CINEMA E MUSICA
Alfredo Ronci
Ma con i Calexico Amos Lee c'ha guadagnato? Boh. Comunque sia... 'Mission Bell',.
Un disco atteso, almeno da me, in modo spasmodico. Amos Lee e le sue melodie fresche e accattivanti. Nulla di rivoluzionario in quello che fa , ma una buona canzone accompagnata da una voce intensa produce sempre un bell'effetto. Perché poi diciamocelo, Lee non è un grande poeta, è un semplice menestrello che però possiede l'arte della fascinazione.
Per mesi si è vociferato della collaborazione con i Calexico, poi l'ufficializzazione è arrivata: Joey Burns produceva il disco, John Convertino ci suonava e udite udite alcune collaborazioni preziose come quelle di Lucinda Williams e Willie Nelson.
Cosa aspettarsi di più?
Eppure sempre il sottoscritto storce il naso. E non sa spiegarsi il perché.
Il disco va come non avremmo potuto desiderare di più e il brano iniziale lo testimonia (e testimonia la firma che Joey Burns ha dato all'intero progetto): bella cavalcata col contrappunto per nulla invadente della sezione fiati 'mariachi' degli ultimi Calexico.
E le altre canzoni non sono da meno: ci sono i classici inni all'amore, magari da ascoltare davanti a un bel tramonto, come 'Stay with me' e soprattutto quella 'Hello again' che davvero porta il segno del produttore. Ci sono le canzoni 'd'impegno' (sempre in una lingua chiara, piana e per nulla intellettuale) come 'Violin' (Ogni volta che esco di casa ci si sente destabilizzati, tra spazzini e spacciatori e avvocati che potrebbero essere dei macellai...); c'è l'intensa ballatona con un crescendo vocale ed armonico non indifferente di 'Windows are rolled down'. Ci sono, come si diceva prima, anche le preziose collaborazioni, ma la sensazione di irrisolto non va via comunque: la Lucinda Williams fa il suo mestiere di 'roca rockeuse' che ormai le riconosciamo da anni nel pezzo 'Clear blue eyes' mentre Willie Nelson gigioneggia (non c'è nulla da fare ma quella voce dall'intonazione american style più trita mette un po' l'orticaria e ti fa pensare alla vita bucolica e falsa di certo country reazionario) nella reprise mixata di 'Behind me novel/El camino'. Aggiungasi a tutto anche la tipica prece del cantautorato d'oltre oceano dedicata al solito Cristo ('Jesus') che farebbe la gioia anche della Nina Hagen più convertita.
Non sfugge nemmeno il country più standard di 'Cup of sorrow.
Insomma, tutto piacevole, tutto gustoso, tutto accattivante e secondo gli standard dell'Amos Lee più convincente... ma tutto discutibile.
Non si discute invece la voce di lui, sempre al meglio, con quelle venature bluesy che nelle canzoni d'amore ti prendono alla gola, ma probabilmente i proclami prima dell'uscita, la collaborazione dei Calexico (li aspetto anche con K.D. Lang e Chris Isaac!) e il duetto con la Williams facevano presagire qualcosa di più esplosivo.
Qua non esplode nulla. Comunque è sempre il mio adorato Amos Lee!
Amos Lee
Mission bell
Blue note - 2011
Per mesi si è vociferato della collaborazione con i Calexico, poi l'ufficializzazione è arrivata: Joey Burns produceva il disco, John Convertino ci suonava e udite udite alcune collaborazioni preziose come quelle di Lucinda Williams e Willie Nelson.
Cosa aspettarsi di più?
Eppure sempre il sottoscritto storce il naso. E non sa spiegarsi il perché.
Il disco va come non avremmo potuto desiderare di più e il brano iniziale lo testimonia (e testimonia la firma che Joey Burns ha dato all'intero progetto): bella cavalcata col contrappunto per nulla invadente della sezione fiati 'mariachi' degli ultimi Calexico.
E le altre canzoni non sono da meno: ci sono i classici inni all'amore, magari da ascoltare davanti a un bel tramonto, come 'Stay with me' e soprattutto quella 'Hello again' che davvero porta il segno del produttore. Ci sono le canzoni 'd'impegno' (sempre in una lingua chiara, piana e per nulla intellettuale) come 'Violin' (Ogni volta che esco di casa ci si sente destabilizzati, tra spazzini e spacciatori e avvocati che potrebbero essere dei macellai...); c'è l'intensa ballatona con un crescendo vocale ed armonico non indifferente di 'Windows are rolled down'. Ci sono, come si diceva prima, anche le preziose collaborazioni, ma la sensazione di irrisolto non va via comunque: la Lucinda Williams fa il suo mestiere di 'roca rockeuse' che ormai le riconosciamo da anni nel pezzo 'Clear blue eyes' mentre Willie Nelson gigioneggia (non c'è nulla da fare ma quella voce dall'intonazione american style più trita mette un po' l'orticaria e ti fa pensare alla vita bucolica e falsa di certo country reazionario) nella reprise mixata di 'Behind me novel/El camino'. Aggiungasi a tutto anche la tipica prece del cantautorato d'oltre oceano dedicata al solito Cristo ('Jesus') che farebbe la gioia anche della Nina Hagen più convertita.
Non sfugge nemmeno il country più standard di 'Cup of sorrow.
Insomma, tutto piacevole, tutto gustoso, tutto accattivante e secondo gli standard dell'Amos Lee più convincente... ma tutto discutibile.
Non si discute invece la voce di lui, sempre al meglio, con quelle venature bluesy che nelle canzoni d'amore ti prendono alla gola, ma probabilmente i proclami prima dell'uscita, la collaborazione dei Calexico (li aspetto anche con K.D. Lang e Chris Isaac!) e il duetto con la Williams facevano presagire qualcosa di più esplosivo.
Qua non esplode nulla. Comunque è sempre il mio adorato Amos Lee!
Amos Lee
Mission bell
Blue note - 2011
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