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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Tiziano Tarli

Beat italiano, dai capelloni a Bandiera Gialla

Castelvecchi, Pag.285 +CD Euro 24,00
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Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (Tutt'altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda "Io tu e le rose" in finale e una commissione che seleziona "La rivoluzione". Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao. Luigi.

Era il gennaio del 1967, Luigi Tenco, con un atto con pochi precedenti in Italia, mette fine ad un periodo che qualcuno ha avuto la smania di considerare felicemente innovativo. Il suicidio del cantautore è l'unico momento, non sia considerato cinismo il mio, con una valenza rivoluzionaria... il resto mollichine ai passeri.

Si ponga l'attenzione anche alle parole del poeta che, contrariamente al luogo comune di certa prurigine existentielle, non è affatto stanco della vita, ma delinea un "gioco di potere" che fin dall'inizio (e ora, dopo quarant'anni, palesemente invadente) lavora all'interno del movimento in apparenza per assecondarne gli stimoli anti-sociali, ma essendo appunto potere, per controllarne gli eventuali sbandamenti e rendere il tutto materia per sociologi all'acqua di rose (mi ricorda e mi riporta a qualcosa, ma gli ex brigatisti rossi sono troppo impegnati a pubblicare libri di memorie per "confessare" che la loro struttura fin dall'inizio era controllata e quindi guidata... ma questo è argomento per tutt'altra manfrina)

Tarli rende perfettamente il periodo e tenta, con giustezza, ma con eccessiva riconoscenza, quei reali e primieri singulti di audace "rivoluzionarietà".

Molto bello il capitolo dedicato ai "capelloni" dove accanto ad episodi ingenuamente accattivanti, vi si scorge l'inizio di un cammino, a volte non violento, a volte anti-sociale, che costituirà prototipo per gli anni a venire e per tutto il '68.

Ma con tutto il rispetto per i cantanti-autori del periodo e per le loro composizioni non vi è stato davvero nulla che oggi, lucidamente, si possa considerare di vera frattura rispetto alle precedenti esperienze. Certo una rottura ci fu rispetto alle ugole già democristiane del vibrato sentimentale o degli pseudo vagiti di un erotismo alla Jula De Palma. Ma come spesso accade da noi, quel che l'Italia offrì fu un semplice riporto di istanze ben più politiche ed "avanguardistiche" che venivano dal resto del mondo, Inghilterra e Stati Uniti tra tutti.

Non mancò il coraggio di proposte diverse. Ma se diamo udienza anche alle interviste dei protagonisti (fastidiosa per pernicioso qualunquismo quella di Dario Salvatori che alla domanda se il beat fu anche momento politico visti gli anni, risponde che l'espressione del movimento fu di un giuramento di vita differente, ma che pochi quelli che avevano anche un atteggiamento politico) non mi pare che ci fu un vero sussulto di coscienze. Si preferisce alla fine rispondere, nonostante le "punture" dell'autore-intervistatore, della nascita del tutto(Arbore), della sua morte (la colpa è anche di Celentano?) e dell'"apparente" fuga da un mondo borghese e già stantio.

Intendiamoci, le risultanze poco "progressiste" della sostanza non vanno a discapito dell'opera di Tarli, appassionante, soprattutto appassionata e ricca di spunti e informazioni. Dalle schede degli artisti più rappresentativi, ai pochi testi (riportati per intero) di "altra" significanza, all'elenco, per regioni, di tutti i gruppi espressisi in quegli anni (e qui la fantasia italica , quella sì inimitabile, espresse vette di inaudita comicità...Gli Strano Lui e Lei + 3 di Milano, Le Piante di riso di Varese, I Platelminti di città non identificata, I Babbo e gli Sguardi e I Verdoni Mangiasassi di Milano etc.).

E chiude e non è poco, anzi, la presenza di un CD allegato con un'antologia di ben 14 brani di messa beat, fenomeno questo che forse solo in un paese a forte risultanza parrocchiale poteva esprimere in siffatta presenza.



di Alfredo Ronci


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