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CLASSICI

Alfredo Ronci

Splendori e miserie del signor G. (Che non è quello di Gaber).

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C'è chi dice che il mio stile sia sovraccarico di metafore, farcito di similitudini, che nulla vi sia mai espresso nella nuda realtà, che tutto sia sempre e soltanto somigliante a qualcuno. E' vero, ne convengo. Ma perché scrivo in questo modo? Qualunque cosa interessi la mia percezione o metta in moto la mia immaginazione, mi stupisce nelle sue peculiarità, nei suoi dati esclusivi, essenziali. Ciò che presenta in comune con altri 'oggetti' – tronco, foglie, rami, se si tratta di un albero; arti, occhi, capelli nel caso di un essere umano – sono per me fattori secondari e superficiali. Io sono sempre profondamente colpito dal carattere eccezionale d'ogni singolo evento (...) Vedo campi dove gli altri vedono capitali. Pertanto mi vedo costretto a ricorrere a un metodo diverso, nel tentativo di situare e delineare gli eventi. Un metodo che muove alla ricerca di coordinate nello spazio, non nel tempo;
Direi, senza alcun ombra di dubbio, un programma. Chi parla,anzi, chi scrive, è un autore inglese che, per la solita miopia editoriale, è ormai da tempo, tranne un bagliore negli anni novanta, sistematicamente ignorato. Il Saggiatore, qualche decennio fa, s'impegnò a pubblicare Festa di nozze (1995), Splendori e miserie di Pablo Picasso (testo capitale nella biografia del grande artista, 1996) e G. di cui andiamo a trattare.
Sgombriamo subito il campo da equivoci: siamo di fronte ad un capolavoro.
Il protagonista di G., nato verso la fine del diciannovesimo secolo dall'unione di un ricco mercante livornese con una giovane cosmopolita ereditiera angloamericana, finisce con l'appartenere alla folta schiera degli uomini leggendari, quelli su cui è difficile stendere il velo dell'oblio. Perché racchiude in sé vizi e virtù, non di chi appartiene ad un secolo, ma di chi appartiene semplicemente all'umanità. Ancor di più perfetto riassunto letterario, senza per questo essere fotocopia di nessuno.
Ma chi è G? Potremmo definirlo un Don Giovanni, un uomo mirabile alle prese col gentil sesso, non per un dato scontato, ma per irrequietezza culturale. Un uomo sulle cui vicissitudini si riversano non soltanto gli accadimenti storici, ma simbolicamente tutti gli eventi letterari e scientifici.
Un uomo 'enciclopedico' non perché racchiuda in sé la sapienza del mondo, ma perché lui stesso facente parte di un disegno 'cosmico'.
Abbandonato dai suoi (abbandonato forse non è il termine esatto: il padre, il mercante, è perso dietro i suoi traffici, la madre si scopre improvvisamente attratta dalla politica), ancora bambino si infiamma per la sua precettrice Miss Helen. E' Proust che rivive in quelle pagine di passione. Il Proust iniziale della Recherche, che non prende sonno e si agita nel letto perché la madre non viene a dargli la buonanotte.
G. è assillato da quella presenza, è eccitato e ne è ammaliato: Il mistero che lo infiamma, e di notte, a letto, gli fa inturgidire il pene, induce il bambino a porsi innumerevoli domande. Ma tali quesiti vengono formulati per mezzo di un linguaggio misto di mezze parole, immagini, movenze delle mani e diagrammi descritti col gesto, che lui elabora col suo stesso corpo. Ne segue i gesti e le pause più teneramente coinvolgenti...Sul suo viso era posata una mosca.
Ma il dispiegarsi delle passioni di G. non è mai temporale (per quanto la prima impressione possa essere questa) ma spaziale, perché contiene in sé gli impulsi di un'intera umanità.
S'innamora, ormai ragazzo, di una zia che lo alleva nella sua casa al posto della madre fisicamente ed intellettualmente assente. Come fu che a mezzo il pomeriggio del 2 maggio 1902 Beatrice si trovò nella sua camera da letto, con le chiome sciolte e indosso nient'altro che una vestaglia infilata sulla camicia da notte?
Ma sarebbe riduttivo pensare a G. come crocevia di passioni sentimentali. Berger lo fa muovere tra contingenze storiche 'forti' e complesse. Anzi, è lo stesso Berger ad indicarci come le contingenze possano essere interpretate e viste.
