RACCONTI
Michel Ramelli
Un altro tipo di rosso
Ho avuto la sfortuna di incontrare Lyla una volta. Era una piccola bimba di otto anni, ultima di una numerosa prole di una coppia di onesti contadini/allevatori. A quel tempo affittavo una cascina vicino alla loro fattoria... avevo la ferma intenzione di evitare che il mio povero spirito venisse risucchiato nella turbolenta vita della capitale.
I primi giorni ero fortemente spaventato dalla strana sensazione che la solitudine ti da quando non si è abituati ad avere i propri demoni come unici compagni. Decisi di chiudermi nella casetta nel tentativo di comprendere le basilari differenze fra cosa volevo e cosa pensavo di volere.
Dopo quattro giorni di completo terrore decisi di stare lì il più a lungo possibile a mo' di sfida con me stesso. E, quel giorno, fu la prima volta che parlai a Lyla. La sua famiglia si ostinava a vestirla in un modo particolarmente maschile. Sembrava la copia carbone di un moderno Tom Sawyer, una femmina con indosso dei vestiti logori da piccolo uomo. "Tu sei il forestiero che viene dal coas?" mi disse trascinandomi in una terribile sensazione di inutilità dettata dal suo carisma.
"Si, giovane Signorina" dissi completamente assorto dalla sua presenza. O meglio, completamente intimidito dalla sua strana forza di riuscire ad attrarre la mia attenzione sulle sue manine con le dita affusolate. Decisi di correre nel mio rifugio con una scusa stupida.
Da quel breve parlottare, cominciò a visitarmi silenziosamente ogni giorno, dalle due del pomeriggio in poi. Io dipingevo quello che pensavo fosse il lavoro di una vita, il tentativo di incidere su tela delle nuove regole da gioco e lei mi stava a guardare immobile, completamente assorta (l'unico contatto con la piccola era un suo sorriso come "buongiorno" e un altro sorriso come "buonasera").
Passarono due settimane composte esclusivamente da questi dolci pomeriggi e finalmente, Lyla, parlò ancora.
"Ho scoperto un nuovo tipo di rosso" disse, quasi annoiata dalla situazione. Ricordo che pulii ed appoggiai il pennello sul tavolino da parte a me quasi arrabbiato per la sua maniera di dirigere le regole del nostro rapporto (e perché non aveva mai detto nulla sul mio dipinto).
"Oh, giovane donna. È impossibile che tu abbia fatto una cosa simile".
"Bene, vecchio uomo. Credevo in un tuo interesse sincero in nuove vie da percorrere" disse con astuzia mentre stava estraendo dalla tasca un piccolo ed umido pezzetto di carta marroncina. Quella piccola donna vestita come un ragazzaccio mi aveva fatto tremare le ginocchia ancora una volta, come non avevano mai fatto le splendide attrici del cabaret cittadino. Le chiesi immediatamente perdono per la mia arroganza ed accettò di mostrarmi il contenuto del pezzetto di carta. Era un semplice ritratto a matita di un demone enorme con la giacca di un rosso indescrivibilmente intenso. Oh, quel rosso. Era come se il sole avesse sbriciolato una grande bottiglia verde con una forza maestosa mescolata al miglior tatto: e il delizioso liquido rossastro si fosse riversato con precisione su tutta quanta la casacca di quel demone inquietante.
"Ho grandi piani per te Signorina" dissi traportato da un eccesso di enfasi.
"Domani, con il permesso dei tuoi genitori, ti porterò in città. Devi
incontrare certa gente, le menti più brillanti di questa nazione!"
"No" disse con infastidita determinazione. "Questo rosso appartiene a me e nessun altro. Te l'ho mostrato perché credevo tu fossi in grado di capire..." digrignò nel goffo tentativo di nascondere le lacrime. "Mi sono illusa che tu fossi pronto per vederlo. Nessuno sarà mai capace di accettarlo per quello che è!" e se ne andò via per non tornar mai più a farmi visita.
Da quel giorno, iniziai a cercarla in ogni maniera possibile ma mi evitò come un amante ferita. Parlai con il padre e mi disse che Lyla era fatta così, non aveva rispetto alcuno per chi si mostrava sorpreso/ingordo dinanzi ai suoi colori stupefacenti. Avrebbe probabilmente confessato tutte le sue visioni a qualcuno che era disposto a sprecare un concetto per un proposito più grande, per un piacere più grande.
Io non ero quel tipo di uomo e il mio ego mi convinse che Lyla sarebbe certamente seccata nel suo circolo virtuoso.
