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Il Paradiso degli Orchi
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RACCONTI

Simone Matteo Tiraboschi

Il pitone

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"Prendi il moffo, lo scaldi sul filtro della sigaretta" Incastra il cubetto nel filtro che tiene tra medio e anulare della mano sinistra aperta a conca: con l'accendino ci passa sopra per qualche secondo "Poi lo sbricioli" nel palmo della mano il cubetto marrone si sfalda e diventa tante briciole "Rompi la sigaretta dalla parte della colla" con la destra fa roteare la sigaretta e poi, individuato dove la carta si gira su se stessa, lecca seguendo la lunghezza. Apre la sigaretta e rovescia il tabacco sulle scaglie marroni che ha sull'altra mano "Ecco. Ora il difficile, dai la forma alla mista, prendi la cartina lunga e la metti sopra" "Voilà! altra mano sopra!"Sorride mentre mi chiude le mani orizzontali davanti al muso serissimo "Tac! Giri! Non è finita: rolli piano piano, per dare la forma, metti il filtro, tu sei mancino ma io lo metto a destra." Ora abbassa lo sguardo sull'involto aperto, mette pollice e indice di entrambe le mani a destra e a sinistra dell'involto "Questo è il tocco fondamentale: fai scivolare la cartina sotto la colla, giri, lecchi e chiudi. È una questione di velocità. Ti faccio vedere un'altra volta, ecco, facile, ci devi fare l'abitudine se no diventa un bob."

Usciamo dallo spogliatoio della piscina, ci nascondiamo dietro un cespuglio a ridosso della olimpionica deserta: l'acqua gorgoglia incessante alle nostre spalle, rilassa, un forte odore di piedi e cloro risale dalle piastrelle, c'è un metro d'ombra fatta dalla siepe dove stare seduti.

Accende e fa un tiro profondo, una nube grigio verde esce dalla sua bocca rossa, chiude gli occhi e mi scivola di fronte infilandosi tra le mie gambe: mentre tento di tirare lei mi fissa e con una mano mi abbassa la patta, è sicura e dolce, continuo a tirare affondando nella siepe.

Ogni volta che vedo qualcuno girarsi una sigaretta è a questo che penso, io avevo quindici anni, lei venti, era la mia animatrice dei centri estivi, che gioia.

Il tipo si accorge che lo fisso e mi gira le spalle, la struttura di tubi innocenti dove sono appoggiato sussulta, un amico del DJ è stramazzato di fianco ai piatti e non capisco se rantola o ride.

Tecno, Trance, Minimal, Breakbeat, Jungle, Goa: a questo rave improvvisato in una cascina abbandonata non manca nulla: idioti con orecchini nei posti più brutti, ciccione con i capelli viola, un paio di tossici che scaldano la ketamina, una serie di fighetti che si fumano Marlboro e urlano dietro alle ragazze, probabilmente strafatti di coca: per calmarsi si passano un bottiglione di aranciata probabilmente corretto con MDMA. A lato, segnalato da un cartone scritto male, il banchetto delle birre da cinquanta a due euro e gli shot di rum e pera a uno.

Bevo, domani mattina (tra due ore circa) non lavoro quindi stasera mi sfascio: dovrò pur investire in qualcosa i miei settecento euro mensili.

Sono già a buon punto: in quello stato dove fisso una persona pensando alla mia bella giovinezza, la fase successiva è sentirmi vecchio e inadeguato, quella finale è fottermene e tentare di ballare in maniera ridicola.

Sono a piedi, o meglio, in auto con un amico che barcolla vistosamente parlando con una sua amica bruttina: lei non si ritrae, ride e si lascia sfiorare il collo e le spalle scoperte.

La musica è assordante e molti sembrano non sapere esattamente cosa dovrebbe accadere: alcuni ciondolano davanti alle due file di casse entusiasti o evitando di tracollare fra i piedi degli altri, la maggior parte parla con un compagno ma scruta il divenire della festa con una certa riluttanza.

Esco dalle stroboscopiche e mi infilo dietro la cascina: un piccolo cortile quadrato che da su un canale largo cinque metri circondato dalla boscaglia, al centro una luce gialla disegna un cerchio.

