DE FALSU CREDITU
Abdul Fahccaah
Storia della letteratura omoerotica uzbeka
Planet edizioni, Pag. 220 Euro 14,00
Non sono nuove ad imprese del genere le edizioni Planet. Già l'anno scorso avevano pubblicato, sfidando ogni sorta di luogo comune e provocando le ire addirittura del ministro della cultura israeliano, il saggio di Ira Shalit Il pomodoro di Hashem, saggio sulle responsabilità di alcuni gruppi ebraici nella denuncia e cattura di connazionali destinati ai campi di concentramento.
Ora questo libro, provocatorio sin dal nome dell'estensore, di chiara origine islamica, pone l'accento su una questione che sinceramente pensavamo non potesse esistere (o meglio, in un contesto chiuso e reazionario come quello uzbeko, la tematica omoerotica ci sembra assai lontana dai primari fabbisogni della popolazion euro-asiatica): ma Fahccaah si pone su un binario di rispettabile distanza, trattando la sessualità 'diversa' come territorio sospeso e intermedio del lungo (altro che se lungo!) processo della dialettica sociale in cui si ripropone, tra l'altro, in tutta la sua dirompente importanza, il filone marxista dell'individuo e della classe.
Ma l'autore, al di là degli addentellati ideologici, ha a cuore anche la semplice 'vetrina' delle vicende, cioè il suo fluido narrare, la trama come essenzialità del costrutto sociologico.
Ecco dunque, in questa sorta di esposizione sincera e rabdomantica, gli amori omosessuali sin dai tempi della corte di Tamerlano (colui che fece di Samarcanda una splendida capitale islamica): Il fiuto di Shamir di Arij Gulomov narra infatti la vicenda di Shamir appunto, che approfittando delle prime incursioni mongole nel regno del suo principe, dà l'avvio ad alcune relazioni non proprio lecite, pur di mantenere una condizione di privilegio anche in caso di un totale ribaltamento politico.
Di tutt'altra fatta Che dolore! (anche se il titolo originale, di cattivopresagio, suonava pressappoco: Dietro le spalle) di Yuri Shabodinov dove il giovane Hasani, poco più che diciassettenne, a causa della collettivizzazione forzata delle fattorie imposta da Stalin negli anni trenta, si ritrova a coltivare cotone nelle sterminate terre dell'impero sovietico. Qui conoscerà un altro giovane, di etnia turca, Oliy, con cui avvierà una relazione: la morte violenta di quest'ultimo, un epilogo tutto sommato scontato, troncherà nel protagonista ogni singulto di autocoscienza 'altra'.
Forse il romanzo più rappresentativo, che testimonia però una mai sopita 'normalizzazione' della società uzbeka (intendiamoci, normalizzazione di carattere politico, perché per quanto riguarda riconoscimento di altri diritti siamo ben lontani da qualsivoglia risultato) è quello di Sergej Zabarjad: Tra due sponde. E' la tragedia di Galin e Boris, già da anni amanti, che lontani in modo equidistante sia dalle pretese islamiche, appoggiate da Bin Laden, di conquistare il potere in Uzbekistan, sia dal regime onnicomprensivo dell'attuale presidente Islam Karimov, decidono di darsi fuoco davanti alla moschea di Samarcanda.
E' evidente da questi brevi cenni, che gran parte delle storie (molte contemporanee, a testimonianza ormai di un sentire universale della tematica omoerotica), se non la totalità, soffre di un clima impossibile e concentrazionista offrendo quindi ai vari protagonisti l'unica arma a disposizione: l'autodistruzione.
Ci piace pensare che Fahccah nella suggestione di una esposizione dialettica dei pro e contro ideologici abbia anche pensato che a volte le passioni emergono 'alte' ed 'altre' senza bisogno di sovraesposizioni dottrinali. Almeno lo speriamo.
Ora questo libro, provocatorio sin dal nome dell'estensore, di chiara origine islamica, pone l'accento su una questione che sinceramente pensavamo non potesse esistere (o meglio, in un contesto chiuso e reazionario come quello uzbeko, la tematica omoerotica ci sembra assai lontana dai primari fabbisogni della popolazion euro-asiatica): ma Fahccaah si pone su un binario di rispettabile distanza, trattando la sessualità 'diversa' come territorio sospeso e intermedio del lungo (altro che se lungo!) processo della dialettica sociale in cui si ripropone, tra l'altro, in tutta la sua dirompente importanza, il filone marxista dell'individuo e della classe.
Ma l'autore, al di là degli addentellati ideologici, ha a cuore anche la semplice 'vetrina' delle vicende, cioè il suo fluido narrare, la trama come essenzialità del costrutto sociologico.
Ecco dunque, in questa sorta di esposizione sincera e rabdomantica, gli amori omosessuali sin dai tempi della corte di Tamerlano (colui che fece di Samarcanda una splendida capitale islamica): Il fiuto di Shamir di Arij Gulomov narra infatti la vicenda di Shamir appunto, che approfittando delle prime incursioni mongole nel regno del suo principe, dà l'avvio ad alcune relazioni non proprio lecite, pur di mantenere una condizione di privilegio anche in caso di un totale ribaltamento politico.
Di tutt'altra fatta Che dolore! (anche se il titolo originale, di cattivopresagio, suonava pressappoco: Dietro le spalle) di Yuri Shabodinov dove il giovane Hasani, poco più che diciassettenne, a causa della collettivizzazione forzata delle fattorie imposta da Stalin negli anni trenta, si ritrova a coltivare cotone nelle sterminate terre dell'impero sovietico. Qui conoscerà un altro giovane, di etnia turca, Oliy, con cui avvierà una relazione: la morte violenta di quest'ultimo, un epilogo tutto sommato scontato, troncherà nel protagonista ogni singulto di autocoscienza 'altra'.
Forse il romanzo più rappresentativo, che testimonia però una mai sopita 'normalizzazione' della società uzbeka (intendiamoci, normalizzazione di carattere politico, perché per quanto riguarda riconoscimento di altri diritti siamo ben lontani da qualsivoglia risultato) è quello di Sergej Zabarjad: Tra due sponde. E' la tragedia di Galin e Boris, già da anni amanti, che lontani in modo equidistante sia dalle pretese islamiche, appoggiate da Bin Laden, di conquistare il potere in Uzbekistan, sia dal regime onnicomprensivo dell'attuale presidente Islam Karimov, decidono di darsi fuoco davanti alla moschea di Samarcanda.
E' evidente da questi brevi cenni, che gran parte delle storie (molte contemporanee, a testimonianza ormai di un sentire universale della tematica omoerotica), se non la totalità, soffre di un clima impossibile e concentrazionista offrendo quindi ai vari protagonisti l'unica arma a disposizione: l'autodistruzione.
Ci piace pensare che Fahccah nella suggestione di una esposizione dialettica dei pro e contro ideologici abbia anche pensato che a volte le passioni emergono 'alte' ed 'altre' senza bisogno di sovraesposizioni dottrinali. Almeno lo speriamo.
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