RECENSIONI
Fabio Zanello
Caffeina mon amour (letteratura e poesia araba classica sul caffè e altri stimolanti)
Coniglio Editore, Pag. 63 Euro 5,00
In questo trascuratissimo anniversario del Futurismo riaprire una querelle mistique sull'uso del caffè non sarebbe stato inopportuno, se il mito allucinato del corroborante quale lo vollero frequentare Marinetti e i suoi cardiopalmici sodali, in questa barca che affonda chiamata Itaglia, non fosse decaduto a tazzuriella 'e caffè, dico quella di cui si abbuffa, dopo tanta spremitura di intelligenze e sensi civici, il linguapendulo elettorale chiamato ad espletare in cabina al richiamo del padrone; e se, dunque, il suddetto futurismo, nel suddetto anniversario, non fosse stato tanto trascurato.
Insomma in un paese migliore (il paese migliore per il quale molti sperano di potere ancora dare un vuoto utile, che, però, è ovviamente a perdere) il libro del Fabio Zanello, Caffeina mon amour, avrebbe avuto un'altra accoglienza.
Vorrei dire sfacciatamente che con lo Zanello abbiamo dovuto immaginare una sorta di scuola, di atteggiamento, un transrealismo che era certamente una bacchetta magica in grado di toccare la realtà per farla diventare vera, per darle anima, per tramutarla in letteratura. Altri (fra cui lo stesso Zanello) possono pure parlare del ta'wil, un robusto stratagemma della gnosi islamica per ricondurre questa stabile realtà alla sua transeunte verità, per via metaforica: ma, dal momento che, appunto, la verità a questo mondo appare travestita, buttandola in letteratura, possiamo ricondurre lo Zanello ad un caso vertiginoso e radicale di borghesian-gaddanesimo.
In tale senso sarà chiaro che è impossibile tenere conto di questo singolo libro senza ricondurlo all'intera, ricca e spiazzante produzione dello Zanello, poeta, saggista, prosatore, narratore di un unico libro, di quel lungo serpente di carta (direbbe Calasso) che è la sua opera angelica. E, dovendo graffiare via dallo snodo di un lavoro lungo la cifra chiara e dimostrabile di una poetica, potremmo dire che la fatica di Zanello sta tutto nel tentativo di versare un goccio di splendore a questa vita: prenderne i frammenti e riunirli con pazienza alchemica in prospettive diverse e radicalmente nuove.
Zanello è in certe collezioni di paesaggi e situazioni quali si accumulano e tagliano in maniera obliqua nei suoi romanzi e poemi più intimi (voglio citare Hanno rapito Gorbaciov); lo sguardo patologizzato, alterato dei suoi lavori satirici (Brigate Rozze); e il lento, raffinato lavoro di collazione con cui costruisce i suoi piccoli saggi: come Caffeina mon amour.
Questo fantastico libricino, traduzione di una traduzione, accostamento sapiente di diversi testi, commento sottile e invisibile, restituisce una bevanda del nostro uso quotidiano (un fatto trascurato della nostra vita trascurata) ad una questione letteraria e mistica.
Ma l'importante non è tanto venire a sapere che il caffè con cui ci abbuffano per non farci niente sapè, è potenzialmente uno strumento di conoscenza; l'importante è che, nel radicale atto letterario costituito dal breve saggio, il lettore può restituire tutto se stesso a un fatto meravigliosamente letterario e mistico.
Può ricondurre se stesso a quel momento di verità che, magari, è la vita.
di Pier Paolo Di Mino
Insomma in un paese migliore (il paese migliore per il quale molti sperano di potere ancora dare un vuoto utile, che, però, è ovviamente a perdere) il libro del Fabio Zanello, Caffeina mon amour, avrebbe avuto un'altra accoglienza.
Vorrei dire sfacciatamente che con lo Zanello abbiamo dovuto immaginare una sorta di scuola, di atteggiamento, un transrealismo che era certamente una bacchetta magica in grado di toccare la realtà per farla diventare vera, per darle anima, per tramutarla in letteratura. Altri (fra cui lo stesso Zanello) possono pure parlare del ta'wil, un robusto stratagemma della gnosi islamica per ricondurre questa stabile realtà alla sua transeunte verità, per via metaforica: ma, dal momento che, appunto, la verità a questo mondo appare travestita, buttandola in letteratura, possiamo ricondurre lo Zanello ad un caso vertiginoso e radicale di borghesian-gaddanesimo.
In tale senso sarà chiaro che è impossibile tenere conto di questo singolo libro senza ricondurlo all'intera, ricca e spiazzante produzione dello Zanello, poeta, saggista, prosatore, narratore di un unico libro, di quel lungo serpente di carta (direbbe Calasso) che è la sua opera angelica. E, dovendo graffiare via dallo snodo di un lavoro lungo la cifra chiara e dimostrabile di una poetica, potremmo dire che la fatica di Zanello sta tutto nel tentativo di versare un goccio di splendore a questa vita: prenderne i frammenti e riunirli con pazienza alchemica in prospettive diverse e radicalmente nuove.
Zanello è in certe collezioni di paesaggi e situazioni quali si accumulano e tagliano in maniera obliqua nei suoi romanzi e poemi più intimi (voglio citare Hanno rapito Gorbaciov); lo sguardo patologizzato, alterato dei suoi lavori satirici (Brigate Rozze); e il lento, raffinato lavoro di collazione con cui costruisce i suoi piccoli saggi: come Caffeina mon amour.
Questo fantastico libricino, traduzione di una traduzione, accostamento sapiente di diversi testi, commento sottile e invisibile, restituisce una bevanda del nostro uso quotidiano (un fatto trascurato della nostra vita trascurata) ad una questione letteraria e mistica.
Ma l'importante non è tanto venire a sapere che il caffè con cui ci abbuffano per non farci niente sapè, è potenzialmente uno strumento di conoscenza; l'importante è che, nel radicale atto letterario costituito dal breve saggio, il lettore può restituire tutto se stesso a un fatto meravigliosamente letterario e mistico.
Può ricondurre se stesso a quel momento di verità che, magari, è la vita.
di Pier Paolo Di Mino
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Fabio Zanello
American mullah
Coniglio Editore, Pag. 63 Euro 5,00American Mullah è l'ultimo lavoro di Fabio Zanello, l'ulteriore snodo del suo serpente di carta.
Per pensare lo Zanello, uno dovrebbe pensare insieme a Joseph Cornell e a Charles Simic. Il primo è quell'anima di finto e terribile candore, quello spirito religiosissimo, che ha vagato anni e anni per tutta Nuova York, alla ricerca incessante di oggetti smarriti e isolati da riunire nelle sue fantastiche scatoline. Il secondo è il poeta che ne ha raccontato la vita in un libro strepitoso (Il cacciatore di immagini, Adelphi).
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