RECENSIONI
Leo Tuor
Giacumbert Nau
Casagrande, Pag. 132 Euro 15,00
Ci dice la quarta di copertina: Giacumbert Nau è la prima opera in romancio sursilvano a essere tradotta in italiano. Ovvio che uno pensa: e che è il romancio sursilvano?
Dopo ricerche sulla rete (santa rete!) ho scoperto che detto idioma è uno dei cinque che si parla nella regione dei Grigioni, nel cuore della Svizzera, nella parte tedesca. Ora le autorità della zona stanno tentando di 'creare' un romancio standard in modo da mettere d'accordo tutte e cinque le parti e non essere costretti a stampare, per ogni libro, cinque versioni differenti (giuro, uno dei problemi è proprio questo!).
Opera meritoria dunque quella di offrire al pubblico italiano una realtà così differenziata e vitale.
Giacumbert Nau e non poteva essere diverso, ci parla di montagne (lo so, io sono d'accordo con Elio delle Storie Tese quando in una sua recente canzone dice testualmente: in montagna ci si rompe il cazzo... ma tant'è) e della vita che si svolge in queste zone a volte anche impervie, ma ci parla soprattutto di un personaggio che è l'esempio del distacco dal mondo: Giacumbert Nau, appunto.
Un trentasettenne che ricorda a tratti il ragazzo selvaggio di Truffault, che ha idee sue a volte curiose: Insomma preti e poliziotti e padri e poeti e pitocchi e tutti quelli che cominciano con la 'p' gli stavano sui coglioni (Pag. 73). Che si è rifugiato sugli alpeggi ad accudire capre e pecore, ma che ha anche una sorta di ironica considerazione di sé: Che altro vuole fare di se stesso un uomo come Giacumbert se non farsi una sega contro il cielo a pecorelle? (Pag. 109). Che ama a suo modo la 'sua' Albertina anche se è andata in sposa ad un altro e soprattutto ha un concetto, oserei dire rivoluzionario, del vivere e quindi del morire: Giacumbert ha letto: Muori al momento giusto. Giacumbert muore quando vuole lui e non quando vuole la strega. Morirà sul pendio roccioso con i suoi animali. (Pag. 132).
Quando pensi che una storiella così non ti appartenga e ti scivoli via (la lettura del libro intero può durare al massimo un'ora e mezzo) ecco che qualcosa ti fa ricredere. E' la vivida sensazione che quest'uomo abbia qualcosa di più da raccontare della sua 'semplice' esperienza di pastore e di 'lupo' solitario. E quando le pagine si chiudono con le parole: Questo libro è dedicato a coloro che hanno venduto le nostre valli e a coloro che oggi le vendono. Che siano maledetti... allora capisci che sull'ironia della noia delle montagne si può sorvolare, ma non si può sorvolare sulle migliaia e migliaia di cittadini che si battono (anche in Italia) perché certe zone vengano salvaguardate dalla speculazione e dal falso progresso.
E allora, senza essere banali, possiamo affermare che Giacumbert nau siamo noi: a chi dispiacerebbe amare per il solo motivo di desiderare e non di condividere e di decidere di morire quando se ne ha voglia? Ci si pensi.
di Alfredo Ronci
Dopo ricerche sulla rete (santa rete!) ho scoperto che detto idioma è uno dei cinque che si parla nella regione dei Grigioni, nel cuore della Svizzera, nella parte tedesca. Ora le autorità della zona stanno tentando di 'creare' un romancio standard in modo da mettere d'accordo tutte e cinque le parti e non essere costretti a stampare, per ogni libro, cinque versioni differenti (giuro, uno dei problemi è proprio questo!).
Opera meritoria dunque quella di offrire al pubblico italiano una realtà così differenziata e vitale.
Giacumbert Nau e non poteva essere diverso, ci parla di montagne (lo so, io sono d'accordo con Elio delle Storie Tese quando in una sua recente canzone dice testualmente: in montagna ci si rompe il cazzo... ma tant'è) e della vita che si svolge in queste zone a volte anche impervie, ma ci parla soprattutto di un personaggio che è l'esempio del distacco dal mondo: Giacumbert Nau, appunto.
Un trentasettenne che ricorda a tratti il ragazzo selvaggio di Truffault, che ha idee sue a volte curiose: Insomma preti e poliziotti e padri e poeti e pitocchi e tutti quelli che cominciano con la 'p' gli stavano sui coglioni (Pag. 73). Che si è rifugiato sugli alpeggi ad accudire capre e pecore, ma che ha anche una sorta di ironica considerazione di sé: Che altro vuole fare di se stesso un uomo come Giacumbert se non farsi una sega contro il cielo a pecorelle? (Pag. 109). Che ama a suo modo la 'sua' Albertina anche se è andata in sposa ad un altro e soprattutto ha un concetto, oserei dire rivoluzionario, del vivere e quindi del morire: Giacumbert ha letto: Muori al momento giusto. Giacumbert muore quando vuole lui e non quando vuole la strega. Morirà sul pendio roccioso con i suoi animali. (Pag. 132).
Quando pensi che una storiella così non ti appartenga e ti scivoli via (la lettura del libro intero può durare al massimo un'ora e mezzo) ecco che qualcosa ti fa ricredere. E' la vivida sensazione che quest'uomo abbia qualcosa di più da raccontare della sua 'semplice' esperienza di pastore e di 'lupo' solitario. E quando le pagine si chiudono con le parole: Questo libro è dedicato a coloro che hanno venduto le nostre valli e a coloro che oggi le vendono. Che siano maledetti... allora capisci che sull'ironia della noia delle montagne si può sorvolare, ma non si può sorvolare sulle migliaia e migliaia di cittadini che si battono (anche in Italia) perché certe zone vengano salvaguardate dalla speculazione e dal falso progresso.
E allora, senza essere banali, possiamo affermare che Giacumbert nau siamo noi: a chi dispiacerebbe amare per il solo motivo di desiderare e non di condividere e di decidere di morire quando se ne ha voglia? Ci si pensi.
di Alfredo Ronci
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