Tasti di scelta rapida del sito: Menu principale | Corpo della pagina

Il Paradiso degli Orchi
Home » Archivio » De falsu creditu » Voleva un gatto Nehru

Pagina dei contenuti


DE FALSU CREDITU

Sawa't Sandyree

Voleva un gatto Nehru

Kakabook, Pag.999 Euro 26,50
immagine
Nella più pura tradizione - affermatasi negli ultimi anni - per cui, dato che la gente compra un libro l'anno, questo dev'essere almeno un tomo da Treccani, gli Autori "di espressione anglosassone", come gli auguri natalizi del papa, confezionano romanzetti minimo seicento pagine - ma veramente! -, con una schiera di personaggi da far concorrenza all'anagrafe. Vero è che il materiale umano largheggia in India (patria dello scrittore e ambiente della storia) malgrado si faccia di tutto per diminuirlo a forza di mortalità infantile, epidemie e polluzioni. Però, anche nella massa senza "oróre" né del vuoto né di sé stessa, e perciò meravigliosa e terribile, v'ha una sana gerrachia di qualità. Vi saranno dunque prodotti mediocri o meno, commestibili, e infine buoni o ottimi.

Questo di Sandyree (pron. con l'accento sulla y) sta nella parte alta della classifica: riasssumere la storia, anche per sommi capi, è difficilissimo. Diciamo che, ambientato fra il 1945 e il 1960 è una sorta di Buddenbrook al quadrato, epopea di due famiglie, i Babra e i Jawalhalla. I primi, faticosamente arricchitisi fino ad essere i primi produttori indiani di automezzi e macchine industriali - il riferimento è ai Tata, la dinastia industriale analoga agli Agnelli e ai Krupp -, sono però marchiati dal provenire da una casta infima. I secondi, invece, discendono addirittura dalla dea Amikinuntàmanunamikitàma, divinità, seguendo la CCCXV sutra del poema vedico Rama Yana Yocca, generata dal limo della Ganga (il fiume Gange) schizzato dopo la caduta del tamburo di Shiva sui sacri lìti. Nobilissima dunque cotesta genìa, ricca di maharaja, di poeti, filosofi, santi, e guerrieri, ma assai poco di denaro. Ed ecco che, dopo intricatissime vicissitudini che hanno sullo sfondo la situazione politica appena precedente e immediatamente successiva all'indipendenza - com'è ovvio, i Jawalhalla (il cui simbolo, per la loro origine, è la svastika, un simbolo solare molto comune nel subcontinente, e con lo stesso significato per gli incolti e le donnette dei nostri corni di corallo o quattrifògli), parteggiano per il dominio inglese, mentre i Babra (simbolo: la testa d'elefante, cioè il dio Ganesh) sono per l'indipendenza. Tuttavia, vi sono delle eccezioni: la giovane Lapelee Jawalhalla è di profondi sentimenti democratici, e incontra e s'invaghisce del giovane Tratra Babra, in rotta con la sua famiglia siccome fiero detrattore del nuovo ordine sociale che sta albeggiando. Uniti però dalla folle disubbidienza alle inclinazioni parentali, i due vi si ribellano con una pazza fuga, occasione per l'Autore di sfoggiare un vuoto virtuosismo di descrizioni neorealistiche quando non neozdanoviane, a base del già-visto che col suo cartonaccio ingombra e ingolfa ogni scritto sulla condizione indiana: tutta una paccottiglia di mendicanti, guru, sadu, bimbi cucitori di palloni o storpiati per renderli più appetibili sul mercato dell'elemosina, e vieppiù miserie e squallori materiali e morali dei quali ormai si farebbe volentieri a meno, dato ch'egli sono stantìi.

