RECENSIONI
Franca Valeri
Bugiarda no, reticente
Einaudi, Pag. 103 Euro 17,00
Sento ancora la voce del mio amico quando gli comunico la mia intenzione di recensire il libro della Valeri:... frocissimooooo.
Non ha tutti i torti, lei è un'icona gay e in un capitolo confessa che spesso gli capita qualcuno che recita a memoria le battute di Parigi o cara. Io stesso l'ho vista partecipare ad una serata evento al gay village, attorniata ed accompagnata da uno stuolo di culaioli estasiati, un po' come gli isterici che sdilinquivano per la divina Callas.
E' l'unico, credo, inconveniente, di una carriera straordinaria. Ma in questo libro la Valeri fa molto di più: sottrae spesso e quando addiziona lo fa solo perché trascinata da una passione travolgente per il teatro. E se ci si aspettava gossip cinematografici si resta delusi: del grande schermo, e quindi del tempo rubato al teatro lei dice soltanto... Due film sono stati certamente fuori dai miei problemi teatrali: Il segno di Venere e Parigi o cara. Perché li avevo scritti io, erano due commedie.
Se proprio vogliamo dare indicazioni schematiche il libro può essere diviso in tre parti. La prima, dei ricordi infantili e dell'antifascismo del padre: L'antifascismo di mio padre era una questione strettamente morale che gli rendeva il suo Paese insopportabile. Varcata la frontiera era un uomo felice. E dei problemi della guerra: Nel 1938 un preciso capitolo delle leggi razziali vietava agli ebrei di avere domestici ariani; le nostre due ultime fedeli se ne andarono costernate convinte che 'i signori' non fossero più contenti di loro. Una delle più grandi prove di amicizia.
La seconda parte, dell'amore teatrale: la sua vita a tutti gli effetti, ed il sentirsi a casa quando calcava il palcoscenico. Il mio è un teatro di parola, forse nientedimeno attuale, ogni volta che sembra invecchiato ringiovanisce, dopo tante innovazioni ritorna sempre a galla. E' il genere che le avanguardie temono. Tenendolo però in poco conto. Sarebbe l'ideale se qualcuno mi telefonasse ora. Invece che quando mangio (splendido anacoluto, direi!).
Anche il ricordo di personaggi di primissimo piano della cultura italiana, Visconti, Caprioli, Arbasino, Buazzelli, De Sica, Genet, Piaf, Nora Ricci, Pasolini, passa in secondo piano rispetto al suo 'piano' prospettico. Che si fa per di più luminoso nell'ultima parte quando insiste a confrontarsi coi suoi novant'anni (ebbene sì!) e con la sua idea dello stare al mondo, attraverso fulminei aforismi: Io non ho mai mentito a me stessa, perciò non faccio parte della disperazione mondiale. Oppure: Mi ribello all'affermazione corrente che sia un dono di natura. La comicità è un lavoro di cervello.
Un libro questo che non è un'autobiografia, semmai una raccolta di pensieri, una meditazione notturna sugli anni trascorsi e sugli amici scomparsi. Nonostante ciò non possiamo disgiungere la sua arte dall'immagine che di lei, soprattutto televisiva, ci siamo fatti. Riporto dunque un brano che chiude il cerchio. E sull'ironia della quale ci si inchina. Ringraziando.
Penso, chissà se è giusto, che quando si ama qualcuno è più affascinate possederlo con i gesti della tua vita che con quelli del sesso, ché con quelli son capaci tutti, tutte in questo caso. Che una stesse nel suo letto mezz'ora prima d'incontrarlo certo non mi faceva piacere, ma se gli avesse lavato i capelli l'avrei uccisa.
Trovavo unico che avesse una memoria assolutamente topografica delle donne ripassate.
"Quella piazzetta dove incontravo la cassiera..."
"Come si chiama?"
"Boh".
Chapeau.
di Alfredo Ronci
Non ha tutti i torti, lei è un'icona gay e in un capitolo confessa che spesso gli capita qualcuno che recita a memoria le battute di Parigi o cara. Io stesso l'ho vista partecipare ad una serata evento al gay village, attorniata ed accompagnata da uno stuolo di culaioli estasiati, un po' come gli isterici che sdilinquivano per la divina Callas.
E' l'unico, credo, inconveniente, di una carriera straordinaria. Ma in questo libro la Valeri fa molto di più: sottrae spesso e quando addiziona lo fa solo perché trascinata da una passione travolgente per il teatro. E se ci si aspettava gossip cinematografici si resta delusi: del grande schermo, e quindi del tempo rubato al teatro lei dice soltanto... Due film sono stati certamente fuori dai miei problemi teatrali: Il segno di Venere e Parigi o cara. Perché li avevo scritti io, erano due commedie.
Se proprio vogliamo dare indicazioni schematiche il libro può essere diviso in tre parti. La prima, dei ricordi infantili e dell'antifascismo del padre: L'antifascismo di mio padre era una questione strettamente morale che gli rendeva il suo Paese insopportabile. Varcata la frontiera era un uomo felice. E dei problemi della guerra: Nel 1938 un preciso capitolo delle leggi razziali vietava agli ebrei di avere domestici ariani; le nostre due ultime fedeli se ne andarono costernate convinte che 'i signori' non fossero più contenti di loro. Una delle più grandi prove di amicizia.
La seconda parte, dell'amore teatrale: la sua vita a tutti gli effetti, ed il sentirsi a casa quando calcava il palcoscenico. Il mio è un teatro di parola, forse nientedimeno attuale, ogni volta che sembra invecchiato ringiovanisce, dopo tante innovazioni ritorna sempre a galla. E' il genere che le avanguardie temono. Tenendolo però in poco conto. Sarebbe l'ideale se qualcuno mi telefonasse ora. Invece che quando mangio (splendido anacoluto, direi!).
Anche il ricordo di personaggi di primissimo piano della cultura italiana, Visconti, Caprioli, Arbasino, Buazzelli, De Sica, Genet, Piaf, Nora Ricci, Pasolini, passa in secondo piano rispetto al suo 'piano' prospettico. Che si fa per di più luminoso nell'ultima parte quando insiste a confrontarsi coi suoi novant'anni (ebbene sì!) e con la sua idea dello stare al mondo, attraverso fulminei aforismi: Io non ho mai mentito a me stessa, perciò non faccio parte della disperazione mondiale. Oppure: Mi ribello all'affermazione corrente che sia un dono di natura. La comicità è un lavoro di cervello.
Un libro questo che non è un'autobiografia, semmai una raccolta di pensieri, una meditazione notturna sugli anni trascorsi e sugli amici scomparsi. Nonostante ciò non possiamo disgiungere la sua arte dall'immagine che di lei, soprattutto televisiva, ci siamo fatti. Riporto dunque un brano che chiude il cerchio. E sull'ironia della quale ci si inchina. Ringraziando.
Penso, chissà se è giusto, che quando si ama qualcuno è più affascinate possederlo con i gesti della tua vita che con quelli del sesso, ché con quelli son capaci tutti, tutte in questo caso. Che una stesse nel suo letto mezz'ora prima d'incontrarlo certo non mi faceva piacere, ma se gli avesse lavato i capelli l'avrei uccisa.
Trovavo unico che avesse una memoria assolutamente topografica delle donne ripassate.
"Quella piazzetta dove incontravo la cassiera..."
"Come si chiama?"
"Boh".
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