RECENSIONI
Richard Overy
Sull'orlo del precipizio
Feltrinelli, Pag. 130 Euro 14,00
Come dice il sottotitolo: 1939. I dieci giorni che trascinarono il mondo in guerra. E i dieci giorni furono quelli dal 24 agosto al 3 settembre.
Direi una sorta di 'tutta la guerra minuto per minuto' se non fosse blasfemo definire un libro in siffatta maniera: ma è davvero così.
Lo storico Overy racconta gli ultimi tentativi per scongiurare la seconda guerra mondiale, perché la domanda essenziale (personalmente la ritengo risibile) rimane: fu una pace mancata?
Che si fa carico di una serie di domande aggiuntive:
Era l'unico modo per fermare Hitler?
I tentativi di Francia e Inghilterra furono parziali?
Le pretese dei polacchi furono eccessive? (Perché se la guerra scoppiò fu anche per la richiesta nazista di annettere il corridoio di Danzica e quindi lo sbocco sul mare).
In questa situazione qualcosa poteva fare Mussolini? (come effettivamente fece per la precedente conferenza di Monaco svoltasi l'anno prima a seguito dell'occupazione tedesca della Cecoslovacchia).
Overy più che dare delle risposte cerca di presentare la 'faccenda' calandosi di volta in volta nei panni dei protagonisti (Hitler appunto, Chamberlain primo ministro inglese, il collega francese Daladier, e in una posizione più defilata Mussolini che sapeva perfettamente che l'Italia non era nelle condizioni di rischiare una guerra con gli stati occidentali, non solo per via di una chiara inferiorità negli armamenti ma anche perché l'opinione pubblica non era stata preparata a dovere).
Perché pur essendo passati quasi 71 anni da quei tragici giorni nessuno può effettivamente dire cosa non fu fatto: ma si può dire cosa di certo si voleva, soprattutto cosa voleva la Germania. E cioè: ribaltare i vecchi equilibri della pace di Versailles e riconquistare un prestigio ed una posizione predominante in un Europa minacciata anche dalla forza prorompente del comunismo.
Non è un caso che Hitler fece di tutto per provocare gli incidenti alla frontiera con la Polonia per giustificare l'aggressione e l'occupazione militare (e così avvenne: alcuni militari tedeschi prelevarono dei prigionieri ebrei dai campi di concentramento e li uccisero. Poi li vestirono con la divisa dell'esercito in modo da farli apparire vittime della violenza polacca!).
La domanda si riaffaccia: fu una pace mancata? Certo (ma la risibilità dell'assunto sta proprio nell'espressione 'pace mancata'), ma non per gli avvenimenti immediatamente precedenti lo scoppio della seconda guerra mondiale (per quanto ottimamente raccontati da Overy nella sua ossessiva scansione temporale), ma per la politica internazionale di quel decennio ormai alla fine che aveva portato pian piano Hitler ad assumere prima il potere in Germania e poi in gran parte dell'Europa.
Si obietterà: ma Hitler salì al potere grazie ad elezioni popolari e al sostegno dei cittadini (quegli stessi che uno straordinario Daniel J.Goldhagen definì in un memorabile saggio: I volenterosi carnefici di Hitler).
Mi par che non sia facile uscirne fuori: nemmeno Overy ci riesce, perché nella sua parziale distribuzione di responsabilità (c'è sicuramente una scala di valori: la Germania è ovviamente all'apice) si avverte in lui anche una vaga sensazione di rinuncia ad una definitivo accertamento di co-responsabilità delle altre forze in campo in quei tragici giorni.
A rimetterci, in quel marasma incomprensibile, furono i milioni di morti di una guerra spaventosa.
di Alfredo Ronci
Direi una sorta di 'tutta la guerra minuto per minuto' se non fosse blasfemo definire un libro in siffatta maniera: ma è davvero così.
Lo storico Overy racconta gli ultimi tentativi per scongiurare la seconda guerra mondiale, perché la domanda essenziale (personalmente la ritengo risibile) rimane: fu una pace mancata?
Che si fa carico di una serie di domande aggiuntive:
Era l'unico modo per fermare Hitler?
I tentativi di Francia e Inghilterra furono parziali?
Le pretese dei polacchi furono eccessive? (Perché se la guerra scoppiò fu anche per la richiesta nazista di annettere il corridoio di Danzica e quindi lo sbocco sul mare).
In questa situazione qualcosa poteva fare Mussolini? (come effettivamente fece per la precedente conferenza di Monaco svoltasi l'anno prima a seguito dell'occupazione tedesca della Cecoslovacchia).
Overy più che dare delle risposte cerca di presentare la 'faccenda' calandosi di volta in volta nei panni dei protagonisti (Hitler appunto, Chamberlain primo ministro inglese, il collega francese Daladier, e in una posizione più defilata Mussolini che sapeva perfettamente che l'Italia non era nelle condizioni di rischiare una guerra con gli stati occidentali, non solo per via di una chiara inferiorità negli armamenti ma anche perché l'opinione pubblica non era stata preparata a dovere).
Perché pur essendo passati quasi 71 anni da quei tragici giorni nessuno può effettivamente dire cosa non fu fatto: ma si può dire cosa di certo si voleva, soprattutto cosa voleva la Germania. E cioè: ribaltare i vecchi equilibri della pace di Versailles e riconquistare un prestigio ed una posizione predominante in un Europa minacciata anche dalla forza prorompente del comunismo.
Non è un caso che Hitler fece di tutto per provocare gli incidenti alla frontiera con la Polonia per giustificare l'aggressione e l'occupazione militare (e così avvenne: alcuni militari tedeschi prelevarono dei prigionieri ebrei dai campi di concentramento e li uccisero. Poi li vestirono con la divisa dell'esercito in modo da farli apparire vittime della violenza polacca!).
La domanda si riaffaccia: fu una pace mancata? Certo (ma la risibilità dell'assunto sta proprio nell'espressione 'pace mancata'), ma non per gli avvenimenti immediatamente precedenti lo scoppio della seconda guerra mondiale (per quanto ottimamente raccontati da Overy nella sua ossessiva scansione temporale), ma per la politica internazionale di quel decennio ormai alla fine che aveva portato pian piano Hitler ad assumere prima il potere in Germania e poi in gran parte dell'Europa.
Si obietterà: ma Hitler salì al potere grazie ad elezioni popolari e al sostegno dei cittadini (quegli stessi che uno straordinario Daniel J.Goldhagen definì in un memorabile saggio: I volenterosi carnefici di Hitler).
Mi par che non sia facile uscirne fuori: nemmeno Overy ci riesce, perché nella sua parziale distribuzione di responsabilità (c'è sicuramente una scala di valori: la Germania è ovviamente all'apice) si avverte in lui anche una vaga sensazione di rinuncia ad una definitivo accertamento di co-responsabilità delle altre forze in campo in quei tragici giorni.
A rimetterci, in quel marasma incomprensibile, furono i milioni di morti di una guerra spaventosa.
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