CLASSICI
Alfredo Ronci
Lo scrittore della morte e delle ossessioni: Dario Bellezza e 'L'amore felice'.
Devo essere sincero: non ho mai amato Bellezza né come poeta né come scrittore, riconoscendo tuttavia l'alta tessitura del 'fraseggio'. Motivi di questa incomprensione forse la stessa per cui Busi, negli ultimi anni di vita del poeta romano, vi si scagliava contro anche con inusitata autorità.
Ne aveva ben donde: contro la gioiosa macchina da guerra sessuale dell'autore di Sodomie in corpo 11, Bellezza contrapponeva un'omosessualità vissuta allo stesso modo pericolosamente, ma come vista e 'sentita' attraverso il buco della serratura. Paradossalmente parrocchiale quest'ultima, perché intesa come diversità e praticata nel dolore e nei sensi di colpa.
Bellezza definito poeta maledetto, ma di un maledettismo un po' fine a se stesso, dove la componente sessuale era inscindibile dalla morale cattolica, pasoliniana in questo e per questo tanto apprezzata dal Pier Paolo.
Rimane tuttavia un classico, più che per il suo masochismo letterario (mai come in Bellezza l'elemento autobiografico è legato alle lettere e letture e viceversa), per la rappresentazione del suo mondo, quello che lui contestò fino alla fine dei suoi giorni, come anche ci ha raccontato Maurizio Gregorini che ha raccolto in un diario gli ultimi lamenti del poeta.
L'amore felice s'inserisce perfettamente nella questione: opera forse 'minore', almeno come resa in pubblico, ma significativa e coerente. Coerente nella scelta dell'ossessione, coerente nella visione ferale della vita, coerente nella figurazione di un ambiente.
Scrisse nella seconda di copertina Anna Maria Ortese, amica intima del Bellezza: La storia felice, quindi, è quella di un odio infelice, mortale, dove la rapina (del povero io e le sue virtù) dell'altro, è sempre tentata; e la caccia all'umiliazione e sottomissione di quest'io (che si rifiuta al presunto dovere di ammirare e donare) prosegue nel buio...
Chissà se nello scrivere 'la storia felice' al posto de 'l'amore felice' la Ortese abbia voluto suggerirci qualcosa nonostante fosse davanti agli occhi di tutti: perché L'amore felice romanzo è la storia dell'ossessione del poeta per Elsa Morante.
Per Bellezza era tornare sul luogo del delitto. Già in Angelo, libro del 1979, definendola divina nella sua gelida recita di creatura superiore e distante voleva in qualche modo vendicarsi per essere stato allontanato dalla corte della grande scrittrice, ma con la differenza che la 'corte' del poeta era essenzialmente di marchettara materia, mentre ne L'amore felice la quintessenza della vicenda è nell'ossessione amorosa per Anna Cortez (la Morante appunto) e tutto il resto sembra quasi escluso.
L'incipit del romanzo conferma l'impianto esistenziale del poeta: E' l'odio che mi fa vivere. Ora quest'odio – odio per la donna che ha rovinato la mia vita – può far orrore al mondo, ma non posso farci niente.
Ma è una resa fin troppo semplice: in realtà il poeta, nel corso dei suoi cahiers de doleance, cade anche in contraddizione nell'esperire alla funzione unica ed ultima della sua idea centrale di vita: l'ossessione della morte.
Scrive: ... sono giovane ma mi sento così attratto dalla morte: è questo, il vero patto che mi lega ad Anna; forse si è rifiutata per questo, sentiva contro natura, come una perversione, il mio attaccamento alla morte...
Più avanti aggiunge: Non t'avessi mai incontrata! Forse eri già, fin dall'inizio, il simbolo della morte, per questo ti cercavo, perché sono affascinato dalla morte che tutto sana e distrugge. Inutile ribellarsi alla morte, anche se tu non riesci a morire.
Dunque il poeta nell'incoerenza del suo pensiero filtra ogni aspetto delle relazioni (e in questo caso della relazione con Anna) attraverso il reticolo dei suoi principi, che lo guidano fino a questa sorta di inferno che è rifiuto del mondo orrendo dei padri e delle madri.
Il vittimismo bellezziano non si risolve solo attraverso il vissuto sessuale e la certezza della tragedia (lo dice in una poesia: la solitudine del creato rimbomba/ sulla soglia maledetta/ l'assassino lo sento sempre in agguato), ma anche nel relazionarsi col mondo intero. Dove gli uomini, al di là degli oggetti del desiderio, potrebbero essere tutti potenzialmente padri e le donne, come nel caso di Anna Cortez/Elsa Morante tutte madri.
Visione semplicistica si potrebbe definire. Probabile, ma di fronte ad un romanzo come L'amore felice dove l'infelicità è soprattutto nella mancanza di un gesto o di una carezza, negare il mio assunto significherebbe squalificare le prime cinquanta pagina della Recherche.
