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RACCONTI

Luigi Rocca

La passeggiata del professor Eugenio

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Spesso la vita riesce a sorprenderci nei modi più impensati, magari preparando l’evento da lontano (dalla nostra nascita, sostiene qualcuno) e quando ce ne accorgiamo non possiamo che accettare il fatto compiuto. Il professor Eugenio, per esempio, se ne accorse per caso mentre passeggiava senza una meta o un pensiero particolare. Inizialmente era uscito di casa solo per comprare il giornale, poi aveva superato l’edicola con l’idea di raggiungere la libreria, perché era da troppo tempo che non entrava a controllare le novità, che per lui significava prendere uno dei libri messi in bella mostra sul banco centrale e sfogliarlo distrattamente, dando una scorsa alle prime righe o al risvolto di copertina, alla ricerca di qualche motivo per poterlo criticare senza bisogno di leggerlo. Comunque non si era fermato neanche in libreria, limitandosi a lanciare un’occhiata rapida alla vetrina dove erano allineate le fotografie degli autori. Insomma, proseguì senza sapere bene neanche lui dove avesse voglia di andare.
Gli era sempre piaciuto camminare pensando ai fatti propri, perdendosi in considerazioni più o meno profonde o dialogando dentro di sé con qualche amico, magari correggendo conversazioni realmente accadute dove sentiva di non aver saputo ribattere nel modo più appropriato. Ed era stato proprio durante uno di questi pensieri che se n’era accorto: ad ogni passo che faceva gli si stava cancellando un ricordo. Visi, nomi, parole, non aveva importanza: un passo valeva un ricordo cancellato. In quel momento stava infatti ripensando a una discussione avvenuta pochi giorni prima con un altro professore e - ricordava bene - a una affermazione dell’interlocutore lui aveva ribattuto brillantemente, tanto da ridurre al silenzio l’avversario. Ripercorrere con la mente questi momenti gli dava una grande soddisfazione. Solo che adesso dopo un passo si rese conto di aver dimenticato la sua risposta, dopo un altro l’argomento della discussione e al terzo era sparito anche il collega.
Questo fatto inizialmente non l’aveva preoccupato troppo, anzi il professor Eugenio ne aveva addirittura sorriso. Non era più giovane ormai e da tempo aveva l’impressione che i ricordi si staccassero dalla sua mente come foglie morte dai rami. Le foglie morte si raccolgono con la pala, si disse, citando una delle canzoni che amava maggiormente. Ma dopo un passo si accorse di non ricordare il verso seguente, poi il titolo ed ecco che tutta la canzone era scomparsa dalla sua memoria come se non fosse mai esistita. Ci rimase male perché non era mai arrivato a questo punto.
Cercò allora qualcosa che potesse mettere alla prova la teoria che cominciava ad affacciarsi dentro di lui e decise di ripetere tra sé e sé le province della Lombardia, un sonetto di Dante, i sette re di Roma... Riuscì con grande sollievo a ricordarli tutti di seguito e questo lo tranquillizzò. Quando, però, appena svoltato l’angolo, volle provare una seconda volta, di re gliene mancava uno, più avanti due, tre e così via, fin quando l’idea stessa di età monarchica lo abbandonò del tutto, come anche l’età repubblicana, quella imperiale o la caduta del… Cosa era caduto di tanto importante da far iniziare il…? Si fermò, cercando di calmarsi con qualche respiro profondo, mentre le persone gli passavano accanto senza rendersi conto di cosa gli stesse accadendo.
Volle provare con un ricordo più personale, qualcosa che lo riguardasse direttamente. Il viaggio con la sua prima fidanzata, sì, quella vacanza breve e intensa sulla Costiera amalfitana. Indimenticabile, aveva sempre detto. Uno dei ricordi che avrebbe conservato per sempre. Eppure appena riprese a camminare, cominciò a domandarsi dove fosse andato, con chi e perché mai avesse fatto quel viaggio. Si fermò di nuovo.
Ricominciamo dal principio, si disse: l’importante era evitare di cadere nel panico. Per prima cosa si domandò se ricordava ancora il proprio nome e che si chiamava Eugenio non l’aveva ancora dimenticato. Si concentrò allora sulla propria moglie, sui figli e poi i genitori, i fratelli… Per fortuna c’era ancora tutto e si sentì sollevato. Avanzò di un passo e provò a ripetere i nomi appena ricordati per accorgersi che mancava qualcosa: uno dei due fratelli proprio non riusciva a tornargli in mente, neanche se fosse il più grande o il più piccolo. Al secondo passo gli sembrò di essere sempre stato figlio unico, al terzo… No, il terzo passo non volle farlo per timore di cancellare dalla memoria anche i suoi genitori. Rimase lì immobile, senza nessuna intenzione di andare avanti.
Gli venne in mente che forse c’era ancora una speranza di risolvere il suo caso: magari camminando all’indietro, un passo per volta, lungo il tratto percorso, c’era la possibilità che gli tornassero i ricordi smarriti. Ogni passo a ritroso un ricordo ritrovato. Certo si sarebbe reso ridicolo davanti a tutti i passanti (un illustre professore che camminava come un gambero), ma se quello era l’unico modo per recuperare ciò che aveva perso, valeva la pena tentare. Stava per cominciare quando un nuovo dubbio lo fermò: e se non avesse funzionato? Se anche quei passi anzi avessero avuto lo stesso effetto degli altri? Non si fidò. Non volle fidarsi. Gli pareva che i pochi ricordi contenuti adesso nella sua memoria fossero troppo importanti per rischiare di perderli, così si rifiutò di muoversi, senza preoccuparsi delle ore e della gente che gli scorrevano intorno.
Neanche il vigile, neanche gli infermieri riuscirono a convincerlo a spostarsi almeno fino all’ambulanza parcheggiata al bordo del marciapiede. Il professor Eugenio preferì lasciarsi trascinare via mantenendo una ostinata immobilità, mentre dietro le labbra serrate continuava a ripetersi i nomi più cari per non permettere anche a loro di svanire.



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