"e quello lo fissava con la bocca aperta e gli occhi fissi, lo seguiva se lui si spostava nella stanza." "qui ci sono gli alieni. Il proprietario della Bettolaccia, la pizzeria per girare giù, li ha visti: luci che giravano sopra la cascina, c'è rimasto sotto e non solo lui"

"Il Bose pensava che fosse malato perchè non mangiava più, stava lì con la testa alzata e gli occhi fissi, la bocca aperta. Allora l'ha portato dal veterinario"

"ho sentito anch'io queste pazzie, sei sicuro?"

"li leggi i giornali cazzone: c'era sull'Eco un paio di mesi fa. Dicevano che venivano soldati qui con gli elicotteri. E secondo te per che cazzo ci venivano? Perché sanno che c'è qualcosa. Avevano i metal detector"

"lo so anch'io che il Bose è un coglione ma sai che cazzo gli ha detto il veterinario: non era malato stava prendendo le misure per mangiarsi lui. Ha detto che o lo dava a uno zoo o lo sopprimeva. Quelle bestia era diventata lunga un metro e mezzo" Risate che mi contagiano, mi faccio offrire una sigaretta da quelli degli alieni che ora stanno in silenzio girati verso il canale che si fa sentire e non vedere come la mia piscina dei centri estivi.

"tu ci scherzi ma lo sai che in California un tipo si è addormentato e il pitone di due metri gli ha stritolato la figlia. Ha dovuto liberarla a coltellate ma la figlia era già morta."

Cozzo contro qualcosa a pochi passi dai due gruppetti, una cosa molle, mi appendo a una colonna di ferro per non cadere.

Un'ombra è distesa rannicchiata come un feto, m'abbasso e la tasto sulla schiena con due dita: un viso incredibilmente bianco con occhi pesti si volge nel mio senso.

"se mi vuoi scopare non fare casino che sto dormendo." Gira la testa di lato e sputa.

"stai bene?"

"se stessi bene sarei stesa per terra? Sto decidendo in che incubo vivere."

"ok."

Mi alzo e ritorno in pista, stordito.

"Matte! Dov'eri finito ti cerco da un sacco" una ragazza con la quale non ho mai scambiato più di saluti e qualche convenevole.

"figata sto posto! Sai che ci sono gli alieni?" l'alito le puzza di rum

"in generale o qui alla festa?"

"scemo, qui in campagna"

"ah.."

"mi ha mollato Fabio, un coglione, ha detto che non vuole venire a convivere con me. Ti credo se non mi scopi per due mesi è chiaro che ti passa la voglia" non ricordo di aver fatto pensieri sporchi su di lei nonostante la conosca dai tempi del liceo.

"non so come fai tu, sei sempre libero e fai quello che vuoi"

"basta lavorare dalle cinque a mezzogiorno tutti i giorni"

Mi offre un tiro, non rifiuto anche se è da anni che non ne fumo: inspiro con calma e trattengo il fumo per qualche secondo. Un metro e settanta, capelli neri a caschetto e viso struccato un po' da maschiaccio nonostante i tratti gentili, labbra sottilissime e scarlatte.

"non fumavo da un secolo"

"nanch'io" Mi bacia sulla guancia vicinissimo alla bocca, percepisce il mio alito e mi allontano.

"sono venuta con un tipo ma è troppo sfatto e mi sa che è andato a dormire in macchina"

"peggio per lui"

La prendo per mano, andiamo dietro la cascina.

"Fabio non sa che sono un'artista, lo sai che disegno?"

"mmm" ci appoggiamo alla ringhiera: il canale sotto di un paio di metri è inchiostro.

"non ha mai guardato un mio disegno e non voleva venire alle mostre con me, a me piace Picasso"

"a me Bosch"

"Bosch? come quello dei trapani, mi stai prendendo in giro"

"forse sì" sono sicuro e dolce, la mia mano scivola sotto la sua camicetta di cotone grezzo e incontra il seno caldo senza reggiseno. La bacio con trasporto cinematografico, il canale continua a smaltire i rifiuti tossici di qualche tessile lì vicino, la sua marcia è contagiosa, rassegnata e inarrestabile.

Appoggio la schiena alla ringhiera, lei mi viene davanti strusciando il suo pube, appena percettibile sotto una gonna leggera e lunga, contro il mio che finalmente sussulta per qualcosa di reale: ha gli occhi chiusi, la lingua grande e appena umida, io affondo all'indietro, cerco gli alieni in uno spicchio di cielo viola, proprio dietro la sua testa.





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