RECENSIONI
Mika Waltari
Chi ha ucciso la signora Skrof?
Iperborea, Traduzione di Marja Bianchi Peltonen, Pag. 224 Euro 14,00
Helsinki, 1939. In un condominio come tanti si sente puzza di gas e viene rinvenuto il cadavere – ancora fresco – dell’incartapecorita signora Skrof, un’avara, burbera nonnina che viveva con la sola compagnia di un cagnone dal morso facile. La polizia, vale a dire il ruvido commissario Palmu e il suo giovane assistente innamorato della psicanalisi (nonché narratore dell’intera vicenda), inizia le indagini e innesca il più classico dei whodunit, con una carrellata di figuri vicini alla vecchina ognuno dei quali premiato, per almeno quindici pagine di celebrità, con lo status di sospettato numero uno… si va dall’avvocato ben conscio dell’ampio patrimonio della buon’anima alla figliastra romantica e scapigliata, dal laido reverendo della Comunità di Betlemme all’aviatore, casanova da due soldi uscito da una parodia di Liala, fino al pittore surrealista inafferrabile come i suoi quadri. La produzione letteraria di Mika Toimi Waltari (1908–1979) copre uno spettro sorprendente che va dalla novella rurale intrisa di sensualità (Il podere, 1942) ai romanzi storici che l’hanno reso celebre in tutto il mondo passando per Hollywood, fino alla trilogia di gialli urbani che vede in Chi ha ucciso la signora Skrof? un inizio promettente, già tradotto in italiano per Garzanti nel 1955. Trilogia contraddistinta dalla presenza del commissario Palmu e proseguita nel 1940 e nel 1962, per tacere di un lungo codazzo di trasposizioni filmiche finlandesi, una delle quali persino apocrifa. La scelta di Iperborea di ripubblicare Waltari e il suo Palmu è coraggiosamente rétro, e dimostra come l’amatissimo «nero scandinavo» (cui la casa editrice ha dedicato una collana a se stante, Ombre) abbia radici profonde e nobili. Nella sua postfazione, Luca Scarlini inquadra alla perfezione l’opera di Waltari e la serie del commissario Palmu, sottolineando evidenti somiglianze con la produzione di Agatha Christie (in particolare, i romanzi Poirot-Hastings) e Rex Stout. Ma a rendere adorabile Chi ha ucciso la signor Skrof?, oltre al meccanismo giallo impeccabile e ai dialoghi serrati che suppliscono a una rilassante mancanza d’azione, è l’umorismo moderno e un po’ discolo dell’autore, che sa strizzarci l’occhio senza risultare stucchevole. Qualcuno si sorprenderà nel leggere di stupefacenti a Helsinki negli anni Trenta, molti sorrideranno maligni nel leggere della Comunità di Betlemme e del suo capo viscido come un ratto di fogna, e la risata è assicurata quando si tira in ballo il fantomatico Circolo dei Silenziosi Saltatori con l’Asta. Non solo. A pagina 187, prima del rush finale, Waltari stacca dalla narrazione per rivolgersi a noi in questo modo: «Il lettore può abbandonare questo libro per qualche minuto e cercare di capire con comprensione il mio stato d’animo. […] Chi? Perché? Come? Tutti i fatti sono stati esposti, la soluzione è vicina. Se il lettore riesce a rispondere a queste tre domande, gli faccio tanto di cappello, perché è più intelligente di me». E dulcis in fundo, nel momento di massima confusione dell’assistente-narratore sommerso dai cartigli e da elucubrazioni di ogni risma, un suo collega gli si avvicina con un consiglio: «Non farne un romanzo» (p. 141).
di Simone Buttazzi
di Simone Buttazzi
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