CINEMA E MUSICA
Alfredo Ronci
Vocalese all'italiana: 'Edizione straordinaria' delle Voci di Corridoio.
Gli italiani non hanno una grande tradizione in fatto di vocalese (gli americani in questo sono maestri), e quando qualche sciagurato prova a metter su un progetto è subito emarginato dal mercato anche se poi il risultato è del tutto pregevole. Prendiamo ad esempio i Cluster, che i più assidui frequentatori della tv ricorderanno in alcune apparizione a X-Factor: hanno qualità prodigiose, tanto da essere stati recentemente inseriti in una lista internazionale tra i migliori 'vocalisti' in circolazione e che meriterebbero una considerazione più pubblica. Ma il paese ed il gusto musicale indigeno non raccoglie. Sordo si direbbe.
Eppure sostanza c'è e materiale pure.
Le 'Voci di Corridoio' (quintetto vocale più batterista, bassista e pianista) col giusto intuito hanno capito che il nostro repertorio potrebbe non avere rivali, anche in settori dove gli americani si dicevano sono maestri, ed eccellono: in questo disco in cui si avverte l'amore, la passione ed il trasporto per una tradizione del tutto lontana dalla lagna melodica che sempre ci contraddistingue, riportano allo splendore autori e brani che hanno fatto la storia della nostra musica e dell'arte dell'intrattenimento in genere. E anche con qualche sorpresa.
Come per esempio il primo pezzo L'importanza del microfono che si 'scopre' firmato da Luttazzi (recentemente scomparso, ma troppo poco ricordato, ma ringraziamo Baudo che gli ha dedicato la prima parte del suo 'Novecento') e Tata Giacobetti, l'indimenticato vocalist del Quartetto Cetra (che strazio e pena sapere che di quel celebre ed inarrivabile gruppo è rimasta in vita solo la deliziosa Lucia Mannucci) o la ripresa di due colonne sonore di quella che oggi si indicherebbe cinematografia di serie B (ma non fatelo sapere a Quentin Tarantino): La moglie di mio marito, del 1961, con Walter Chiari, e Totò lascia o raddoppia (anche questo brano firmato da Luttazzi).
Il resto è un carosello di invenzioni musicali che a volte bloccano il fiato, come la straordinaria Crapa Pelada del maestro Gorni Kramer che è davvero un fulgido esempio di tecnica vocalese, I ricordi della sera, un classico del Quartetto Cetra qui rielaborato per 5 voci invece che quattro, Le tue mani che il maestro Pino Spotti compose appositamente per la voce di Lucia Mannucci e che poi fu ripresa da Jula De Palma e Mina, la strafamosa Domenica è sempre domenica, sigla dell'altrettanto strafamoso programma televisivo Il Musichiere, condotto da Mario Riva.
Chiude il disco Arrivederci, un toccante pezzo di Umberto Bindi che vogliamo pensarlo non solo come brano indimenticabile e suggestivo, ma una sorta di commiato da una serie incredibile di personaggi e artisti che hanno fatto grandissimo il nostro panorama musicale e che solo quelli che hanno più di cinquant'anni riescono a ricordare nei 'fumosi' ricordi del bianco e nero televisivo di allora.
Ma potremmo dire che non tutto è perduto: se pensiamo che Morgan, giovane cantautore, ancor prima dei quarant'anni, omaggia la sua arte e quella in genere con la riproposizione del miglior cantautorato nostrano degli anni sessanta (Songbook vol.1 e siamo curiosi e in trepidante attesa per il volume due), non ci resta che gioire di fronte all'operazione delle Voci di Corridoio che, grazie anche all'apporto di amici e collaboratori (Caparezza, Francesco Cafiso ed altri), restituisce splendore e brillantezza a gioielli del nostro repertorio e che solo una 'burina' propensione italica all'esterofilia ha condannato ad una sorta di forzato silenzio.
Meno male che no.
Eppure sostanza c'è e materiale pure.
Le 'Voci di Corridoio' (quintetto vocale più batterista, bassista e pianista) col giusto intuito hanno capito che il nostro repertorio potrebbe non avere rivali, anche in settori dove gli americani si dicevano sono maestri, ed eccellono: in questo disco in cui si avverte l'amore, la passione ed il trasporto per una tradizione del tutto lontana dalla lagna melodica che sempre ci contraddistingue, riportano allo splendore autori e brani che hanno fatto la storia della nostra musica e dell'arte dell'intrattenimento in genere. E anche con qualche sorpresa.
Come per esempio il primo pezzo L'importanza del microfono che si 'scopre' firmato da Luttazzi (recentemente scomparso, ma troppo poco ricordato, ma ringraziamo Baudo che gli ha dedicato la prima parte del suo 'Novecento') e Tata Giacobetti, l'indimenticato vocalist del Quartetto Cetra (che strazio e pena sapere che di quel celebre ed inarrivabile gruppo è rimasta in vita solo la deliziosa Lucia Mannucci) o la ripresa di due colonne sonore di quella che oggi si indicherebbe cinematografia di serie B (ma non fatelo sapere a Quentin Tarantino): La moglie di mio marito, del 1961, con Walter Chiari, e Totò lascia o raddoppia (anche questo brano firmato da Luttazzi).
Il resto è un carosello di invenzioni musicali che a volte bloccano il fiato, come la straordinaria Crapa Pelada del maestro Gorni Kramer che è davvero un fulgido esempio di tecnica vocalese, I ricordi della sera, un classico del Quartetto Cetra qui rielaborato per 5 voci invece che quattro, Le tue mani che il maestro Pino Spotti compose appositamente per la voce di Lucia Mannucci e che poi fu ripresa da Jula De Palma e Mina, la strafamosa Domenica è sempre domenica, sigla dell'altrettanto strafamoso programma televisivo Il Musichiere, condotto da Mario Riva.
Chiude il disco Arrivederci, un toccante pezzo di Umberto Bindi che vogliamo pensarlo non solo come brano indimenticabile e suggestivo, ma una sorta di commiato da una serie incredibile di personaggi e artisti che hanno fatto grandissimo il nostro panorama musicale e che solo quelli che hanno più di cinquant'anni riescono a ricordare nei 'fumosi' ricordi del bianco e nero televisivo di allora.
Ma potremmo dire che non tutto è perduto: se pensiamo che Morgan, giovane cantautore, ancor prima dei quarant'anni, omaggia la sua arte e quella in genere con la riproposizione del miglior cantautorato nostrano degli anni sessanta (Songbook vol.1 e siamo curiosi e in trepidante attesa per il volume due), non ci resta che gioire di fronte all'operazione delle Voci di Corridoio che, grazie anche all'apporto di amici e collaboratori (Caparezza, Francesco Cafiso ed altri), restituisce splendore e brillantezza a gioielli del nostro repertorio e che solo una 'burina' propensione italica all'esterofilia ha condannato ad una sorta di forzato silenzio.
Meno male che no.
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