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Il Paradiso degli Orchi
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RACCONTI

Phil Potter

Phillies

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Mi trovavo a Marblespring alla sagra del " Country in Picture" e decisi di acquistarlo io, il quadro di Edward Hopper Phillies. Ora mi sento meno solo quando poso lo sguardo – filo – umore - veloce concentrato timido - sul barman, sui manichini: quella donna, quegli uomini. Sembra di entrare, ritornare da Hopper, che mi apre gli occhi sul nulla – cocente montagna di stili – bazzecole – nudità vestite di tutto punto – cittadini. Hopper maestro d'iniziazione, Hopper sei ancora tra i miei preferiti but I love Picasso. Je adore Herminius Noremorse. Sono così folle da credere di essere uscito da un'opera d'arte. Infatti, ho gli occhi che puntano lontano perché valutano una concezione di vuoto come unica verità di vita degna di essere condotta tra un libro, la musica del blues e gli amori. Sapere. Io non so, semplicemente creo e giudico che il resto debba farsi carne per capire, per rifiutare i colpi della brutalità – mostruosità attutita dal silenzio delle parole in bocca ai banali uomini di plastica - piombo – odio – ciò che rimane dell'amore fuori dall'esperienza dei sensi? Intorno solite macchine... Uomo, tu sei la macchina, l'alveare, il portafoglio? Io invece procedo dall'Arte, dalla Natura, dalla Morte che mi assomiglia: algida, nemmeno indifferente, direi piuttosto assorta ma spaesata e persa. Gli occhi, l'iride, i colori e la pupilla non c'entrano più col vedere; sono le pennellate, le figure, gli avventori di Phillies: eccoli i quadri che spengono il tempo, cancellano gli attimi in corsa per la successione, riaccendono la realtà qualsiasi: clienti freddi assorbiti dall'ambienteclima del mondo distante, alieni per forza di cose - colpa di certe impressioni e dell'immobilismo della pittura; il barista vorrebbe essere sollecito, delle persone alle quali serve da bere però non sa nulla, non vuol sapere, ignora anche se stesso tra loro che fuggono da lui, accostano il muso ai bicchieri. E' successo persino a voi fino all'incredulità di allungarvi verso, staccandovi all'infinito dall'oggetto: è la ripresa dal vero - la stasi - che accompagna il meccanismo del gesto consumato. L'ambienteclima soffoca mentre s'ingrandiscono, oltre il muro, l'insegna, il bancone come ombra, come giganteniente. Povero timoniere il barista imbarcato al comando di un banconeastronave: cittàdesolazione che s'allunga, legno lucido ultraterreno e grande, metropolitano, incorporante... Mi ritengo ancora un Beat, un capace esempio di, permango appeso alla bava del mucoesistenza, è naturale, posso permettermi gli indugi e spezzare fare Crash & Crack! quando mi pare nei miei discorsi che si dividono tra karmafilosofia del minghjino e Poesia. Sapete, sorrido; dico, ah sì, la città, la mia America americana, miao miao, i sacchi dell'immondizia. Dove sono capitato? Vi capita di finire qui dove sono capitato e forse non è un sogno? Fratelli! I gatti emergono dai rifiutiputridume con la lisca sul baffo proprio dove mi trovo situato! In quale quadro? Chiedetemelo! Sono circondato dalle anime morte col gomito appoggiato sull'astronave ridimensionata funzionale, la mano sorregge il bicchiere tozzo dell'acquavite. Le risposte non esistono, ricorda Hopper; la realtà è pura, priva di difetto, è un disastro cosmico: una tela per il silenzio, una per le occasioni che sfuggono e l'ultima per la festa, muta come una papessa. La Saga delle Comparse: i nottambuli restano al bancone dell'aldilà, i coniugi di Guardando il mare si situano oltre la massa azzurra dell'acqua sotto i loro occhi peraltro senza spingersi davvero in là: inamovibili e fantocci non vedono; rientrano in un ordine che mi dà un senso di estraniazione e nei loro corpi intuisco gli spazi della città, le consuetudini della vita concreta come il filo spinato, come i precotti e le palestre. I due non ci sono e non potranno rispondere. Anche questo quadro di manichini è mio con la sua assenza intrinseca; del resto risulta appropriato il disinteresse per la natura, il luogo dove con ogni probabilità si pratica lo sport; in questo caso si tratterebbe di una lunga nuotata che ha spossato marito e moglie, l'insieme da spiaggia in slip e cuffia, i pezzi dell'unicum rappresentato per rendere l'accostamento fossile, la coppia imprescindibile. E qui mi accendo una sigaretta. Io fumo e stringo forte il mozzicone tra medio e pollice e mi brucio e assaporo: quant'è buono il fumo, quant'è vero il fumo! Amo Gloria e lei non sa che bramo di possederla in un angolo descritto da Hopper, noi in piedi tra tendestracci fissefluttuanti, fa lo stesso, sfuggenti a cui t'aggrappi ma è un fantasma lacero che si spezza, lo spettro dei nostri sessi che non s'acchiappano e l'unione precipita in cadute libere a gambe all'aria... Hopper non ce la farebbe a starmi dietro... I guardiani del Tempio purtroppo la dissuadono dal frequentarmi e la salvano dalla mia presenza attentatrice perché potrei essere suo nonno. Gloria che non mi parla non mi vede non mi tocca... Gloria che io trafiggo gemente attraverso il buco della sua topina calda... Gloria che non esiste e che potrei commissionare ad Hopper.



