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CINEMA E MUSICA

Alfredo Ronci

Più che dispersione, diffusione: 'Afrodiaspora' di Susana Baca.

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Lei è senza dubbio la terza figura della trimurti etnica (collocazione che fa tanto comodo a chi non può fare a meno delle etichette): insieme a Omara Portuondo (la mia preferita, la più intensa, dal vivo è un'esperienza indimenticabile e le sue canzoni su Buena vista social club sono tra le cose più commoventi che si possano ascoltare) e Cesaria Evora è senza dubbio una bandiera della diffusione della musica 'altra'. E diffusione ci sembra davvero la parola più convincente per illustrare l'opera e lo scopo di Susana Baca. Il titolo del disco sembrerebbe qualcosa di diverso: la dispersione di un patrimonio ineguagliabile per finezza, sensibilità e bellezza. In realtà l'azione della cantante boliviana è diretta non solo alla conservazione di un capitale così sostanzioso, ma anche e soprattutto alla sua diffusione, complice tra l'altro il suo timbro caldo e suggestivo.

In Afrodiaspora fa di più: come un frate certosino preso dalla smania della custodia, la Baca s'immerge nella tradizione di più paesi, partendo appunto dal suo Perù per attraversare il mondo e toccare l'Africa, il Sudamerica e Cuba.

Ecco che allora il suo progetto omaggia non solo la musica di quei paesi, ma anche le icone ormai scomparse ma che hanno lasciato una traccia indelebile. 'Que bonito tu vestido' ossequia una delle cantanti messicane più famose: Amparo Ochoa. 'Baho Kende' è una chiara manifestazione di devozione per l'indimenticabile Celia Cruz. Non contenta 'scomoda' anche uno degli ensemble più leggendari della terra cubana, quella Sonora Matancera che spopolò negli anni venti e trenta.

Lungi dall'offrire una sorta di prospetto filologico-musicale, la Baca si affida anche ad una costellazione di compositori che includono il virtuoso della chitarra Javier Ruibal di Cadice e il musicista colombiano Ivan Benavides. E addirittura un trobadour peruviano Victor Merino le dedica il pezzo finale: 'Canta Susana'.

Nonostante la bellezza di questi brani ammetto pure la resistenza dei più rokkettari: vi è nel disco una certa tendenza, nonostante siano espressioni artistiche varie e geograficamente lontane, all'uniformità. Ma sfido qualcuno a resistere al fascino di 'Reina de Africa' o allo charme andaluso di 'Plena y bomba'.

Ai più accorti suggerisco allora, se hanno avuto modo d'incontrare sul loro cammino la Portuondo e la Evora, di soffermarsi sulle melodie della peruviana Susana Baca. Mi ringrazieranno dell'imbeccata.



Susana Baca

Afrodiaspora

Luakabop - 2011





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