RECENSIONI
Miguel Angel Martìn
The complete Brian the Brain
Coniglio Editore, Pag.183 Euro 15
Brian è un ragazzino, direi sugli undici, dodici anni. E ha due caratteristiche: la prima è che sua madre, la signora Brane, di mestiere fa la cavia umana. Sottopòstasi ad un esperimento mentr'era incinta, il figlio è nato senza calotta cranica, quindi con la materia cerebrale esposta - da qui il soprannome. Oddìo, anche i suoi amichetti (persino i "normali") non stanno benissimo: come minimo, hanno qualche forma di tumore, o, peggio, malattie incurabili, disfunzioni che ne metamorfosano l'aspetto, alterazioni disgustose. Oppure sono patologicamente stronzi, come càpita spesso a quell'età (e non solo). E nemmanco a dire che la comunanza nelle tare generi comunità, dissolvendo pregiudizi, insulti e contrasti: ben lo sa uno tra i più deformi nei figlioli difformi, che ricorda senza rabbia a Brian "ma tu sei bello!" - ed è vero: l'eccezionale morfologia del protagonista non distrugge la sua fisionomia, né distorce il suo corpo. Vantaggio non indifferente, dovuto alla grillesca ragione per cui sulle t-shirt degli ambientalisti c'è sloganàto "salviamo la foca monaca", mica "lo scorfano".
La seconda peculiarità di Brian è che lui, meschino, non esiste se non nel fumetto che il suo Autore gli ha dedicato. "Strip" graficamente povera, al limite d'una "fanzine" centro-sociàla del Quarticciolo, che tuttavia mette in scena una società opulenta - si vive in penthouse di modernissimi palazzi, dov'è risolto ogni problema di sopravvivenza, e si assicurano lussi e capricci ipertecnologici. Senonché le opìme spoglie che arricchiscono i personaggi derivano da traffici il più pulito dei quali è il mestiere della signora Brane: farsi iniettare ogni sorta di ritrovato sintetico, compresi taluni che modificano il genoma, e vedere l'effetto che fa.
L'opera di Martìn è dunque l'"osteria con vista sul cimitero" (industriale) di cui raccontava Baudelaire: e manco a dire che Miguel esageri. La materia del suo contendere è nelle notizie (cavie umane, manipolazione genetica, cromo nell'acqua, uranio impoverito, multinazionali arricchite, mucche pazze, polli asmatici, maiali coi sensi di polpa, vitelli coi piedi di balsa) diffuse dai media, episodi incoordinati (dunque senza senso) che qui divengono una storia coerente (e fa senso). Ed è proprio questo - dico una banalità - che rende diversa e forse migliore la narrazione rispetto alla cronaca: la ricerca di un senso. E intendo questa parola nella sua duplice valenza di spiegazione e di emotività. L'Autore vuol suscitare entrambi questi modi in chi lo segue, e contemporaneamente sono la maniera di farlo e la materia su cui s'intrattiene per farlo che dànno la sua presenza nel testo - marxistica oggettivazione dell'uomo nel prodotto del suo lavoro, o immanenza del Creatore nel creato dal quale si ritira essendovi presente (Spinoza?).
Il meccanismo su cui Martìn interviene, dominandolo, è il medesimo pensiero narrativo sotteso alle leggende metropoliane o urbane che dir si creda: il terrore, anatomizzato da Kafka, di addormentarsi uomini e svegliarsi scarrafoni. Artificio difensivo: la salute psichica è minacciata da eventi inspiegabili o insopportabili ovvero occulti, dunque il cervello secerne anticorpi in forma di fabulazioni che disinnescano l'orrore, o almeno illudono di poterlo controllare dàndone una spiegazione (per chi volesse approfondire l'aspetto cognitivo di queste dinamiche, consiglio: Andrea Smorti, Il pensiero narrativo (Giunti, Firenze 1994)). E a questo punto viene da chiedersi: un'arte più "dotta", meno immediatamente comunicativa, del fumetto, avrebbe potuto cogliere con tanta perspicuità quest'aspetto degenerativo del vivere sociale? La signora Wollstonecraft coniugata Shelley ha scritto un romanzo di non eccelse qualità letterarie, ma il suo Frankenstein racconta l'ansia dell'uomo di fronte alle sue realizzazioni staccatesi da lui e dunque minacciose e incontrollabili quanto lo splendido romanzo marxista (Marx! Ancora lui!) dell'alienazione - tra l'altro il ragazzo Karl e il moderno Prometeo sono coetanei (nati entrambi nel 1818). No: la mia non è una battaglia di retroguardia. Non sto qui discutendo di arti maggiori o minori, e quali siano top e quali tap model . M'interessa suggerire come alcune arti fioriscono anche in funzione di quel che trovano in giro da dire: che l'arte di riferimento di un dato periodo è anche quella più intrinsecamente sensibile ai discorsi che identificano quel tempo. E, a proposito di tempo, torniamo a Brian e ai suoi coetanei, che somigliano alla pecora Dolly, appena nata e già senescente, grave di ogni patologia geriatrica, dal futuro impossibile perché consustanziale al passato. Indice questo di come il cammino umano si sia fermato: ma quando la materia vivente si blocca, non cristallizza, come l'inorganica. Imporrìsce, invece - si fa marcia. E abbiamo di nuovo un Autore (l'altro è Tony Duvert) che ci avverte quanto quei mostri di cui abbiamo bisogno (nella fantasia e nella cronaca) per crederci in piena salute e sviluppo, altro non siano che attoniti specchi di noi. E della nostra disperata mortalità.
