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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Sandro Veronesi

Baci scagliati altrove

Fandango, Pag. 185 Euro 13,00
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Leggi 'Profezia', racconto d'apertura della raccolta – è il caso di dirlo, essendo testi scritti negli anni – dell'ultimo libro di Sandro Veronesi, Baci scagliati altrove: e rischi quasi di essere d'accordo con il venditore di fumo che al Corsera inventa casi cosiddetti letterari per mettere in moto la macchina delle vendite di un mercato altrimenti asfittico – i libri buoni interessando ai soliti quattro gatti e poco più. E invece è davvero un racconto forte, quello di Veronesi (ovviamente, il piazzista di cui sopra ha dilatato sino al ridicolo il giudizio, scrivendo che sarebbe "la cosa più bella della letteratura italiana da molte stagioni a questa parte e per molte stagioni a venire": lo ha detto qualche decina di volte – la chiamano critica). 'Profezia' racconta di un padre che sta morendo e del narratore che cerca di prendersi carico di questa morte: un tono non privo di echi veterotestamentari e un approccio alla materia diretto ed essenziale (sostanza viva dell'autore stesso) che per questo mi ha fatto pensare a certi libri dell'ultimo Roth - inviso a gran parte della critica, perché, guarda caso, incatenato a ciò cui nessuno ha proprio intenzione di pensare: la morte e la malattia.

Veronesi invece tocca punti nevralgici del vivere, non teme di andare incontro al dolore, quello tragico, quello del lutto, e alla verifica delle proprie mancanze. Ma non smette di sorprendere. Perché se il lettore avveduto intuisce il sostrato artigianale, il lavoro di falegnameria che ha fatto crescere questa scrittura in tanti anni, chi cerca semplicemente una storia da leggere può farlo andando al punto, alle cose narrate, senza doversi chiedere a ogni pagina quale sia la mossa, quale il trucco, quale il gesto o la parola adulatrice che produce l'effetto. Insomma, la bravura tecnica di Veronesi guadagna a sé molti lettori, ma il più delle volte sa mimetizzarsi bene. Non si può dire la stessa cosa di molti altri narratori italiani. E vale però l'opposto. Le storie di questa raccolta sono per lo più, all'apparenza, immediate, in certi casi persino semplici – ma, ecco il punto, non corrono mai il rischio della sciatteria: niente dribbling forsennati o punizioni magistralmente infilate all'incrocio dei pali (il primo racconto è in parte un'eccezione, un lunghissimo possesso palla a ritmo sostenuto, di tortuosa ma implacabile geometria), ma neppure meline annacquate o rovinosi calcioni alla lingua italiana. Risultato: una prosa dal nerbo essenziale, pacato – l'inquietudine è quella della vita raccontata. Quando più quando meno, va da sé, come capita sempre alle raccolte di racconti, senza omettere il particolare non secondario di essere stati scritti in anni diversi.

Storie di conflitti sordi e colpevoli distrazioni fra genitori e figli, fra amici, e amici-nemici scrittori (scrittori da copertina, è il caso di dire: che vengono bene nella foto di quarta – "Sotto il sole dei campi elisi"), di incroci esistenziali conturbanti, di destini costruiti casualmente, di piccole disavventure vissute con l'angoscia delle grandi prove della vita: per qualcuno anche attraversare la strada può esserlo.

Sarà per questo, ma il sentimento più agognato, ancorché fragile, in queste storie sembra quello della pietà - forse il modo più adulto di stare al mondo. Chiude il libro – insolita forma di omaggio dell'autore – un racconto di David Foster Wallace, "Amore", tratto da La scopa del sistema.







di Michele Lupo


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Gustoso


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Credo che cucinare e scrivere siano forme di arte simili; mi piace cucinare, è bello, come scrivere. Prendere gli ingredienti, annusarli, amalgamarli, toccarli e vedere che si costruisce, che si crea qualcosa.
Adoro il tiramisù, lo faccio con i pavesini e mescolo il mascarpone con la panna. Indubbiamente è il mio dolce preferito, nonché quello che mi viene meglio, magari non piacerà a tutti.

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