DE FALSU CREDITU
Joseffa Antenore d'Innocenzo
Terribile autobiografia
Edizioni le Benedette, Pag. 320 Euro 26,00
Ben congegnata questa uscita della vetusta Joseffa, che ha preteso l'innesto tra Halloween e Natale. L'avevamo conosciuta col libro I Sottoponti lucani pubblicato in Azerbajgian e avevamo atteso 20 anni prima che desse alle stampe In morte dei feudatari, successo di nicchia a Craco in cui peraltro era stato pubblicato sempre per i tipi de Le Benedette, il capolavoro di Shawn Sheyla Gas il trans di Grottole, che sapeva fischiare al momento opportuno. Fin qui la cornice culturale ed esistenziale della mitica vegliarda che ancora si definisce suffraggetta radicale con simpatie per i Doors e i Frigjd Pink. Voilà!
Un mostro encefalico di Storia e spezzoni generazionali di ogni epoca vista la tenera età di 116 anni. Che mondo, che descrizioni, che linearità! Parla di sé come se rullasse dieci tamburi contemporaneamente e racconta di quel padre che mise incinta la mamma a soli 17 anni. Si susseguirono tre gravidanze con tre femminucce e solo al quarto parto le bimbette vennero riconosciute dal genitore, cioè quando la poveretta dette alla luce il primo maschio. Costui come gli altri fratelli, fu tenuto agli studi, le ragazze com'è facile intendere, erano in stato di semischiavitù per servire i maschi. Avvenne però, che Joseffa si liberasse dell'ameba madre e del padre padrone quando sposò un socialista. Apriti cielo! La signorina venne diseredata e benchè rimanesse vedova in giovane età, non fu sostenuta dalla terribile famiglia che anzi, a fronte del nuovo matrimonio della giovane socialista con un compagno anch'egli vedovo, gridò allo scandalo per la bestialità della donna di volersi riaccoppiare. Per completare l'opera, Joseffa tratta dei parenti serpenti regalandoci brani di grande efficacia descrittiva e ci strappa alla pigrizia mentale, dandoci gli spunti per riflettere su circostanze che altrimenti sarebbero rimaste sepolte nella polvere. Due esempi per tutti, colti nel pieno della narrazione vorticosa, che trascina nell'ipocentro di una continua subduzione e quando si emerge a cavallo dell'epicentro, tutto può tremare, anche il culo di qualche fottuto erede di una lunga storia di raggiri e usurpazione. Primo esempio: l'episodio del prozio accusato di omicidio; sulle tracce del ricercato, due gendarmi vengono accolti in casa dalla degna moglie del feudatario, amico dei Borboni e committente dei briganti, davanti a una cassapanca scoperchiata che mostrava ori e tresori. Cercate mio marito? Ecco mio marito! e la donna indica il contenuto del baule, come a voler invitare le guardie a riempirsi le tasche. L'uomo in realtà era già lontano e al sicuro, ma in una missiva chiedeva: ...soldi, mi servono marenghi e tornesi d'oro, o la gallinella coi pulcini.... La polizia corrotta si dileguò, ombra, tra le ombre della notte e il massaro fu mandato dal Don con dei gomitoli di lana affinchè egli si facesse tessere le maglie per l'inverno. Il fiduciario non era di quei ciucciari che hanno fronte bassa e peli negli occhi, il peso eccessivo dei tredici gomitoli lo mise in allarme e giunto in una taverna vicino Miglionico, scoprì di essere il traghettatore di un'immensa fortuna: la gallinella d'oro e i suoi 12 pulcini. Di lui non si seppe altro se non il fatto che fosse riparato a Roma dove i figli diventarono notabili. Nel libro troverete i nomi, i cognomi e gli indirizzi di tutti e con tutti gli improperi adattissimi e la civiltà di Donna Joseffa, che commuove strappandoci lacrime con lo stesso bruciante, colante pianto della vicenda la cui protagonista, sua cugina, viene uccisa dal padre con la complicità della madre per essere stata ingravidata da un ragazzo del popolo, poco abbiente, bello e intelligente, il quale non andava a genio alla stirpe. Non fu facile trovare il "coperchio" per l'eroina, si passò in sordina così, per direttissima, alla condanna: aborto in casa e sacrificio della cagnetta appena ci si rese conto di aver ammazzato la fanciulla. Sull'epitaffio si legge il nome della disgraziata e della cagnetta che sofferse per la perdita fino a crepare di cuore come una persona vera. In realtà, i cadaveri sono tre: la nobildonna, una bambina e l'animaletto che servì ad occultare, nel corpicino, il feto semiformato... Quel che viene dopo, narra l'emancipazione ancora da farsi, contadini e socialisti, intellettuali, scuole, figli e figlie dei figli: di un mondo in bilico tra tragedia e leggenda, tra farsa e dolente meditazione. Un libro da regalare a Natale a tutti i fetenti, sempre che sappiano leggere, o da consegnare agli uomini-libro perchè divulghino ancora una volta la verità.
