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INTERVISTE

Massimo Carlotto

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Cristiani di Allah. E' vero che tra il Cinquecento e l'Ottocento più di 300.000 cristiani europei abiurarono la propria religione per convertirsi all'Islam, ma ho avuto l'impressione che al di là del fenomeno storico, il titolo da te dato abbia più un significato di sfida culturale: inutile sbandierare guerre di religione perché poi sono gli interessi a farla da padrone.



Infatti le guerre di religione, lo scontro di civiltà, in questo caso nell'area del Mediterraneo, nascondono da sempre il motivo reale del conflitto e cioè il controllo politico, economico e militare di questo mare chiuso nato da un'unica civiltà divisa da due culture.



Quasi sempre questi cristiani si convertivano per sfuggire alla santa Inquisizione. Ma dall'altra parte non mi pare che fossero rose e fiori.



Non solo dal Sant'Uffizio ma anche dal destino deciso per nascita che ai poveri dell'occidente cristiano non lasciava scampo. Le città corsare reggevano la propria economia sulla guerra di corsa e la guerra era la condizione permanente di vita in una situazione di dominio dell'impero ottomano. E in questo senso non erano rose e fiori come del resto per coloro che oggi fanno il viaggio inverso e dal Maghreb sbarcano sulle nostre coste in cerca di un riscatto che molto difficilmente troveranno.

Nulla è cambiato, se non il senso della migrazione ma secondo me era importante raccontare questa emorragia di anime cristiane verso l'islam per recuperare un pezzo di storia rimosso per motivi politico-religiosi.



Riporto un passo del libro che è il pensiero di Redouane, uno dei protagonisti della storia, e che ha una legame affettivo con ex lanzichenecco: E così il nostro amore era diventato finalmente libero e pubblico. Il Corano ci condannava, ma le autorità religiose musulmane, che non esercitavano alcuna pressione per le abiure, erano tolleranti e sapevano bene che la nostra era una conversione di comodo. Mi ricorda tanto la posizione della Chiesa attuale nei confronti dell'omosessualità interna e dei preti pedofili.



Non sono d'accordo. Nell'islam non esistono gerarchie come nella chiesa cattolica e all'epoca le autorità religiose delle città corsare sottostavano al potere dei rinnegati che non esprimevano nessun giudizio sull'omosessualità reputandola un "affare personale". Fino a quando i rinnegati conservarono il potere e cioè fino al 1830, anno della conquista francese dell'Algeria, la società rimase per certi versi "illuminata", poi quando scomparirono queste figure fortemente laiche e provenienti da altre culture, iniziò la deriva restauratrice.



Insisto: Pedro de Choya, una sorta di anatomopatologo anti-litteram, confessa che per studiare i cadaveri è fuggito dalle maglie dell'Inquisizione. Stiamo sempre là: la Chiesa come strumento di repressione ed istituzione anti-moderna.



Assolutamente sì. Da una parte e dall'altra. Ed è uno dei motivi che mi hanno spinto a scrivere questo libro. Ad Algeri ho messo le mani sull'ultimo testo dei fondamentalisti in tema di "diavolo" con velleità scientifiche (tipo il calcolo della velocità con cui entra ed esce dal corpo umano, 4188 kmh...) e la cura consigliata agli esorcisti per curare le "malattie" come l'omosessualità, l'infedeltà, la perdita della fede etc. è a base di scosse elettriche con uno strumento molto simile alla picana argentina! Ci ritroviamo a confrontarci con chiese che hanno dichiarato guerra alle libertà fondamentali dell'umanità e ribellarsi non solo è giusto ma un necessario agire per la sopravvivenza.



In un brano del libro riporti l'orrenda usanza islamica di far ingrassare le donne prima di essere sposate. Tutt'ora è pratica diffusa in certi paesi arabi. Lo hai fatto volutamente?



Sì, per distinguere che la timida apertura sociale degli stati corsari è stata gestita e ha riguardato solo gli uomini. La condizione femminile nell'islam è rimasta perennemente e tragicamente oppressa. Non volevo che ci fossero fraintendimenti in questo senso e tenevo particolarmente a sottolineare la crudeltà di questa pratica che arriva a trasformare il corpo di una donna, a deformarlo, con una violenza fisica, psicologica, sociale e culturale pari a quella dell'infibulazione.



Massimo, con tutta sincerità: ma che è 'sta storia del noir mediterraneo? Boh, a me pare una fregnaccia.



Non solo a te ma anche a un sacco di autori che fino a ieri affermavano con sicurezza il carattere sociale e politico del noir e oggi lo negano, in nome della purezza della letteratura. Io non la penso così e sono convinto che il noir mediterraneo possa essere un'occasione per raccontare il conflitto nell'area a partire dalle trasformazioni nell'universo criminale determinate dalla globalizzazione dell'economia. Un filone dove l'inchiesta vera e propria possa fondersi col romanzo.



L'anno scorso hai fatto uno spettacolo con Ricky Gianco. Quest'anno hai partecipato al cd musicale accluso al romanzo e hai in programma delle serate con Patrizia Laquidara. Ma che c'è il rischio, alla fine, di vederti in smoking al Sistina ad intonare Strangers in the night?



Purtroppo no perché sono stonatissimo. Mi fanno fare giusto un coretto in Cristiani di Allah tanto per accontentarmi. In realtà è tutta colpa mia e del mio desiderio di portare la letteratura a teatro e raccontare i romanzi dal punto di vista di un personaggio minore. La cosa inaspettata è che funziona e ci chiamano ovunque...



Ma l'Alligatore lo hai messo in pensione oppure sta scalpitando da qualche parte?



Scalpita e mi insulta perché l'ho costretto a seguire un'indagine delicata e rognosa... il prossimo romanzo uscirà a settembre 2009. Un Alligatore diverso, al passo coi tempi...





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