Si arriva quindi ai giorni dell'assassinio del Mahatma - la coppia ribelle nel frattempo l'ha conosciuto, ottenendone la confidenza (e ci han messo cen'cinquanta (*) pagine!): stupisce come i giovani, già nel periodo narrato e in particolare subito dopo, fuggissero da' padri ritenuti oppressivi e padroni e schiavi del successo, per cercarsene o di più oppressivi (Stalin, Mao, Castro), o d'enorme carisma e successo, e anche di notevole potere politico. Fatto si è, comunque, che i due svampitelli entrano in possesso - è la parte "gialla" del testo - d'un disco (non c'erano ancora i nastri) con l'intercettazione telefonica d'una conversazione tra il Mahatma e il suo delfino, che gli chiedeva: "Or che bravo sono stato, posso avere il premierato?" La risposta, tragica per lui, dell'apostolo della nonviolenza fu: "No, perché, sempre pronto ai miei comandi, c'è chi fa meglio di te, e a me dice "grazie, Gandhi!" Immaginarsi il gelo tra i due - con Jawarlhlal Nehru che meditava di ritirarsi dalla vita politica. Ma ancora entrano i gioco i Nostri... e qui dobbiamo lasciare il Lettore, altrimenti sveleremmo troppo - compreso il motivo del titolo.

Fin qui, tutto bene, commercialmente parlando: non ci si discosta di molto dal bessèllero che avvince per forza di politica e d'amorosa trama (una trama che si chiama desiderio!). La novità consiste, invece, nel sapido gioco linguistico (linguàtico, avrebbe detto il Gaddus), che differisce la prova di quest'Autore dalla tante sue consorelle (citiamo Il ragazzo angusto, di Vibram Sethemez, o Zio, ho le mie piccole cose, di Roy Harun Dal): difatti Sandyree impiega una lingua assai complessa, d'un barocchismo alla Lezàma Lima - favorito dalla presenza, nel Bharat, di otto lingue ufficiali e un'infinità di dia- e socioletti. Sebbene, infatti, la lingua inglese sia la formante del testo, essa già si basa sul "cultchaw club-english", l'inglese parlato dalle classi superiori, che sostanzialmente è "anni Trenta": su questo ceppo inopinato s'innestano forme grammaticali e lessico di decine e decine di devianti linguistiche (le principali: hindi, pali, tamil-nadu, gujarati, indoportoghese di Goa, kerala, sikh). Gran lavoro quindi del traduttore (l'ottimo Giuseppe Braccioforte, già impegnato a volgere in italiano i lavori dei sassoni Golding, Hubert Selby jr., Pinchon, Nan Joyce, l'ispano-catalana Montserrat Barjelona-Santts (Llivr de tançat, lliure i revoluciò), e i francesi Duvert, la coppia Yvés Saugrenèlle - Danièlle Poncif (Tiens! Voilà le rouleur de mècaniques qui ramène sa fraise!, equivalente dell'esecrato italico Porci con le ali, e gran successo dell'anno nel pubblico "gggiùvane"), e Pam Dirac - anglofranca scandalosa Autrice di Purée de ta mère - Mashed potatoes of your mother!, per ventisette settimane in vetta alle classifiche di vendita intercontinentali). Lavoro ben riuscito, frammischiando dialetti italiani, argot e slang, idiomi d'immigrazione quali il rumeno, il nigeriano, le lingue slave e baltico-repubblicane, l'ispanico sudamericano, il pilipino, l'arabo mediterraneo, per rendere un tessuto davvero polifonico e brillante e "anfiparnaso" che ha per fondamentale l'italiano anni '20-'30, compreso tra le riviste di "coltura" (Strapaese o Stracittà non importa), il doppiatorese telefoni-bianchi/documentari luce, e i primi vagìti (Carlo Bernari! Luigi Bartolini! "Campo de' Fiori"! "Comacchio"!) del neorealismo - aggiungendovi la lingua "stracult" della riscoperta del "secentismo fronzuto / d'Arcangelo del Leùto e d'Alessandro Scarlatti", e la riscoperta del petrarchismo e dello stilnovo (Sereni, Penna).

Come si vede, dentro il livello (e il livellamento) della comunicatività immediata, e nella massificazione letteraria, esiste un'elaborazione di primaria importanza, che racchiude una fatica stilistica e autoriale del tutto apprezzabile: che rende consigliabile il testo, e più ancora la sua fatica stilistica, al Lettore avvertito, al Lettore che, fra le righe, sappia cogliere una fruizione più degna. Insomma, al Lettore di questo Paradiso.





(*) toscanismo - cfr. "fresco dugentesco".





CERCA

NEWS

ATTUALITA'

CINEMA E MUSICA

RACCONTI

SEGUICI SU

facebookyoutube