considerato i tempi, assai rivoluzionario e Le due zittelle assurge non a emblema di una stagione, ma a prototipo del vivere: da Dante a Star Trek.
Perdoniamo all'autore il 'topos' letterario del ritrovamento del manoscritto e quindi la sua 'pubblicità: Ma ci convince la chiosa che spiega, semmai ce ne fosse stato bisogno, la sottrazione e poi il raddoppio linguistico degli 'attori: Ma la ragione che mi indusse a riportare questo appunto è soprattutto il desiderio di giustificare la forma 'scimia' da me adottata invece della più comune. Onde. Per compenso forse, mi venne l'altra di 'zittella'; per compenso e quasi (direi) 'zittella' potesse essere diminutivo di 'zitta', anziché di zita.
L'edizione da noi considerata è.
Tommaso Landolfi
Le due zittelle
Piccola biblioteca Adelphi 1992.
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