Un mostro encefalico di Storia e spezzoni generazionali di ogni epoca vista la tenera età di 116 anni. Che mondo, che descrizioni, che linearità! Parla di sé come se rullasse dieci tamburi contemporaneamente e racconta di quel padre che mise incinta la mamma a soli 17 anni. Si susseguirono tre gravidanze con tre femminucce e solo al quarto parto le bimbette vennero riconosciute dal genitore, cioè quando la poveretta dette alla luce il primo maschio. Costui come gli altri fratelli, fu tenuto agli studi, le ragazze com'è facile intendere, erano in stato di semischiavitù per servire i maschi. Avvenne però, che Joseffa si liberasse dell'ameba madre e del padre padrone quando sposò un socialista. Apriti cielo! La signorina venne diseredata e benchè rimanesse vedova in giovane età, non fu sostenuta dalla terribile famiglia che anzi, a fronte del nuovo matrimonio della giovane socialista con un compagno anch'egli vedovo, gridò allo scandalo per la bestialità della donna di volersi riaccoppiare. Per completare l'opera, Joseffa tratta dei parenti serpenti regalandoci brani di grande efficacia descrittiva e ci strappa alla pigrizia mentale, dandoci gli spunti per riflettere su circostanze che altrimenti sarebbero rimaste sepolte nella polvere. Due esempi per tutti, colti nel pieno della narrazione vorticosa, che trascina nell'ipocentro di una continua subduzione e quando si emerge a cavallo dell'epicentro, tutto può tremare, anche il culo di qualche fottuto erede di una lunga storia di raggiri e usurpazione. Primo esempio: l'episodio del prozio accusato di omicidio; sulle tracce del ricercato, due gendarmi vengono accolti in casa dalla degna moglie del feudatario, amico dei Borboni e committente dei briganti, davanti a una cassapanca scoperchiata che mostrava ori e tresori. Cercate mio marito? Ecco mio marito! e la donna indica il contenuto del baule, come a voler invitare le guardie a riempirsi le tasche. L'uomo in realtà era già lontano e al sicuro, ma in una missiva chiedeva: ...soldi, mi servono marenghi e tornesi d'oro, o la gallinella coi pulcini.... La polizia corrotta si dileguò, ombra, tra le ombre della notte e il massaro fu mandato dal Don con dei gomitoli di lana affinchè egli si facesse tessere le maglie per l'inverno. Il fiduciario non era di quei ciucciari che hanno fronte bassa e peli negli occhi, il peso eccessivo dei tredici gomitoli lo mise in allarme e giunto in una taverna vicino Miglionico, scoprì di essere il traghettatore di un'immensa fortuna: la gallinella d'oro e i suoi 12 pulcini. Di lui non si seppe altro se non il fatto che fosse riparato a Roma dove i figli diventarono notabili. Nel libro troverete i nomi, i cognomi e gli indirizzi di tutti e con tutti gli improperi adattissimi e la civiltà di Donna Joseffa, che commuove strappandoci lacrime con lo stesso bruciante, colante pianto della vicenda la cui protagonista, sua cugina, viene uccisa dal padre con la complicità della madre per essere stata ingravidata da un ragazzo del popolo, poco abbiente, bello e intelligente, il quale non andava a genio alla stirpe. Non fu facile trovare il "coperchio" per l'eroina, si passò in sordina così, per direttissima, alla condanna: aborto in casa e sacrificio della cagnetta appena ci si rese conto di aver ammazzato la fanciulla. Sull'epitaffio si legge il nome della disgraziata e della cagnetta che sofferse per la perdita fino a crepare di cuore come una persona vera. In realtà, i cadaveri sono tre: la nobildonna, una bambina e l'animaletto che servì ad occultare, nel corpicino, il feto semiformato... Quel che viene dopo, narra l'emancipazione ancora da farsi, contadini e socialisti, intellettuali, scuole, figli e figlie dei figli: di un mondo in bilico tra tragedia e leggenda, tra farsa e dolente meditazione. Un libro da regalare a Natale a tutti i fetenti, sempre che sappiano leggere, o da consegnare agli uomini-libro perchè divulghino ancora una volta la verità.
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