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CLASSICI

Alfredo Ronci

Quando il romanzo di formazione era ben altra cosa: 'Frecce avvelenate' di Renzo Paris.

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In un intervista che Moravia fece, nel lontano 1981, a Paris si leggeva: 'Cani Sciolti' è un romanzo post-sessantottesco in tutti i sensi (...) volevo ritrovare a tutti i costi la capacità di ridire, per giunta in mezzo a gente che aveva tolto la parola agli scrittori, che li voleva militanti. Comunque, l'ho fatta sul serio la vita del cane sciolto. (...) I cani sciolti si proponevano, tra l'altro, di fare la rivoluzione. Non ci sono riusciti. Dunque, invece di essere dei rivoluzionari si sono dimostrati dei rivoltati" .

Curioso però che dopo un romanzo del genere, uscito nel 1973, quando lo spasimo sessantottino non era ancora un ricordo e non c'erano ancora uomini politici che definissero quegli anni 'formidabili', lo scrittore abruzzese pubblicasse, nel 1974, quindi solo un anno dopo, per i tipi Bompiani, tutt'altra cosa: Frecce avvelenate.

Chi ci segue da anni sa con quanto imbarazzo, a volte con fastidio vero e proprio, affrontiamo tematiche che appartengono ormai all'immaginario letterario. Una delle materie tanto care ai recensori e ai critici dei libri è il romanzo di formazione. Ed un giorno mi piacerebbe confrontarmi con chi ritiene che un linguaggio piano e infantile sia l'elemento più consono alla rappresentazione di una certa fascia di età.

Frecce avvelenate potrebbe essere definito proprio così dunque: un romanzo di formazione. Ma contrariamente al romanzo precedente di Paris e soprattutto all'abitudinarietà del concetto, non è una storia politica, tanto meno un semplice risvolto di costruzione esistenziale.

L'adolescente marsicano, protagonista della vicenda, è uno dei ragazzi più vitali e brillanti di tutta la nostra letteratura del novecento: la sua adesione alla vita, che ad un occhio superficiale potrebbe sembrare addirittura un distacco schizoide dalla realtà, affascina invece per la sua spontaneità, per la sua ricerca obbligata, ma naturale, di un sano erotismo (non è forse vero che in queste storie, soprattutto contemporanee, di formazione il sesso spesso è relegato ad aspetto inessenziale e quando c'è, provvisto di elementi spesso deviati e devianti?), per una brillante iniziazione ai riti del quotidiano (ritengo straordinaria la padronanza con cui il ragazzino gestisce il suo approccio con le coincidenze della vita: è mai possibile che sulla sua strada debba sempre incontrare ragazze desiderabili e che si chiamano tutte Cinzia? Pare proprio così...). Ci piace anche nel romanzo quella sorta di clan marsicano, rappresentato dal gruppo di amici del protagonista, che proprio perché mescida fatti reali e sogni, sono indicati con appellativi fumettistici: Grande Zorro, Tex, Piccolo Bill (siamo però lontani dalle melancolie, seppur suggestive, di Eco e del suo libro La misteriosa fiamma della regina Loana).

Ma Paris non è un semplice scrittore: viene dalla poesia e si sente. In alcuni passaggi del romanzo si avverte una tensione che vuol superare la traccia prosaica, che fa i conti con una 'frammentazione' tipica del verso, anche se obbligato in una struttura romanzata: Sentivo quel giallo veleno salirmi sulle ginocchia spellate, sulla camicetta aperta, sulla gola chiara, fin sugli occhi zolfigni (sembra quasi un quadro penniano)... Mi tagliavo le unghie, guardando la finestra del reparto donne, quando mi accorsi che una di loro, giocando con gli specchi, mi feriva gli occhi con spilli di sole. La guardai megglio. Sorrisi. Aveva capelli sciolti, neri neri. Sotto il suo balcone, nonostante la mia infermiera non volesse, nacque il nostro primo dialogo; isola di malva, dentro un'aria di vetro (pag. 41).

Frecce avvelenate è un incontro con la pedagogia più evoluta e con la psicanalisi meno invasiva: l'atto impuro, il voyerismo, la sodomia, l'omosessualità, la masturbazione sono elementi imprescindibili della formazione del ragazzo (tra questi la masturbazione assurge a principio basilare: La masturbazione è l'unico strumento che mi fa comunicare col mondo esterno (pag. 150) ... Da bambino, in campagna avevo preso l'abitudine di pregare prima di dormire, in città quella di masturbarmi l'aveva sostituita. (pag. 106), e ci piace sottolineare che quel che era 'normale' e anche radicato in un paese ancora ubriacato dalla sbornia sessantottesca, ora, in questi tempi di rinnovato moralismo, passerebbe per segni di una degenerazione affettiva.

Paris racconta con eleganza e partecipazione un'infanzia stupìta e ricca: ridurre Frecce avvelenate ad una sorta di compromesso col vivere se non addirittura ad una biografia iniziatica (anche se lo stesso scrittore ebbe a dire: 'I miei romanzi nascono dalla trasfigurazione fantastica della mia biografia) sarebbe quanto meno un azzardo.

Ecco, la definizione di trasfigurazione fantastica, nella realtà, ci sembra un congedo migliore.



L'edizione da noi considerata è:



Renzo Paris

Frecce avvelenate

Bompiani, 1974







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