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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Emanuela Valentini

Angeli di plastica

Delos Books, Pag. 104 Euro 15,00
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   Dalla cima di una collina di rifiuti tossici è finalmente visibile il ponte mai ultimato; un dente d’acciaio sospeso nel vuoto, un lungo braccio secco proteso, cristallizzato nell’atto disperato di stringere una mano inesistente (…)
   Potentissimi fari illuminano il suicidio dall’alto. Come immense falene di metallo roteano intorno all’osso sporgente, sulla cui superficie di stagliano due profili umani…
   Questo poderoso scenario, reso ancora più vivido dalla colonna sonora di una musica martellante (sembra davvero di sentirla), fa da prologo a una storia che non tradisce le aspettative.
   Vi si racconta di una fabbrica in cui, per ragioni ignote agli stessi addetti ai lavori, una stampante 3D comincia a sfornare esseri umani anziché oggetti in plastica. Chi siano e da dove vengano è un mistero, tanto più che la maggior parte di loro arriva afflitta da mutilazioni o deficienze organiche, come se avesse perso qualcosa durante il tragitto. Il fenomeno viene coperto dal segreto, in attesa di effettuare adeguate ricerche. Ma nel frattempo l’accoglienza ai nuovi arrivati è tutt’altro che benigna. I pochi a conoscenza della faccenda tentano di utilizzarla a proprio vantaggio, trasformando i malcapitati in cavie o in oggetti di sfruttamento a ogni livello, con conseguenze agghiaccianti come il traffico di organi. Quelli che riescono a sfuggire finiscono per formare una eterogenea banda di straccioni deformi e incattiviti che popola il sottosuolo alla ricerca di riscatto o vendetta.
   Tre diversi mondi distopici convivono parallelamente: il sobborgo corporativo in cui la vita è scandita da una normalità solo apparente, il sottosuolo brulicante di reietti, e una metropoli avvelenata e impazzita nascosta dietro un ologramma paesaggistico.
   A sparigliare le carte arriva Mei, una ragazza cresciuta nella bambagia ma decisa a rifiutare i compromessi via via che li smaschera. Curata come se fosse affetta da turbe psichiche, diventa consapevole che le sue presunte tare sono in realtà risorse da spendere e indizi di capacità superiori. E che con la vocetta maligna che la stuzzica da dentro può dialogare ed entrare in rapporto. A dare il via alla sua avventura è l’incontro onirico con North, un giovane ignoto che è la quintessenza della bellezza e della dolcezza, e che invoca il suo aiuto.  Così Mei scende agli inferi come Orfeo alla ricerca della persona amata.
   Il romanzo, finalista al Premio Urania, si impone con il suo ritmo incalzante. L’Autrice ha messo molta carne al fuoco ma le storie che si svolgono parallelamente vengono assemblate in un montaggio vivace e ben architettato. La scrittura è brillante, precisa e agile come una frusta che stimola il lettore e lo coinvolge senza sosta.  
   C’è un aspetto però che mi è sembrato meno convincente. Riguarda il piccolo popolo dei nuovi arrivati che, sfuggito ai dirigenti della fabbrica, vive in clandestinità. Per quanto abbiano tratti completamente umani, si tratta pur sempre di persone giunte da un altrove dello spazio o del tempo. Ci si aspetterebbe di vederli esprimere con modalità peculiari, e invece usano gesti e parole del tutto simili a quelli delle persone comuni. Dal mio punto di vista lo ritengo un limite, ma mi sembra di capire che dare a questi personaggi una connotazione diversa non sia nelle priorità della Valentini. Lei vuole che i linguaggi siano omologabili per poterli confrontare nel suo paradigma. E con questo vengo al punto.  
   Il romanzo può essere guardato in diversi modi: la storia, i personaggi, le emozioni. Ma ciò che si vede in filigrana è la sua struttura dialettica, il suo procedere per dicotomie, per elementi contrapposti.
   La superficie e il sottosuolo.
   I privilegiati e i reietti.
   I “normali” e i “diversi”.
   La realtà fittizia e ipocrita di un sobborgo artificiale e il magma marcescente e vivo della città reale.
   La violenza cieca e la pace arcana.
   La crudeltà e la dolcezza.
   L’Autrice è generosa e accorta. Sa che per ogni esagerazione in un senso dovrà pagare un pegno nel senso opposto. Non si può essere sleali con il lettore quando la posta in gioco è alta. Lei lo sa e sa come fare. Muove i sentimenti, eppure spazza via sentimentalismi di ogni tipo col furore del napalm. Riesce a essere spiazzante, non regalando niente alla banalità delle attese convenzionali. Gli interrogativi esistenziali qui si fanno azione e viscere sull'onda di una rabbia intensa e vitale, che condanna e che salva. Senza pietà.

di Giovanna Repetto


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Gustoso


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Bellissimo libro, bisogna dirlo, prima ancora di parlare del romanzo. L’eleganza della copertina, dei risguardi neri, dell’impaginazione, hanno il timbro della qualità. Un libro che si presenta attraente, proprio come il tendone sgargiante del circo, che cattura lo sguardo già prima di aprirsi sulle piste rutilanti di luci. Rotondo. Rotondo è il circo, come la fiaba che qui si racconta, come la giostra che gira per poi riportare ogni cosa al suo posto. Come le lancette dell’orologio. Una girandola di fuochi d’artificio, che spara intorno i suoi colori. Solo che qui non vengono dispersi, ma sciorinati per essere raccolti poi nella compostezza finale di un nuovo caleidoscopio.

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