RECENSIONI
Markus Werner
A presto
Casagrande, pag. 201 Euro 15,80
Un libro sulla morte. Un libro con la morte. Ed uso il "con" nell'accezione che un comune vocabolario della lingua italiana da: espressione di relazione di compagnia.
Infatti Werner, scrittore svizzero già più volte pubblicato in Italia, fa della morte una partner irrinunciabile, ma con la discrezione di chi la considera un evento inevitabile, non una tragedia smisurata. Ma non smette di confrontarsi con le leggi di natura e con le convenzioni sociali nel tentativo non di sovvertirle, ma semplicemente di studiarle.
A presto è la storia di Lorenz Hatt alle prese col suo cuore. Coi suoi sentimenti: un matrimonio fallito, un figlio morto di tumore al cervello, il tentativo sobrio di una nuova relazione. Con la sua anatomia:.durante un soggiorno in Tunisia ha un infarto ed è l'inizio di un calvario che lo porterà alla necessità di un trapianto cardiaco.
Aleggia nelle pagine uno stato d'animo che pur se stravolto da una "sostanza" di inevitabilità non trasmette un senso di rinuncia: tornando a casa, ho sentito un folle appetito per la vita e nello stesso tempo una paura della morte, e la voglia di vivere e la paura della morte si sono unite, sono risuonate dentro di me, stridule, ho creduto di spezzarmi (pag.170).
Semmai, lo sforzo di trovare una terza via alla sofferenza del vivere , trascina il protagonista (e quindi l'autore) ad un continuo confronto con gli "stampi" del quotidiano.
C'è nel romanzo un passo di assoluto stupore: ad una donna fugge il cane che procura un incidente ad un ragazzo in moto. Nell'avvicinarsi al luogo dello scontro si chiede, stranita e angosciata, se soccorrere prima l'amato animale, ormai sul punto di spirare, o la persona priva di sensi. Sceglierà convenzionalmente di soccorrere quest'ultima, ma perdendo un pezzo di sé.
Queste scelte "ordinarie" non rimarranno tali fino all'epilogo della storia: Lorenz Hatt alla fine sceglierà di spegnersi serenamente piuttosto che sottostare ad un trapianto che, nella sua "testa", gli suggerisce uno stravolgimento quasi spirituale della propria persona.
Markus Werner costruisce quadri minimalisti: nei suoi romanzi paradossalmente non accade nulla, perché "l'efferatezza" del vivere è controbilanciata, se non addirittura ribaltata, dal rimarco assoluto del dettaglio più insignificante e dalle parole lanciate e lasciate quasi nel vuoto. Ma in realtà la scrittura avvince e strega: ha la stessa potenzialità di una foglia di ortica, che ti sfiora appena, ma lascia subito dopo un prurito insopportabile.
Ricorda un altro scrittore: Javier Marias. Ma mentre quest'ultimo è perso dietro un'autoreferenzialità ormai insopportabile, lo scrittore svizzero, pur se insistendo su temi ormai granitici e standard (ah sì la morte e il declino, in continuazione: in Quando la vita chiama Clarin, uno dei due personaggi principali della storia, si porta sempre dietro il dolore della moglie morta, mentre in Di spalle il pittore Wank dovrà fare i conti con un dolore sempre più autentico e insopportabile) da spazio a sentimenti condivisibili ed appropriati e non a rimandi intellettualoidi e stinti.
Una volta alla radio ho sentito che chiedevano a uno scrittore perché scriveva – una domanda, del resto, che viene fatta solo agli scrittori, mai hanno chiesto a un violinista perché suona il violino, solo agli assassini e agli scrittori si chiede il motivo della loro attività -, lo scrittore ha risposto che scriveva per resistere alla realtà (pag.112).
di Alfredo Ronci
Infatti Werner, scrittore svizzero già più volte pubblicato in Italia, fa della morte una partner irrinunciabile, ma con la discrezione di chi la considera un evento inevitabile, non una tragedia smisurata. Ma non smette di confrontarsi con le leggi di natura e con le convenzioni sociali nel tentativo non di sovvertirle, ma semplicemente di studiarle.
A presto è la storia di Lorenz Hatt alle prese col suo cuore. Coi suoi sentimenti: un matrimonio fallito, un figlio morto di tumore al cervello, il tentativo sobrio di una nuova relazione. Con la sua anatomia:.durante un soggiorno in Tunisia ha un infarto ed è l'inizio di un calvario che lo porterà alla necessità di un trapianto cardiaco.
Aleggia nelle pagine uno stato d'animo che pur se stravolto da una "sostanza" di inevitabilità non trasmette un senso di rinuncia: tornando a casa, ho sentito un folle appetito per la vita e nello stesso tempo una paura della morte, e la voglia di vivere e la paura della morte si sono unite, sono risuonate dentro di me, stridule, ho creduto di spezzarmi (pag.170).
Semmai, lo sforzo di trovare una terza via alla sofferenza del vivere , trascina il protagonista (e quindi l'autore) ad un continuo confronto con gli "stampi" del quotidiano.
C'è nel romanzo un passo di assoluto stupore: ad una donna fugge il cane che procura un incidente ad un ragazzo in moto. Nell'avvicinarsi al luogo dello scontro si chiede, stranita e angosciata, se soccorrere prima l'amato animale, ormai sul punto di spirare, o la persona priva di sensi. Sceglierà convenzionalmente di soccorrere quest'ultima, ma perdendo un pezzo di sé.
Queste scelte "ordinarie" non rimarranno tali fino all'epilogo della storia: Lorenz Hatt alla fine sceglierà di spegnersi serenamente piuttosto che sottostare ad un trapianto che, nella sua "testa", gli suggerisce uno stravolgimento quasi spirituale della propria persona.
Markus Werner costruisce quadri minimalisti: nei suoi romanzi paradossalmente non accade nulla, perché "l'efferatezza" del vivere è controbilanciata, se non addirittura ribaltata, dal rimarco assoluto del dettaglio più insignificante e dalle parole lanciate e lasciate quasi nel vuoto. Ma in realtà la scrittura avvince e strega: ha la stessa potenzialità di una foglia di ortica, che ti sfiora appena, ma lascia subito dopo un prurito insopportabile.
Ricorda un altro scrittore: Javier Marias. Ma mentre quest'ultimo è perso dietro un'autoreferenzialità ormai insopportabile, lo scrittore svizzero, pur se insistendo su temi ormai granitici e standard (ah sì la morte e il declino, in continuazione: in Quando la vita chiama Clarin, uno dei due personaggi principali della storia, si porta sempre dietro il dolore della moglie morta, mentre in Di spalle il pittore Wank dovrà fare i conti con un dolore sempre più autentico e insopportabile) da spazio a sentimenti condivisibili ed appropriati e non a rimandi intellettualoidi e stinti.
Una volta alla radio ho sentito che chiedevano a uno scrittore perché scriveva – una domanda, del resto, che viene fatta solo agli scrittori, mai hanno chiesto a un violinista perché suona il violino, solo agli assassini e agli scrittori si chiede il motivo della loro attività -, lo scrittore ha risposto che scriveva per resistere alla realtà (pag.112).
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