Francamente non me la sento. Non so voi.
L'edizione da noi considerata è:
Dario Bellezza
L'amore felice
Rusconi – Prima edizione 1986
Ne aveva ben donde: contro la gioiosa macchina da guerra sessuale dell'autore di Sodomie in corpo 11, Bellezza contrapponeva un'omosessualità vissuta allo stesso modo pericolosamente, ma come vista e 'sentita' attraverso il buco della serratura. Paradossalmente parrocchiale quest'ultima, perché intesa come diversità e praticata nel dolore e nei sensi di colpa.
Bellezza definito poeta maledetto, ma di un maledettismo un po' fine a se stesso, dove la componente sessuale era inscindibile dalla morale cattolica, pasoliniana in questo e per questo tanto apprezzata dal Pier Paolo.
Rimane tuttavia un classico, più che per il suo masochismo letterario (mai come in Bellezza l'elemento autobiografico è legato alle lettere e letture e viceversa), per la rappresentazione del suo mondo, quello che lui contestò fino alla fine dei suoi giorni, come anche ci ha raccontato Maurizio Gregorini che ha raccolto in un diario gli ultimi lamenti del poeta.
L'amore felice s'inserisce perfettamente nella questione: opera forse 'minore', almeno come resa in pubblico, ma significativa e coerente. Coerente nella scelta dell'ossessione, coerente nella visione ferale della vita, coerente nella figurazione di un ambiente.
Scrisse nella seconda di copertina Anna Maria Ortese, amica intima del Bellezza: La storia felice, quindi, è quella di un odio infelice, mortale, dove la rapina (del povero io e le sue virtù) dell'altro, è sempre tentata; e la caccia all'umiliazione e sottomissione di quest'io (che si rifiuta al presunto dovere di ammirare e donare) prosegue nel buio...
Chissà se nello scrivere 'la storia felice' al posto de 'l'amore felice' la Ortese abbia voluto suggerirci qualcosa nonostante fosse davanti agli occhi di tutti: perché L'amore felice romanzo è la storia dell'ossessione del poeta per Elsa Morante.
Per Bellezza era tornare sul luogo del delitto. Già in Angelo, libro del 1979, definendola divina nella sua gelida recita di creatura superiore e distante voleva in qualche modo vendicarsi per essere stato allontanato dalla corte della grande scrittrice, ma con la differenza che la 'corte' del poeta era essenzialmente di marchettara materia, mentre ne L'amore felice la quintessenza della vicenda è nell'ossessione amorosa per Anna Cortez (la Morante appunto) e tutto il resto sembra quasi escluso.
L'incipit del romanzo conferma l'impianto esistenziale del poeta: E' l'odio che mi fa vivere. Ora quest'odio – odio per la donna che ha rovinato la mia vita – può far orrore al mondo, ma non posso farci niente.
Ma è una resa fin troppo semplice: in realtà il poeta, nel corso dei suoi cahiers de doleance, cade anche in contraddizione nell'esperire alla funzione unica ed ultima della sua idea centrale di vita: l'ossessione della morte.
Scrive: ... sono giovane ma mi sento così attratto dalla morte: è questo, il vero patto che mi lega ad Anna; forse si è rifiutata per questo, sentiva contro natura, come una perversione, il mio attaccamento alla morte...
Più avanti aggiunge: Non t'avessi mai incontrata! Forse eri già, fin dall'inizio, il simbolo della morte, per questo ti cercavo, perché sono affascinato dalla morte che tutto sana e distrugge. Inutile ribellarsi alla morte, anche se tu non riesci a morire.
Dunque il poeta nell'incoerenza del suo pensiero filtra ogni aspetto delle relazioni (e in questo caso della relazione con Anna) attraverso il reticolo dei suoi principi, che lo guidano fino a questa sorta di inferno che è rifiuto del mondo orrendo dei padri e delle madri.
Il vittimismo bellezziano non si risolve solo attraverso il vissuto sessuale e la certezza della tragedia (lo dice in una poesia: la solitudine del creato rimbomba/ sulla soglia maledetta/ l'assassino lo sento sempre in agguato), ma anche nel relazionarsi col mondo intero. Dove gli uomini, al di là degli oggetti del desiderio, potrebbero essere tutti potenzialmente padri e le donne, come nel caso di Anna Cortez/Elsa Morante tutte madri.
Visione semplicistica si potrebbe definire. Probabile, ma di fronte ad un romanzo come L'amore felice dove l'infelicità è soprattutto nella mancanza di un gesto o di una carezza, negare il mio assunto significherebbe squalificare le prime cinquanta pagina della Recherche.
Francamente non me la sento. Non so voi.
L'edizione da noi considerata è:
Dario Bellezza
L'amore felice
Rusconi – Prima edizione 1986
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