CLASSICI
Alfredo Ronci
Opera memorabile e proto fantozziana: "Misteri dei ministeri" di Augusto Frassineti.
Mescolanza al fulmicotone di Villaggio, Campanile, Malerba, Cavazzoni (ma non aspettatevi che inserisca Benni, lo detesto), ma la prima edizione di questo capolavoro risale al 1952 (Guanda) e fu solo l'inizio di un percorso che si concluse con l'edizione da noi considerata e che ebbe risonanza adeguata e giusta grazie anche alle note di seconda e terza di copertina di Calvino. Che diceva: (Frassineti) prende di petto il nodo più doloroso che impastoia la vita italiana, il male più incancrenito da cui nessun cambiamento di regime o d'istituti è riuscito a liberarci: l'assurdità burocratica.
O la Ministerialità, come suggerisce a più riprese l'autore che, adottando un topos letterario, immagina che un dattiloscritto sia arrivato a casa sua, inviato da un certo Signor 55 (In verità, non credo che vi possano essere dei dubbi sulla identificazione del signor 55 in una delle tante figure apparentemente sbiadite che si confondono nella grigia e sterminata famiglia dei piccoli impiegati di Stato, alla quale egli dedica i fiori più delicati e le spine più amare del suo repertorio) e da questi definito 'il primo trattato di Ministerialità generale e comparata, arricchito di nuove rivelazioni, ipotesi, esempi e controprove in tre libri compiutamente ordinato'.
Il primo libro costituisce una sorta di esegesi del concetto indicato e dei suoi 'affiliati': si va dall'esame di una predisposizione ereditaria (ereditarietà singola o collettiva delle predisposizioni ministeriali: ipotesi del tutto accettabile come piattaforma sperimentale, specie nel nostro Paese, avuto riguardo al sovrapporsi ed intrecciarsi millenario di istituti governativi d'ogni provenienza e tipo, ch'è una delle sue più spiccate caratteristiche) alla vera e propria anamnesi dell'occupato che si distingue in 'passivo' (impiegato semplice) e 'attivo' (dirigente) ma che dal punto di vista propriamente psichiatrico sembra avere una sospetta comunanza (Non par dubbio poi che la ridda dei piccoli impiegati e il galoppo dei capi divisione, fenomeni coessenziali alla dinamica della convocazione in bianco, abbiano molto in comune con il 'morbo sacro' (epilessia) degli antichi) e che nei casi estremi sembra mostrare un'assoluta mancanza intellettiva: L'insufficienza delle mie annotazioni (...) è determinata (...) anche e soprattutto da una lamentevole improduttività dei cervelli impiegatizî più ministerializzati: di quei cervelli, proprio, che maggiormente interessano lo studioso. Gran parte di essi pensa pochissimo, taluni non pensano affatto.
Non esente da tutto ciò la storicizzazione del fenomeno burocratico, che può essere riscontrato anche in tempi non sospetti, secondo la nota espressamente redatta dal Signor 55: Allo stato delle ricerche non vi sono argomenti per escludere che Mosè, allo scopo di consolidare il proprio vicariato, abbia lavorato di forbici e di colla su di un resoconto più antico e veritiero di ispirazione comunitario, e che pertanto il cosidetto 'Eterno' sia soltanto il residuo di una locuzione attributiva di ben diverso significato, come sarebbe «l'eterno guastafeste» o «l'eterno rompicoglioni».
Dunque questo Mistero dei ministeri è un trattato per far conoscere, il potere della 'pratica' sull'uomo: e in effetti il secondo libro della triade ('Summa Ministerialis') è esemplificativo dell'attitudine tutta italica di pensare e scrivere una lingua che fa morire dal ridere ma che esagera un difetto molto diffuso tra gli uomini, quello di parlare per luoghi comuni e che abbandona la verità e persino il buonsenso.
Tale 'Summa' oltre a contenere 'fatti della vita di un capitano a riposo dallo stesso narrati in una supplica rimasta incompiuta per sopravvenuta morte di lui' e che rappresenta una sorta di autobiografia dello stesso Frassineti (notare che lo scrittore nel 1963 pubblicò per Feltrinelli Un capitano a riposo con un procedimento narrativo assai simile al suo capolavoro) mostra una serie di esempi pratici (addirittura frammentari, come fossero 'campioni' di una prototicità tutta da studiare, come i classici) e che lo stesso Calvino, ironicamente, indicava come genere letterario negletto agli studiosi: il ricorso, l'esposto, il pro-memoria all'autorità competente (... la Ministerialità non conosce limiti alla propria espansione possibile. Dal suo profondo esprime parole e fioriscono universi dal nulla).
Il terzo libro è un trattato paradossale sull'Utopia della burocrazia: con un linguaggio pericolosamente kafkiano ad esso si contrappone con un progetto 'illuminante' di Amministrazione all'aperto, dunque senza strutture architettoniche per una gestione del lavoro in fieri, tutto per evitare la riduzione del cittadino ad una quantità semplice ed inerte.
