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CINEMA E MUSICA

Alfredo Ronci

Un bignami del tempo che fu: 'Pilgrim's progress' dei Kula Shaker

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Strano e curioso il mondo: ci si strappa i capelli (per chi li ha ancora) sul perché il mercato imponga le sue scelte ovunque e comunque e poi non sappiamo cogliere i frutti di qualche scelta coraggiosa che conferma l'eccezionalità della regola.

Metti i Kula Shaker: K, il loro esordio alla fine dei novanta (1996 per la precisione)aveva fatto il boom e se il gruppo avesse insistito con la formula brit-pop nessuno avrebbe avuto da ridire e il pubblico avrebbe plaudito.

Ma evidentemente ci sono persone che al successo preferiscono il rispetto delle proprie convinzione: pare che uno dei componenti, Alonzo Bevan, per poter realizzare il presente disco abbia venduto le sue proprietà e abbia acquistato uno studio in Belgio (Belgio??).

Pilgrim's progress evidentemente nasce dall'esigenza di fare i conti col passato e con l'intenzione di perfezionare un discorso musicale ritenuto non completo nella dinamica e pulsione esclusivamente pop.

Trovo i Kula Shaker deliziosi e affascinanti: con quel loro vendemmiar e rimestar nell'uva per produrre succo già gustoso senza fermentazione. Piaciuta la metafora?

Andiamo al dettaglio: si diceva che Pilgrim's progress sia bignami del tempo che fu. Non diciamo mica porcherie, perché quel che si ascolta ha la malinconica allure degli anni sessanta e in parte dei settanta. Dunque operazione nostalgia? Ma nemmeno per idea, è solo una gustosa partecipazione alle prelibatezze dei tempi musicali migliori e ad una loro parziale riverniciatura.

Se l'esordio Peter Pan Rip risulta più vicino alle istanze brit-pop, e Ophelia, con la bella presenza vocale di Crispian Mills e l'educata armonica che arricchisce la melodica ballata, rende il tutto educatamente 'contemporaneo', già dal terzo brano si respira un'aria diversa e retro. Modern blues sembra l'incontro tra Dylan e i Kinks e la successiva Only love sembra un brano dimenticato dalla scaletta di Deja vu. All dressed up è una cavalcata country, ma di quelle appena defilate dal territorio Nashville, Cavalry invece, nella sua essenziale brevità, ricorda, e non protestino troppo i cultori degli scarafaggi, certe intensità alla Beatles.

Può risultare antipatico e deviante accostare ad ogni singolo brano dei Kula Shaker un padre putativo, ma non mi risulta che ai nostri giorni si possa fare diversamente, perché la musica che noi crediamo senza tempo e che gli idioti continuano a definire 'dei giovani' ha già detto tutto da molto tempo. Quello che raccogliamo ora sono frutti più o meno gustosi, più o meno convincenti.

Perché Figure it out è ancora Beatles mischiato ai Jefferson (decidete voi se Airplaine o Starship) e To wait till I come ricorda Robert Plant sempre dalle parti dei Led Zeppelin.

E i Kula Shaker non potevano non concludere il disco con un omaggio a certa psichedelica pinkfloydiana: Winter's call, nella sua inusitata lunghezza (inusitata lunghezza per un disco come questo coi suoi quasi sette minuti) e nella sua feroce progressione ricorda molto certe atmosfere dei musicisti di Ummagumma.

Insomma, lo ripeto, trovo i Kula Shaker deliziosi e affascinanti e se mi fanno rimescolare sangue e aiutano a diradare le nebbie di fumosi ricordi, beh, chissenefrega. Accetto la sfida.





Kula Shaker

Pilgrim's progress

101 Distribution - 2010







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