RECENSIONI
Erri De Luca
Il giorno prima della felicità
Feltrinelli, Pag. 133 Euro 13,00
Cominciamo a dire che 1 euro ogni 10 pagine mi sembra un'enormità. E che pagine!
Ora evidentemente c'è qualcosa di sbagliato fra me e la letteratura più recente, se questo libro di De Luca lo considero alla stregua delle peggiori avventure narrative tra la fine 2008 e l'inizio 2009.
Siamo dunque al poker d'assi. O al poker d'asini, mi verrebbe da celiare. Dopo l'orrenda 'cosa' (non saprei come definirla) di Francesco Piccolo La separazione del maschio, dopo l'annichilente (e per fortuna che s'è ritirato dal Premio Strega... bontà sua) 'lezione' quarkiana di Daniele Del Giudice Orizzonte mobile, dopo l'inqualificabile esempio di omofobia alla rovescia (nel senso che se uno ha disprezzo di sé e di come è, per forza di cose attua una sorta di violenza contro la propria persona) di Gilberto Severini Il praticante, credevamo che il peggio fosse alle spalle. Macché. Tra capo e collo ci capita 'sto mattoncino di sabbia di mare e cemento (capita la metafora?) che non regaleremmo nemmeno al nostro peggior nemico (e a questo punto: perché comprarlo?).
E' la triste, nel senso di avvilente, storia di un ragazzino senza padre e madre che giocando in un nascondiglio sotto un vecchio palazzo, trova tracce della sosta di un ebreo che durante il '43, cioè nel periodo peggiore della repressione contro gli ebrei, riuscì ad evitare la cattura. Accanto a questa 'sinfonia' del dolore la storia parallela del ragazzino cresciuto di dieci anni che grazie ad un uomo che si prende cura di sé scopre un sacco di cose (chi erano i genitori, l'amore e la vendetta per amore). Risultato? Raccapricciante.
Stendiamo un velo pietoso sul rapporto d'amore tra il protagonista e la ragazza della sua vita (meglio ancora: su quello che si dicono. Un esempio: Il corpo in apnea si precipitò alle labbra per il più perfetto dei pareggi. 'Senti anche tu la stessa cosa, una ceralacca che chiude i bordi di una lettera?' Personalmente se un partner mi dicesse una cosa del genere lo prenderei a bottigliate sulle gengive). Stendiamo un velo pietoso sulle considerazioni che il protagonista fa della scrittura (e mi chiedo perché dovrebbe farlo, dal momento che non fa lo scrittore e leggiucchia qua e là): L'italiano va bene per scrivere, dove non serve la voce, ma per raccontare un fatto ci vuole la lingua nostra che incolla bene la storia e la fa vedere. Ma allora fallo, cazzo, non vedo perché ci ammorbi con un italiano pieno di metafore sbilenche e poi ti ricordi del dialetto solo quando ti pare. Oppure: E' così che fa uno scrittore? Non deve fare così. Lo scrittore dev'essere più piccolo della materia che racconta. Si deve vedere che la storia gli scappa da tutte le parti e che lui ne raccoglie solo un poco. M'accorgo che più che una considerazione sull'arte del narrare è un atto sincero di disistima. Perché De Luca ha veramente raccolto ben poco con questa storia (Il giorno prima della felicità? Quello di quando avremo la fortuna di non leggere porcate simili).
E poi quel finale meroliano (sì meroliano, da Merola, il cantore della sceneggiata) dove il ragazzo cresciuto affronta un camorrista perché non vuole dividere il suo amore destinato all'altro). Della serie: Scetateve, guagliune 'e mala vita, ca e 'tussecosa assai 'sta serenata: i' songo 'o nammurato 'e Margarita, ch'e 'a femmena cchiu bella d''a Nfrascata.
E il tzan tzan finale ce lo mettiamo?
di Alfredo Ronci
Ora evidentemente c'è qualcosa di sbagliato fra me e la letteratura più recente, se questo libro di De Luca lo considero alla stregua delle peggiori avventure narrative tra la fine 2008 e l'inizio 2009.
Siamo dunque al poker d'assi. O al poker d'asini, mi verrebbe da celiare. Dopo l'orrenda 'cosa' (non saprei come definirla) di Francesco Piccolo La separazione del maschio, dopo l'annichilente (e per fortuna che s'è ritirato dal Premio Strega... bontà sua) 'lezione' quarkiana di Daniele Del Giudice Orizzonte mobile, dopo l'inqualificabile esempio di omofobia alla rovescia (nel senso che se uno ha disprezzo di sé e di come è, per forza di cose attua una sorta di violenza contro la propria persona) di Gilberto Severini Il praticante, credevamo che il peggio fosse alle spalle. Macché. Tra capo e collo ci capita 'sto mattoncino di sabbia di mare e cemento (capita la metafora?) che non regaleremmo nemmeno al nostro peggior nemico (e a questo punto: perché comprarlo?).
E' la triste, nel senso di avvilente, storia di un ragazzino senza padre e madre che giocando in un nascondiglio sotto un vecchio palazzo, trova tracce della sosta di un ebreo che durante il '43, cioè nel periodo peggiore della repressione contro gli ebrei, riuscì ad evitare la cattura. Accanto a questa 'sinfonia' del dolore la storia parallela del ragazzino cresciuto di dieci anni che grazie ad un uomo che si prende cura di sé scopre un sacco di cose (chi erano i genitori, l'amore e la vendetta per amore). Risultato? Raccapricciante.
Stendiamo un velo pietoso sul rapporto d'amore tra il protagonista e la ragazza della sua vita (meglio ancora: su quello che si dicono. Un esempio: Il corpo in apnea si precipitò alle labbra per il più perfetto dei pareggi. 'Senti anche tu la stessa cosa, una ceralacca che chiude i bordi di una lettera?' Personalmente se un partner mi dicesse una cosa del genere lo prenderei a bottigliate sulle gengive). Stendiamo un velo pietoso sulle considerazioni che il protagonista fa della scrittura (e mi chiedo perché dovrebbe farlo, dal momento che non fa lo scrittore e leggiucchia qua e là): L'italiano va bene per scrivere, dove non serve la voce, ma per raccontare un fatto ci vuole la lingua nostra che incolla bene la storia e la fa vedere. Ma allora fallo, cazzo, non vedo perché ci ammorbi con un italiano pieno di metafore sbilenche e poi ti ricordi del dialetto solo quando ti pare. Oppure: E' così che fa uno scrittore? Non deve fare così. Lo scrittore dev'essere più piccolo della materia che racconta. Si deve vedere che la storia gli scappa da tutte le parti e che lui ne raccoglie solo un poco. M'accorgo che più che una considerazione sull'arte del narrare è un atto sincero di disistima. Perché De Luca ha veramente raccolto ben poco con questa storia (Il giorno prima della felicità? Quello di quando avremo la fortuna di non leggere porcate simili).
E poi quel finale meroliano (sì meroliano, da Merola, il cantore della sceneggiata) dove il ragazzo cresciuto affronta un camorrista perché non vuole dividere il suo amore destinato all'altro). Della serie: Scetateve, guagliune 'e mala vita, ca e 'tussecosa assai 'sta serenata: i' songo 'o nammurato 'e Margarita, ch'e 'a femmena cchiu bella d''a Nfrascata.
E il tzan tzan finale ce lo mettiamo?
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