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CLASSICI

Alfredo Ronci

Negli anni nulla è cambiato: “La volpe e le camelie” di Ignazio Silone.

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Torna, in questa rubrica, Ignazio Silone. I motivi sono molteplici, ma mi piace spiegare lo scrittore abruzzese con un concetto che già abbiamo incontrato in altre circostanze e che, nel bene e nel male, abbiamo cercato, in tutti modi e maniere, di risolverlo. Concetto che si riferisce alla statura effettiva della letteratura in tempo di guerra, e del suo lento degrado negli anni successivi.
E’ inutile che io stia a ricordare la polemica innestata da Antonio Scurati, anni fa, (e, permettetemi di dirlo, del suo declino come scrittore, al di là dell’effettiva valenza delle sue opere) e delle conseguenze (a dir la verità molto concrete della nostra letteratura) che ne sono scaturite.
Ora, cosa dobbiamo dire di uno scrittore come Ignazio Silone che, soprattutto negli anni trenta e quaranta, ha ribaltato le sorti del nostro romanzo, senza venir mai a mancare ad una direttiva etica e morale e che successivamente alla guerra ha continuato a marciare su un indirizzo che apparentemente metteva all’angolo le sue determinazioni, ma in realtà ne faceva un’aggiunta dovuta e consensuale?
Per chi ci conosce sa quale considerazione e rispetto abbiamo per un critico letterario che ormai non c’è più ma che ha lasciato delle orme ben determinate nella nostra coscienza: Giorgio Bàrberi Squarotti. Nel suo libro La narrativa italiana del dopoguerra, uscito per l’editore Cappelli nel 1968, lo studioso dedicava, ovviamente, una parte dell’opera ad Ignazio Silone. E parlava dei suoi inizi fondamentali (da Fontamara a Pane e vino) per accostarli alla produzione più recente, quella appunto degli anni sessanta e diceva: Quando Silone lascia la tematica politica, e affronta temi di un più consueto realismo ottocentesco, i risultati sono sempre meno giustificati: con Il segreto di Luca (1957) (…) e con La volpe le camelie (1961) (…) Silone dimostra di non avere più dubbi intorno all’unidimensionalità del reale e alla possibilità che la parola designante lo colga interamente, senza residui oscuri. E in questo modo, finisce per ridurre la sua letteratura a un modesto livello di intrattenimento.
Ora, impossibilitati, come siamo, a confrontare la critica di un letterato come Squarotti alle dinamiche (anche giuste) di uno scrittore-saggista come Scurati, ci pare però che in qualche modo, pur rimanendo confusi con l’unidimensionalità del reale e la parola senza residui oscuri di squarettiana memoria, le due teorie possono accostarsi decisamente. Cioè la presenza della guerra (o come si diceva, la tematica politica) ha il sopravvento, (letterariamente e culturalmente) su qualsiasi altra tematica etica e morale.
Come a dire che Fontamara e Pane e vino, scritti assolutamente prima e durante la seconda guerra mondiale, proprio perché appartenenti ad un certo periodo storico, assumono coerenza politica e invece quelli scritti immediatamente dopo, ad avvenimenti cessati, pur mantenendo una linea guida appena passabile, rimangono in un’area incerta, a un modesto livello di intrattenimento?
Tesi questa che potrebbe essere del tutto capovolta ma che manteniamo anche per un discorso che riguarda la volpe e le camelie.
Di cosa tratta il romanzo? Descrive una vicenda d’amore e di morte al confine tra Italia e Svizzera, durante il fascismo, con protagonista una famiglia di contadini che dà aiuto a chi espatria per ragioni politiche. Tutto qui? Per i detrattori d Silone forse sì, per gli estimatori assolutamente no.
Innanzi tutto vediamo che la vicenda è ambientata ai confini con l’Italia e non, come lo scrittore aveva fatto finora, in un paese abruzzese. Non conosciamo assolutamente i motivi di questa scelta, ma riteniamo, anche per le successive esperienze, che lo abbia fatto per dimostrare una certa coscienza di pratica politica che prendeva forma in quegli anni.
Ma il punto centrale del romanzo è un altro, anche se nella rappresentazione della storia è stata in qualche modo indicato: una vicenda d’amore. Vicenda che coinvolge la figlia di Daniele, il protagonista che dal sud si è trasferito al nord, e che sconvolge i piani regolatori della vita sociale del paese. Un fascista s’innamora della ragazza ma quando scopre che in casa ha pubblicazioni di sinistra, non regge all’affronto e si ammazza, annegando nel fiume.
Il signor Cefalù, il ragazzo, proprio perché fascista, dai popolani ritenuto capace di compromettere le sorti della famiglia di Daniele, cambia in qualche modo la storia: da carnefice alla fine diventa vittima e allora sono vere le parole che un amico di Daniele, Franz, dice in un certo punto del romanzo: Ma se ci comportiamo come i nostri avversari, da bruti, in che siamo diversi?
Questo è il senso de La volpe e le camelie. Tutto il resto, comprese certe teorie, sono assolutamente delle stupidaggini.



L’edizione da noi considerata è:

Ignazio Silone
La volpe e le camelie
Oscar Mondadori






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