Hopper è morto inamissibile dunque ai miei repertori drammatici torna in forma di cartapesta la sua opera che perciò provo a studiare e m'accorgo che il pergolato di Sutherland conserva il sapore di un'anteriore distruzione, della guerra - orrore che dovrebbe regredire sotto la vite? Al cospetto della vitenatura? Gloria mi entra nel pantalone. Gloria che vorrei sputare via come si fa coi noccioli: un nocciolo per ogni cosa che non sa fare, per esempio, tenermi in tiro l'uccello, accade nel tal macello di schizzi e orgasmo - delirio ad occhi spalancati soprattutto vuoti alla maniera del Nostro. Nascerebbe così il dipinto con uomo che fuma e amante - gelo adolescente - che fissa un punto non si capisce dove. In verità, Gloria è noiosa ed è una noia mortale trovare il momento giusto per dirle che voglio bagnarle il bordino della fessa. E' una donna, non una ragazzina, ma possiede qualcosa di acerbo che invidio e che voglio strapparle. Potrebbe diventare la mia pipa, il sofà, una scimmietta, il mio gatto, l'oggettino delle mie attenzioni. Non sono un individuo affettuoso: credo che le donne debbano starci e basta e io le colmerò di baci, di silenzio, di liquido sterile e vecchio, nel faro a due luci di Hopper, dove un'orchestrina swing priva di accordi udibili suonerebbe e mi sbatterei persino quell'intransigente sorca di Gloria. Sono un uomo che detesta la volgarità; i miei vestiti impeccabili lo dimostrano e taccio per 25 ore al giorno. Tra una donna e un frigo non faccio differenza: contengono cibo e soffoco la rabbia per quello che mi han fatto i preti da piccolo. Ho idee semplici, sono onesto, non mi sento un bruto, tuttavia ho male dentro e sogno cose da paura, mi sveglio e quando vado allo specchio riscopro di essere slavato di occhi e di capelli, quindi sembro la pazzia di Hopper fatta persona e l'urlo di Munch mi fa una baguette per buttarla en francais. La luce è importante e se non vi frega di Hopper, studiatevi la luce che appiattisce, toglie le ombre, illumina le crepe, fonde i solchi, spazza via i segni e imprime la stasi. Non ci avevate pensato? Hopper è un serial killer che ha l'hobby della ceroplastica: ammazza il tempo, uccide i personaggi, quei prigionieri della vivida luce delle highways, del deserto, luce tersa dei tramonti, luce californiana col rombo dell'Harley che schiatta in un cono di polvere luminosa – tomba del centauro strangolato dal nulla e dalla solitudine, dallo stile agghiacciante della morte e di Hopper. Tremo perché mi trovo all'altro mondo e cambio sesso in continuazione; in questo momento sono femmina, romana e per le pareti della mia casa di Piazza Navona, un attico con terrazza che ride, ho acquistato due Campigli e la Donna con turbante di Laurencin. Ma l'arte dovrebbe essere bellezza gratuita e anche ciò è un'emerita sciocchezza perché in fondo, non riesco a spiegare la luce e la parola in pittura, il rigor mortis di un diario che prende il posto di Guernica e mi restituisce il sesso maschile. Chi sono? Un critico d'arte non dovrebbe ridursi a calpestare l'amore che prova per le donne e per quello sticchio di Gloria. Cosa ne è stato di me per diventare il tergicristallo dell'assurdo, un pisello occhialuto e candido, un negligè color giallo paglierino? Mi ostino a sedurre, sinceramente credo che senza quadri da interpretare, sarei un fallito! C'è tutto nella vita, dal dna al lieto fine (la lieta fine è inaccettabile?), la musica, le immagini, ma è come portare i pannolini a 30 anni e poi t'accorgi che puoi farne a meno ma vorresti sempre qualcuno che ti sapesse ascoltare, anche quando vai a zonzo e taci per smaltire il male e i tanti discorsi di gente morta, infetta e cattiva. Non c'è allegria in Hopper, al contrario in me qualcosa dice che posso farcela e prima d'ogni cosa, chiamerò Gloria, le chiederò scusa di esistere e la inviterò a farsi una grassa bella risata in mia compagnia. Poi le rivelerò i miei pensieri, le dirò la verità nient'altro che la verità! E se non la scoperò, mangerò le ostriche con la mia nipotina preferita. Sono orco, cioè scrittore-letterato-manipolatore finito in Paradiso e posso dire fregnacce e mettere insieme porcate, arte e filosofia, per la più lunga Poesia.





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