Durante un viaggio in Italia alla ricerca del padre, G. si trova a vivere gli episodi culminanti delle azioni operaie nelle grandi città. Tra il 6 maggio 1898, giorno in cui a Milano venne proclamata la legge marziale,e il 9 maggio cento operai vennero uccisi e 460 furono feriti. I leader socialisti cominciarono a promuovere una via democratica al potere tralasciando ogni azione rivoluzionaria.
E Berger, tra improvvise deviazioni e monologhi spiazzanti, tra considerazioni filosofiche e pause sociologiche, emerge lucido e politicamente provocatorio. Anarchico
Gran parte di queste masse ignora il volto reale della politica. La politica è il mezzo per il quale esse vengono conculcate e costrette a uno stato di perpetua indigenza. La politica è lo strumento che serve ad ingannarle, che le mantiene inermi e imbelli. La politica è la nazione che le opprime.
(...) Ogni minoranza che s'identifichi con la classe dirigente ha bisogno d'intorpidire gli spiriti, di gettare fumo negli occhi; deve uccidere la nozione del tempo in coloro che vengono sfruttati, imponendo un perpetuo presente. Questo è il segreto dell'assolutismo, che sta alla base di ogni forma di prigionia. E spetta alle barricate infrangere quel presente.
La storia di G. non sembra aver fine (G., come tutti i grandi romanzi della letteratura mondiale, non finisce all'ultima pagina, non perché interrotto, incompiuto, ma perché brilla di una consapevolezza che cavalca i secoli, i decenni e le distanze temporali) e l'arte della sua seduzione (non c'è solo Helen e Beatrice a colpirlo al cuore, c'è anche Camille, la sua amica Mathilde e soprattutto Nusa, di origine modeste che G. costringerà ad un ballo 'patrizio' di fronte agli sguardi esterrefatti della borghesia italiana) si dipana tra eventi che possono davvero cambiar eil mondo, ma che non cambieranno mai di una virgola la lucida e vertiginosa capacità di questo protagonista di rinserrare le fila della sua coscienza.
Qualcuno ha visto nella storia di G. una similitudine con le vicende e la 'dinamicità' di un altro personaggio tanto caro a Berger: Pablo Picasso. La vita adulta di G. coincide quasi esattamente con gli anni del Cubismo, di cui Picasso è grande sperimentatore. Come potrebbe coincidere l'analisi di una rivoluzione delle arti visive, con la necessità di una rivoluzione politica.
Eppure G. è soprattutto un atto d'amore. Avvertiamo in Berger sì la necessità di esprimere una consapevolezza quasi tragica del male di vivere, anche e soprattutto a causa dei lacci di una convenzionalità che è secolare e culturale: Per una donna la condizione di innamorata era un allucinante interregno tra due diversi signori e padroni: lo sposo che prendeva il posto del padre; e forse, più tardi, un amante, che avrebbe preso il posto del marito.
Berger è un romanziere necessario, che ci insegna il valore del passato letterario (ma crediamo non non esista passato letterario quando i capolavori ci insegnano continuamente il presente. Nella sua prosa scorre Proust (l'amato Proust), Musil, Balzac, Svevo, Verne (e cos'è la tragedia del francese Chavez, che sorvola le alpi franco-italiane, se non l'ennesimo tentativo, riuscito, di rinverdire le gesta, qui sprofondate però nella miseria di una condizione umana che non è positivistica, del Giro del mondo in ottanta giorni?) e tutta la psicanalisi da Freud in poi.
E G, con le sue digressioni, le sue distanziazioni dal testo, i suoi singhiozzi rilegge tutto d'un fiato. E con un 'singhiozzo0 esemplare che ci piace chiudere questa recensione: Possiamo spiegare la forza del desiderio sessuale nell'uomo in termini di impulso sessuale naturale. Ma la semplice forza del desiderio può essere misurata sulla base della sincerità ch'essa è in grado di produrre. Un'estrema franchezza s'accompagna sempre al desiderio sessuale, e si traduce nella convinzione che la cosa desiderata è, di tutte, la più desiderabile. L'erezione equivale all'inizio di un processo di totale idealizzazione.

L'edizione da noi considerata è:

John Berger
G. (traduzione di Riccardo Mainardi)
Il Saggiatore (1996)
Pag. 373





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