Insomma: Misteri dei Ministeri fu un evento al suo apparire, continuò ad esserlo nella successiva ristampa Longanesi del 1959 (col titolo Misteri dei ministeri e altri misteri) ed ebbe definitiva e 'secolare' gloria con l'edizione einaudiana (e cospicue aggiunte) del 1973.
L'edizione da noi considerata è:
Augusto Frassineti
Misteri dei Ministeri
Einaudi - 1973
O la Ministerialità, come suggerisce a più riprese l'autore che, adottando un topos letterario, immagina che un dattiloscritto sia arrivato a casa sua, inviato da un certo Signor 55 (In verità, non credo che vi possano essere dei dubbi sulla identificazione del signor 55 in una delle tante figure apparentemente sbiadite che si confondono nella grigia e sterminata famiglia dei piccoli impiegati di Stato, alla quale egli dedica i fiori più delicati e le spine più amare del suo repertorio) e da questi definito 'il primo trattato di Ministerialità generale e comparata, arricchito di nuove rivelazioni, ipotesi, esempi e controprove in tre libri compiutamente ordinato'.
Il primo libro costituisce una sorta di esegesi del concetto indicato e dei suoi 'affiliati': si va dall'esame di una predisposizione ereditaria (ereditarietà singola o collettiva delle predisposizioni ministeriali: ipotesi del tutto accettabile come piattaforma sperimentale, specie nel nostro Paese, avuto riguardo al sovrapporsi ed intrecciarsi millenario di istituti governativi d'ogni provenienza e tipo, ch'è una delle sue più spiccate caratteristiche) alla vera e propria anamnesi dell'occupato che si distingue in 'passivo' (impiegato semplice) e 'attivo' (dirigente) ma che dal punto di vista propriamente psichiatrico sembra avere una sospetta comunanza (Non par dubbio poi che la ridda dei piccoli impiegati e il galoppo dei capi divisione, fenomeni coessenziali alla dinamica della convocazione in bianco, abbiano molto in comune con il 'morbo sacro' (epilessia) degli antichi) e che nei casi estremi sembra mostrare un'assoluta mancanza intellettiva: L'insufficienza delle mie annotazioni (...) è determinata (...) anche e soprattutto da una lamentevole improduttività dei cervelli impiegatizî più ministerializzati: di quei cervelli, proprio, che maggiormente interessano lo studioso. Gran parte di essi pensa pochissimo, taluni non pensano affatto.
Non esente da tutto ciò la storicizzazione del fenomeno burocratico, che può essere riscontrato anche in tempi non sospetti, secondo la nota espressamente redatta dal Signor 55: Allo stato delle ricerche non vi sono argomenti per escludere che Mosè, allo scopo di consolidare il proprio vicariato, abbia lavorato di forbici e di colla su di un resoconto più antico e veritiero di ispirazione comunitario, e che pertanto il cosidetto 'Eterno' sia soltanto il residuo di una locuzione attributiva di ben diverso significato, come sarebbe «l'eterno guastafeste» o «l'eterno rompicoglioni».
Dunque questo Mistero dei ministeri è un trattato per far conoscere, il potere della 'pratica' sull'uomo: e in effetti il secondo libro della triade ('Summa Ministerialis') è esemplificativo dell'attitudine tutta italica di pensare e scrivere una lingua che fa morire dal ridere ma che esagera un difetto molto diffuso tra gli uomini, quello di parlare per luoghi comuni e che abbandona la verità e persino il buonsenso.
Tale 'Summa' oltre a contenere 'fatti della vita di un capitano a riposo dallo stesso narrati in una supplica rimasta incompiuta per sopravvenuta morte di lui' e che rappresenta una sorta di autobiografia dello stesso Frassineti (notare che lo scrittore nel 1963 pubblicò per Feltrinelli Un capitano a riposo con un procedimento narrativo assai simile al suo capolavoro) mostra una serie di esempi pratici (addirittura frammentari, come fossero 'campioni' di una prototicità tutta da studiare, come i classici) e che lo stesso Calvino, ironicamente, indicava come genere letterario negletto agli studiosi: il ricorso, l'esposto, il pro-memoria all'autorità competente (... la Ministerialità non conosce limiti alla propria espansione possibile. Dal suo profondo esprime parole e fioriscono universi dal nulla).
Il terzo libro è un trattato paradossale sull'Utopia della burocrazia: con un linguaggio pericolosamente kafkiano ad esso si contrappone con un progetto 'illuminante' di Amministrazione all'aperto, dunque senza strutture architettoniche per una gestione del lavoro in fieri, tutto per evitare la riduzione del cittadino ad una quantità semplice ed inerte.
Insomma: Misteri dei Ministeri fu un evento al suo apparire, continuò ad esserlo nella successiva ristampa Longanesi del 1959 (col titolo Misteri dei ministeri e altri misteri) ed ebbe definitiva e 'secolare' gloria con l'edizione einaudiana (e cospicue aggiunte) del 1973.
L'edizione da noi considerata è:
Augusto Frassineti
Misteri dei Ministeri
Einaudi - 1973
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