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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Shane Stevens

Io ti troverò

Fazi, Pag. 798 Euro 19.50
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C'è un romanzo di Dorothy Sayers in cui un tale, una notte, mentre se ne sta solo in casa sua, viene soppresso per mezzo d'un peso sganciato da un meccanismo il cui funzionamento è provocato dall'abitudine della vittima d'accendere la radio sempre ad una certa ora, di porsi davanti all'apparecchio sempre ad una certa posizione e di chinarsi giusto sino ad un certo punto. Basterebbero un paio di centimetri di scarto, da una parte o dall'altra, e i lettori non avrebbero pane per i loro denti. Questo volgarmente si dice avere il Padreterno dalla propria parte; e a un assassino che avesse bisogno di tanto aiuto dalla Provvidenza, io consiglierei di cambiar mestiere.

A parlare è Raymond Chandler nell'introduzione al suo fondamentale libro (e provocatoriamente chiamato) La semplice arte del delitto.

Aggiungo, completando il pensiero dello scrittore: se proprio qualche assassino volesse adottare un sistema del genere per accoppare gente, l'unico a finirci 'sotto' sarebbe lo Sheldon di Big Bang Theory (ma questa è un'altra storia!) .

Perché si chiosa in siffatta maniera? Perché la materia del contendere diventa un romanzo che l'editore (Fazi in questa occasione) presenta come un vero e proprio evento (scritto nel 1979 ma mai più editato perché si erano perse le tracce dell'autore e quindi si era nell'impossibilità di direzionare i diritti, e poi, sempre l'autore, è riapparso improvvisamente per morire nel 2007), accompagnato in più dagli strilli dei mestieranti e dagli artigiani del genere. Ecco dunque il re del Maine che lo omaggia ne La metà oscura, John Connolly che afferma che l'eroe del romanzo è uno dei più inquietanti mai apparsi, e per non farci mancare nulla, James Ellroy che definisce Io ti troverò un libro immenso.

A noi poi viene il sospetto che il paragone dell'opera in oggetto con altre 'pietre miliari' (ci si affanna tra La dalia nera, Il silenzio degli innocenti e addirittura – signora mia – il capotiano A sangue freddo) manchi del tutto dell'aggancio sociologico (quello psicanalitico lo vediamo troppo scontato): che è come dar ragione, senza tema di smentita, a Chandler e alla sua semplice arte del delitto.

Perché, e cito ancora lo scrittore di Chicago: I ragazzi con i piedi sulla scrivania sanno per esperienza che il caso più facile da risolvere è senz'altro quello in cui qualcuno ha cercato di fare troppo il dritto; il delitto che può provocare, invece, i più seri grattacapi è quello su cui qualcuno ci ha pensato sì e no due minuti, prima di compierlo.

Qui il protagonista invece, Thomas Bishop, internato in una clinica psichiatrica dopo aver ammazzato la madre a dieci anni, elabora una serie infiniti di trovate e tranelli che l'Enciclopedia Britannica a stento gli starebbe dietro e si permette pure, nel finale, di vestirsi da donna, senza che nessuno mortale, e dico nessuno, possa accorgersi del contrario, nemmeno fosse la trans con cui s'accompagnava Marrazzo. Ma dài!

Stevens nel 1979, nell'anno dell'uscita del libro, ci ha marciato: ha sentito che aria tirava e ha scritto un fumettone (parafrasando noi italiani la moda cinematografica del film di natale, potremmo dire un libro-panettone) con le dovute accortezze e con abilità da professionista.

Ma tutto ciò non ha nulla a che vedere coi veri delitti e con la socio-psicologia. Stevens al massimo lo si può considerare un amichetto da lettura, perché come dicono i napoletani 'O vero amico 'o ricanusce 'a comme te dice 'e fessarie! (Il vero amico lo si riconosce da come racconta le fesserie!).



di Alfredo Ronci


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