RECENSIONI
Riccardo Reim
Lettere libertine
Hacca, Pag. 140 Euro 10,00
Roma 2 novembre 2075
Caro diario
Sono ancora deliziosamente agitato. L'elezione al soglio pontificio del primo papa gay mi ha riempito d'orgoglio e mi ha sinceramente commosso. Non capisco, anche se cerco in tutti i modi di carpirne il senso e le resistenze, il grido di dolore che viene da quelle frange un po', diciamocelo, oscurantiste ed oltranziste della società che vedono in questo voto la prova conclusiva di una perdita di valori e di un sostanziale avvicinamento alla fine del mondo.
Eppure, guardando Rigoberto II, il nuovo papa, si ha l'impressione di una preziosissima propensione alla carità e all'amore universale, ad un'esposizione concreta e fattibile di quelli che un caro intellettuale del secolo scorso, quel Pier Paolo Pasolini, di cui oggi per altro si commemora il centenario della sua morte, chiamava "comizi d'amore".
A proposito di Pasolini, ultimamente mi è capitato fra le mani un libricino, chissà dove sepolto ed ora tornato alla luce, impolverato ed ingrigito, di uno scrittore che si potrebbe definire suo "figlioccio", ... sì di quella schiera di intellettuali spenti, pervicacemente "perversi" nella predisposizione tutta fin de siécle (mi riferisco al secolo ventesimo) all'auto-martirio sessuologico, che un po' fa tenerezza.
Libro che, pubblicato già nel 1982, e riproposto due decenni e mezzo dopo da una volenterosa casa editrice marchigiana, non può non suscitarmi considerazioni sul tempo che fu (come sfogliare un trattato del professor Cassano sull'elettrochoc ora che sappiamo vita, morte e miracoli sui neurotrasmettitori) e sulla sociologia in senso lato.
Certo quel modo dell'autore, tale Riccardo Reim, che note biografiche ci indicano amico di Dario Bellezza e di altri poeti più o meno, anzi meno, rimarchevoli, di qualificare e quantificare la sessualità d'antan mi strappa sorrisi più che compiacenti, un tantino amarognoli. Mi è sorta, vieppiù, una prurigine fastidiosa, nell'accorgermi di un uso del linguaggio, che si voleva per i tempi scandaloso (oh scandaloso! Davvero esilarante) ed audace, foriero di sviluppi lontani dalle bordate clerico-fasciste (spassosa anche quest'etichetta para-storica) di una società retrograda che invece ghettizzava le istanze di un riconoscimento, che un'espressione azzardata e confusionaria, si definiva omo-erotico.
Non è un libraccio, intendiamoci, soprattutto nelle pagine in cui l'autore si confessa autobiograficamente; così come è godibile nello sforzo parallelo dell'anti-romanzo libertino che l'autore disciplina con sufficiente mestiere ed abilità.
Quel che non regge – lo so, caro diario, non potrebbe reggere comunque, soprattutto dopo l'elezione improvvisa di papa Rigoberto II, è quell'aura di maledettismo a tutti i costi che affascinò, per fortuna, per breve tempo, una schiera d'uranisti imbolsiti e prematuramente invecchiati, quelli che sembravano eredi di un varieté dei costumi che non aveva nulla da spartire con le protorivendicazioni dei primi movimenti omosessuali.
E' un documento d'altri tempi, che vorrei fosse letto, in questo novembre del 2075 splendido ed estivo, come momento di trapasso. Da intendersi così: dopo di allora era necessario cambiare registro. E si cambiò. Perché se siamo arrivati ad eleggere un papa gay lo dobbiamo ad elementi tricoglionuti e non a fantasmi di un mondo che per fortuna non c'è più.
di Alfredo Ronci
Caro diario
Sono ancora deliziosamente agitato. L'elezione al soglio pontificio del primo papa gay mi ha riempito d'orgoglio e mi ha sinceramente commosso. Non capisco, anche se cerco in tutti i modi di carpirne il senso e le resistenze, il grido di dolore che viene da quelle frange un po', diciamocelo, oscurantiste ed oltranziste della società che vedono in questo voto la prova conclusiva di una perdita di valori e di un sostanziale avvicinamento alla fine del mondo.
Eppure, guardando Rigoberto II, il nuovo papa, si ha l'impressione di una preziosissima propensione alla carità e all'amore universale, ad un'esposizione concreta e fattibile di quelli che un caro intellettuale del secolo scorso, quel Pier Paolo Pasolini, di cui oggi per altro si commemora il centenario della sua morte, chiamava "comizi d'amore".
A proposito di Pasolini, ultimamente mi è capitato fra le mani un libricino, chissà dove sepolto ed ora tornato alla luce, impolverato ed ingrigito, di uno scrittore che si potrebbe definire suo "figlioccio", ... sì di quella schiera di intellettuali spenti, pervicacemente "perversi" nella predisposizione tutta fin de siécle (mi riferisco al secolo ventesimo) all'auto-martirio sessuologico, che un po' fa tenerezza.
Libro che, pubblicato già nel 1982, e riproposto due decenni e mezzo dopo da una volenterosa casa editrice marchigiana, non può non suscitarmi considerazioni sul tempo che fu (come sfogliare un trattato del professor Cassano sull'elettrochoc ora che sappiamo vita, morte e miracoli sui neurotrasmettitori) e sulla sociologia in senso lato.
Certo quel modo dell'autore, tale Riccardo Reim, che note biografiche ci indicano amico di Dario Bellezza e di altri poeti più o meno, anzi meno, rimarchevoli, di qualificare e quantificare la sessualità d'antan mi strappa sorrisi più che compiacenti, un tantino amarognoli. Mi è sorta, vieppiù, una prurigine fastidiosa, nell'accorgermi di un uso del linguaggio, che si voleva per i tempi scandaloso (oh scandaloso! Davvero esilarante) ed audace, foriero di sviluppi lontani dalle bordate clerico-fasciste (spassosa anche quest'etichetta para-storica) di una società retrograda che invece ghettizzava le istanze di un riconoscimento, che un'espressione azzardata e confusionaria, si definiva omo-erotico.
Non è un libraccio, intendiamoci, soprattutto nelle pagine in cui l'autore si confessa autobiograficamente; così come è godibile nello sforzo parallelo dell'anti-romanzo libertino che l'autore disciplina con sufficiente mestiere ed abilità.
Quel che non regge – lo so, caro diario, non potrebbe reggere comunque, soprattutto dopo l'elezione improvvisa di papa Rigoberto II, è quell'aura di maledettismo a tutti i costi che affascinò, per fortuna, per breve tempo, una schiera d'uranisti imbolsiti e prematuramente invecchiati, quelli che sembravano eredi di un varieté dei costumi che non aveva nulla da spartire con le protorivendicazioni dei primi movimenti omosessuali.
E' un documento d'altri tempi, che vorrei fosse letto, in questo novembre del 2075 splendido ed estivo, come momento di trapasso. Da intendersi così: dopo di allora era necessario cambiare registro. E si cambiò. Perché se siamo arrivati ad eleggere un papa gay lo dobbiamo ad elementi tricoglionuti e non a fantasmi di un mondo che per fortuna non c'è più.
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