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Il Paradiso degli Orchi
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CLASSICI

Alfredo Ronci

Tobino e le matte: 'Le libere donne di Magliano'

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Già la titolazione, in quegli anni, prima edizione 1953, imponeva una riflessione a cui l'autore imprimeva una svolta radicale: Ed il mio desiderio è di fare di ogni grano di questo territorio un tranquillo, ordinato, universale parlare.

Ancor prima della rivoluzione basagliana Tobino aveva intuito il nesso tra malattia e necessità del dialogo. E nelle successive ristampe di questo classico vi è l'evoluzione stessa della psichiatria e la marcatura dei suoi difetti. Annotava lo scrittore viareggino, a proposito degli psicofarmaci, nell'introduzione all'edizione decennale de Le libere donne di Magliano: Ci sono oggi delle pasticche, dei psicofarmaci, che hanno talmente cambiato i manicomi che in certi giorni addirittura non si riconoscono più, le urla sono taciute, i delirii rotti, le allucinazioni con i vetri affumicati.

Ma Tobino oltre che medico e scrittore era anche uomo saggio: credeva nel progresso scientifico, ma anche nei suoi limiti strutturali. I psicofarmaci ebbero il potere di rompere le nebbie, non di purificare del tutto (chissà se il fallimento di una terapia discutibile come quella descritta da Oliver Sachs in Risvegli abbia indotto il professore a rivedere il concetto fraudolento di una infallibilità farmacologica).

Le libere donne di Magliano è ambientato appunto a Magliano, in quel di Lucca: Qui si snodano i miei sentimenti. Qui sincero mi manifesto. Qui vedo albe, tramonti e il tempo scorre nella mia attenzione. Dentro una stanza del manicomio studio gli uomini e li amo.

Uomini in senso lato, che poi nel libro son quasi tutte donne, nella loro fragilissima e spesso incomprensibile debolezza, mai però differenti dal 'resto' perché sarebbe proprio il momento che anche i sani fossero consapevoli di quel che succede, e collaborassero e intervenissero – questi sani che a loro insaputa sono anch'essi fragili.

Vi è la Maresca ricoverata perché vittima dei grilli eroticie che secondo il marito a volte è impossibile trattenerla specie nella stagione estiva, nella quale spumeggia come la sciampagna quando di colpo è saltato il tappo.

Vi è la Lella che dà lustro al manicomio perché faceva tutto lei, sapeva tutto (...) solida istituzione e inoltre era una 'malata', un successo, la dimostrazione che i matti sono più dei sani e non costano niente, infatti essa tutto faceva rimanendo ricoverata, senza stipendio.

Vi è la Pitti tanto feroce contro se stessa, ma straziante nella sua richiesta di calore umano: mi succede all'improvviso, non so quando, mi viene paura, buio, chiudo le mani, ho paura delle cappe bianche, ho paura di lei che mi potrebbe fare l'elettroshock. Ora dico tutto e l'avverto, ho fretta, mi ascolti, stia attento: non mi faccia l'elettroshock.

Le libere donne di Magliano per Tobino fu una stringente necessità, il desiderio di mostrare 'l'altro mondo', quello che con superficiale atteggiamento, se non con criminale approssimazione, fu sempre creduto, almeno fino ad allora, pericoloso e deviante.

Tobino col romanzo getta le basi per una nuova visione dei rapporti e quindi degli affetti, a cominciare dal suo personale confronto col malato e con la stessa struttura manicomiale. Confronto che si alimenta anche di consapevoli debolezze.

Scrive nell'introduzione alla seconda edizione, quella decennale: Adesso sono venticinque anni che vivo tra i matti e la notte sempre più me li sogno: i volti che vicinissimi mi ridono spastiche risate, parole mi arrivano distinte eppure non riesco a decifrare se sono di decisione o di richiesta di aiuto, donne mi piangono davanti con i capelli disciolti e so che non ho nessuna possibilità di consolarle.



L'edizione da noi considerata è:



Mario Tobino

Le libere donne di Magliano

Mondadori - 1963



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