RECENSIONI
Herta Muller
Il paese delle prugne verdi
Keller editore, Pag.256 Euro 16,00
Perché Burroughs e Pavese non hanno vinto il Nobel? E' questo che
dovremmo chiederci col gusto di segnalare preferenze, idee e contrapposizioni del tutto inutili, peraltro)? Herta Muller vince perché fa parte di una cerchia vincente di intellettuali? Andiamo. Personalmente sono contenta: l'autrice della metafora asprigna, al succo di prugne acerbe, ha ottenuto il vitalizio e il riconoscimento dei parrucconi; le auguro un lungo e proficuo,liberatorio, lavoro letterario. Il merito è un discorso che fanno gli impegnati dell'autoritarismo e qui non pongo accenti sul fatto che il libro possa piacere o meno. Si tratta di una scrittura che ingoia il lettore, prima però, lo tormenta e lo incuriosisce. Come finiranno Herta, Edward, Georg e Kurt? Non sarà difficile, in Italia, sentire valutata l'opera come poetica messaggera di denuncia, dall'impianto evocativo e struggente. Non so fino a che punto la Muller abbia scelto la simulazione del poetare e peggio del poetizzare. Certo allora, la sua sarebbe una poesia pentita non in quanto priva di versificazione, ma perché carente di poeticità. Diciamo più concretamente che Herta è prosatrice al catrame, in cui cattura le porcherie delle dittature e contorce le esistenze di chi deve fuggire, insieme alle budella di chi legge, che non può astenersi dall'ignorare cosa succede su tali pagine e nella vita. Si sa, è un mondo in cui prevale il culto della leadership: tecnicisti e competenti del nullismo saccente fanno carriera; facile allora inciampare nell'oblio della saggezza, dell'immaginazione, del silente raccordo tra corpo e rivolta. Ciononostante, si può trascorrere il tempo dedicando attimi importanti alla riflessione: anche questo ci può stare, leggendo del paese dei frutti verdi che accomunano guardie, povera gente e delatori. Ma percepisco il sostanziale lavoro di Herta, intenta a scacciare retaggi mefitici e femminei, mentre ritocca il mondo con la verità ad ogni costo. La Muller non ha subito dalla sua il mestiere delle parole, anzi lo debella e lo sconfigge facendo sproloquiare il barattolo puzzolente, che si trascina dietro in ogni dove, possibilmente, per imbrattare i muri a lettere cubitali: Uomini siete dei porci! Ed è qui che la scelta si fa consapevole puntando tutto su una parlata da bambini, un trasecolare al cospetto di persone, maschere, che applaudono, simili a quegli altri che inneggiavano al Fuhrer. La strategia narrativa è basata sull'evanescenza dunque, non sui ricordi, ormai semplici pretesti in cui rivedere e ritrovare unite la potenza e l'impotenza, collocate su un piano disadorno di resistenza, di antisuicidio per chi ce la fa. Mettiamola così, oltre alla penna dimessa di Herta, i protagonisti non risultano più essere i quattro amici, né Lola, né Teresa, ma solo quello schifoso di Pjele, l'immondo cialtrone leccapadelle del potere e della violenza. Che orrore, averne ancora in giro! Infatti, non sono morti di colica mangiando prugne; esemplari di siffatta schiatta sciamano indisturbati persino nel Belpaese. Herta Muller caso letterario, perché no? Nota dolente: la traduttrice indurisce con diligenza il suono della 'c', reiterando l'abuso di c'avevamo, c'ha volendo rendere italianese ciò che gergale non è.
di Pina D'Aria
dovremmo chiederci col gusto di segnalare preferenze, idee e contrapposizioni del tutto inutili, peraltro)? Herta Muller vince perché fa parte di una cerchia vincente di intellettuali? Andiamo. Personalmente sono contenta: l'autrice della metafora asprigna, al succo di prugne acerbe, ha ottenuto il vitalizio e il riconoscimento dei parrucconi; le auguro un lungo e proficuo,liberatorio, lavoro letterario. Il merito è un discorso che fanno gli impegnati dell'autoritarismo e qui non pongo accenti sul fatto che il libro possa piacere o meno. Si tratta di una scrittura che ingoia il lettore, prima però, lo tormenta e lo incuriosisce. Come finiranno Herta, Edward, Georg e Kurt? Non sarà difficile, in Italia, sentire valutata l'opera come poetica messaggera di denuncia, dall'impianto evocativo e struggente. Non so fino a che punto la Muller abbia scelto la simulazione del poetare e peggio del poetizzare. Certo allora, la sua sarebbe una poesia pentita non in quanto priva di versificazione, ma perché carente di poeticità. Diciamo più concretamente che Herta è prosatrice al catrame, in cui cattura le porcherie delle dittature e contorce le esistenze di chi deve fuggire, insieme alle budella di chi legge, che non può astenersi dall'ignorare cosa succede su tali pagine e nella vita. Si sa, è un mondo in cui prevale il culto della leadership: tecnicisti e competenti del nullismo saccente fanno carriera; facile allora inciampare nell'oblio della saggezza, dell'immaginazione, del silente raccordo tra corpo e rivolta. Ciononostante, si può trascorrere il tempo dedicando attimi importanti alla riflessione: anche questo ci può stare, leggendo del paese dei frutti verdi che accomunano guardie, povera gente e delatori. Ma percepisco il sostanziale lavoro di Herta, intenta a scacciare retaggi mefitici e femminei, mentre ritocca il mondo con la verità ad ogni costo. La Muller non ha subito dalla sua il mestiere delle parole, anzi lo debella e lo sconfigge facendo sproloquiare il barattolo puzzolente, che si trascina dietro in ogni dove, possibilmente, per imbrattare i muri a lettere cubitali: Uomini siete dei porci! Ed è qui che la scelta si fa consapevole puntando tutto su una parlata da bambini, un trasecolare al cospetto di persone, maschere, che applaudono, simili a quegli altri che inneggiavano al Fuhrer. La strategia narrativa è basata sull'evanescenza dunque, non sui ricordi, ormai semplici pretesti in cui rivedere e ritrovare unite la potenza e l'impotenza, collocate su un piano disadorno di resistenza, di antisuicidio per chi ce la fa. Mettiamola così, oltre alla penna dimessa di Herta, i protagonisti non risultano più essere i quattro amici, né Lola, né Teresa, ma solo quello schifoso di Pjele, l'immondo cialtrone leccapadelle del potere e della violenza. Che orrore, averne ancora in giro! Infatti, non sono morti di colica mangiando prugne; esemplari di siffatta schiatta sciamano indisturbati persino nel Belpaese. Herta Muller caso letterario, perché no? Nota dolente: la traduttrice indurisce con diligenza il suono della 'c', reiterando l'abuso di c'avevamo, c'ha volendo rendere italianese ciò che gergale non è.
di Pina D'Aria
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Herta Müller
Lo sguardo estraneo
Sellerio, Pag. 59 Euro 9,00La letteratura ha le sue leggi, l'editoria ne ha di più ferree: su questo niente da eccepire.
La letteratura vuole il suo guadagno, l'editoria lo deve avere. Quindi come non capire la ricorsa spasmodica delle case letterarie italiane all'ultimo istant- post- nobel- book e chi più ne ha più ne metta?
Ma Lo sguardo estraneo 'ovvero la vita è una scoreggia in un lampione' di Herta Müller ha veramente poco, a iniziare dalle pagine: solo trentasei.
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