Michel Ramelli
E' nato nel 1982 nella Svizzera Italiana e si è laureato in Economia a Lugano con una tesi su come la società consumista/capitalista ha influenzato il pianeta rock and roll. Attualmente si divide fra la Svizzera e la Danimarca, sta cercando di terminare il suo primo romanzo e collabora alla realizzazione del primo EP di una amica musicista.
I primi giorni ero fortemente spaventato dalla strana sensazione che la solitudine ti da quando non si è abituati ad avere i propri demoni come unici compagni. Decisi di chiudermi nella casetta nel tentativo di comprendere le basilari differenze fra cosa volevo e cosa pensavo di volere.
Dopo quattro giorni di completo terrore decisi di stare lì il più a lungo possibile a mo' di sfida con me stesso. E, quel giorno, fu la prima volta che parlai a Lyla. La sua famiglia si ostinava a vestirla in un modo particolarmente maschile. Sembrava la copia carbone di un moderno Tom Sawyer, una femmina con indosso dei vestiti logori da piccolo uomo. "Tu sei il forestiero che viene dal coas?" mi disse trascinandomi in una terribile sensazione di inutilità dettata dal suo carisma.
"Si, giovane Signorina" dissi completamente assorto dalla sua presenza. O meglio, completamente intimidito dalla sua strana forza di riuscire ad attrarre la mia attenzione sulle sue manine con le dita affusolate. Decisi di correre nel mio rifugio con una scusa stupida.
Da quel breve parlottare, cominciò a visitarmi silenziosamente ogni giorno, dalle due del pomeriggio in poi. Io dipingevo quello che pensavo fosse il lavoro di una vita, il tentativo di incidere su tela delle nuove regole da gioco e lei mi stava a guardare immobile, completamente assorta (l'unico contatto con la piccola era un suo sorriso come "buongiorno" e un altro sorriso come "buonasera").
Passarono due settimane composte esclusivamente da questi dolci pomeriggi e finalmente, Lyla, parlò ancora.
"Ho scoperto un nuovo tipo di rosso" disse, quasi annoiata dalla situazione. Ricordo che pulii ed appoggiai il pennello sul tavolino da parte a me quasi arrabbiato per la sua maniera di dirigere le regole del nostro rapporto (e perché non aveva mai detto nulla sul mio dipinto).
"Oh, giovane donna. È impossibile che tu abbia fatto una cosa simile".
"Bene, vecchio uomo. Credevo in un tuo interesse sincero in nuove vie da percorrere" disse con astuzia mentre stava estraendo dalla tasca un piccolo ed umido pezzetto di carta marroncina. Quella piccola donna vestita come un ragazzaccio mi aveva fatto tremare le ginocchia ancora una volta, come non avevano mai fatto le splendide attrici del cabaret cittadino. Le chiesi immediatamente perdono per la mia arroganza ed accettò di mostrarmi il contenuto del pezzetto di carta. Era un semplice ritratto a matita di un demone enorme con la giacca di un rosso indescrivibilmente intenso. Oh, quel rosso. Era come se il sole avesse sbriciolato una grande bottiglia verde con una forza maestosa mescolata al miglior tatto: e il delizioso liquido rossastro si fosse riversato con precisione su tutta quanta la casacca di quel demone inquietante.
"Ho grandi piani per te Signorina" dissi traportato da un eccesso di enfasi.
"Domani, con il permesso dei tuoi genitori, ti porterò in città. Devi
incontrare certa gente, le menti più brillanti di questa nazione!"
"No" disse con infastidita determinazione. "Questo rosso appartiene a me e nessun altro. Te l'ho mostrato perché credevo tu fossi in grado di capire..." digrignò nel goffo tentativo di nascondere le lacrime. "Mi sono illusa che tu fossi pronto per vederlo. Nessuno sarà mai capace di accettarlo per quello che è!" e se ne andò via per non tornar mai più a farmi visita.
Da quel giorno, iniziai a cercarla in ogni maniera possibile ma mi evitò come un amante ferita. Parlai con il padre e mi disse che Lyla era fatta così, non aveva rispetto alcuno per chi si mostrava sorpreso/ingordo dinanzi ai suoi colori stupefacenti. Avrebbe probabilmente confessato tutte le sue visioni a qualcuno che era disposto a sprecare un concetto per un proposito più grande, per un piacere più grande.
Io non ero quel tipo di uomo e il mio ego mi convinse che Lyla sarebbe certamente seccata nel suo circolo virtuoso.
Michel Ramelli
E' nato nel 1982 nella Svizzera Italiana e si è laureato in Economia a Lugano con una tesi su come la società consumista/capitalista ha influenzato il pianeta rock and roll. Attualmente si divide fra la Svizzera e la Danimarca, sta cercando di terminare il suo primo romanzo e collabora alla realizzazione del primo EP di una amica musicista.
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