di Vera Barilla
La seconda peculiarità di Brian è che lui, meschino, non esiste se non nel fumetto che il suo Autore gli ha dedicato. "Strip" graficamente povera, al limite d'una "fanzine" centro-sociàla del Quarticciolo, che tuttavia mette in scena una società opulenta - si vive in penthouse di modernissimi palazzi, dov'è risolto ogni problema di sopravvivenza, e si assicurano lussi e capricci ipertecnologici. Senonché le opìme spoglie che arricchiscono i personaggi derivano da traffici il più pulito dei quali è il mestiere della signora Brane: farsi iniettare ogni sorta di ritrovato sintetico, compresi taluni che modificano il genoma, e vedere l'effetto che fa.
L'opera di Martìn è dunque l'"osteria con vista sul cimitero" (industriale) di cui raccontava Baudelaire: e manco a dire che Miguel esageri. La materia del suo contendere è nelle notizie (cavie umane, manipolazione genetica, cromo nell'acqua, uranio impoverito, multinazionali arricchite, mucche pazze, polli asmatici, maiali coi sensi di polpa, vitelli coi piedi di balsa) diffuse dai media, episodi incoordinati (dunque senza senso) che qui divengono una storia coerente (e fa senso). Ed è proprio questo - dico una banalità - che rende diversa e forse migliore la narrazione rispetto alla cronaca: la ricerca di un senso. E intendo questa parola nella sua duplice valenza di spiegazione e di emotività. L'Autore vuol suscitare entrambi questi modi in chi lo segue, e contemporaneamente sono la maniera di farlo e la materia su cui s'intrattiene per farlo che dànno la sua presenza nel testo - marxistica oggettivazione dell'uomo nel prodotto del suo lavoro, o immanenza del Creatore nel creato dal quale si ritira essendovi presente (Spinoza?).
Il meccanismo su cui Martìn interviene, dominandolo, è il medesimo pensiero narrativo sotteso alle leggende metropoliane o urbane che dir si creda: il terrore, anatomizzato da Kafka, di addormentarsi uomini e svegliarsi scarrafoni. Artificio difensivo: la salute psichica è minacciata da eventi inspiegabili o insopportabili ovvero occulti, dunque il cervello secerne anticorpi in forma di fabulazioni che disinnescano l'orrore, o almeno illudono di poterlo controllare dàndone una spiegazione (per chi volesse approfondire l'aspetto cognitivo di queste dinamiche, consiglio: Andrea Smorti, Il pensiero narrativo (Giunti, Firenze 1994)). E a questo punto viene da chiedersi: un'arte più "dotta", meno immediatamente comunicativa, del fumetto, avrebbe potuto cogliere con tanta perspicuità quest'aspetto degenerativo del vivere sociale? La signora Wollstonecraft coniugata Shelley ha scritto un romanzo di non eccelse qualità letterarie, ma il suo Frankenstein racconta l'ansia dell'uomo di fronte alle sue realizzazioni staccatesi da lui e dunque minacciose e incontrollabili quanto lo splendido romanzo marxista (Marx! Ancora lui!) dell'alienazione - tra l'altro il ragazzo Karl e il moderno Prometeo sono coetanei (nati entrambi nel 1818). No: la mia non è una battaglia di retroguardia. Non sto qui discutendo di arti maggiori o minori, e quali siano top e quali tap model . M'interessa suggerire come alcune arti fioriscono anche in funzione di quel che trovano in giro da dire: che l'arte di riferimento di un dato periodo è anche quella più intrinsecamente sensibile ai discorsi che identificano quel tempo. E, a proposito di tempo, torniamo a Brian e ai suoi coetanei, che somigliano alla pecora Dolly, appena nata e già senescente, grave di ogni patologia geriatrica, dal futuro impossibile perché consustanziale al passato. Indice questo di come il cammino umano si sia fermato: ma quando la materia vivente si blocca, non cristallizza, come l'inorganica. Imporrìsce, invece - si fa marcia. E abbiamo di nuovo un Autore (l'altro è Tony Duvert) che ci avverte quanto quei mostri di cui abbiamo bisogno (nella fantasia e nella cronaca) per crederci in piena salute e sviluppo, altro non siano che attoniti specchi di noi. E della nostra disperata mortalità.
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