RECENSIONI
Luis Alberto Urrea
L'autostrada del diavolo
XL Edizioni, Pag. 262 Euro 13,50
Diciamo così: 'ognuno ha le sue croci' (che, considerando la materia, come vedremo, può avere in senso lato e geografico un significato anfibologico) e 'il più pulito c'ha la rogna'.
Espressioni queste che cadono a cecio se si pensa al contenuto di questo splendido libro: perché si parla di immigrazione clandestina, di viaggio nell'incognito, di viaggi della speranza. Espressioni quest'ultime, al contrario, troppo spesso consunte dal luogo comune e da una sorta di cinismo occidentale.
Siamo al confine tra Messico e Usa, in quella striscia di terra che è un po' come le nostre coste del sud: un 'approdo' continuo di disgraziati vinti dalla disperazione e dalla necessità.
Di chi è dunque la croce? Dello stato che deve ricevere o del 'clandestino' che deve fuggire dal proprio paese nella speranza di avere quello che gli dovrebbe aspettare per giustizia e natura?
Nel deserto almeno una persona al giorno, di media, continua a morire, e questo accade proprio nelle ultime miglia,quando sono a un passo dal raggiungere le coste americane. (Pag. 250).
L'autostrada del diavolo narra la vicenda di ventisei messicani che per scoramento decidono di attraversare il deserto per raggiungere quella che potrebbe essere la terra del riscatto. Arriveranno a 'destinazione' solo quattordici, gli altri moriranno bruciati dal sole implacabile di terre inospitali.
Ma si diceva: il più pulito c'ha la rogna. E' la rogna dei politici del paese da cui si parte: Dopo tutto il Messico ama così tanto i martiri quanto detesta confrontarsi sulla disastrosa e disonesta politica che ha costretto alcuni suoi concittadini ad abbandonare le loro case per abbrustolirsi nel deserto occidentale. (pag.51). E' la rogna del paese che dovrebbe ospitare che, simile a molti, nasconde dietro una parvenza di falsa accoglienza, una politica di razzismo e 'dis-integrazione'. E dove il cittadino comune ignora la tragedia per un pactum sceleris con la propria coscienza. Molti americani non sanno che anche parecchi rifugiati russi o cinesi arrivano a Desolation (Pag. 53). E' la rogna dei venditori di fumo, di coloro che si approfittano delle necessità e delle disperazioni altrui, per arricchirsi e speculare. In questo specifico caso c'è anche di più: Nel 2003, la stampa dell'Arizona riportò che i Coyote usavano un nuovo prodotto chimico a basso costo per accelerare la velocità dei clandestini. Si scoprì che erano le pillole dimagranti di efedrina, economiche, efficaci e facilmente reperibili. Sembra infatti che le sostanze preferite dai Coyote siano i brucia-grassi. Una dose di otto pillole a botta ti mette addosso una carica febbrile. (Pag.89-90).
L'autostrada del diavolo è un libro che paradossalmente non andrebbe suggerito, ma imposto e la segnalazione non dovrebbe avere il significato di mera informazione, ma di conferma di una necessità oggettiva del suo 'uso'. E' un'operazione di alto giornalismo o di grande umanità. Quando si legge: Sembrava si stessero per svegliare. Avevano quasi tutti gli occhi aperti. Da un paio di corpi fuoriuscì uno sbuffo di gas. Sembrò un lamento. Qualcosa che frusciava. Se tendevi l'orecchio poteva sembrare un mormorio (Pag.224) ti accorgi che la testimonianza, ancor più che un atto di denuncia, diventa una sorta di com-passione, di com-partecipazione al dolore dei morti e al dolore di quelli che sono sopravvissuti. Una condizione assoluta che suscita pietas.
La traduzione del libro restituisce alla perfezione il senso di sgomento di fronte alla tragedia, con una perfetta adesione alla sofferenza del vivere.
di Alfredo Ronci
Espressioni queste che cadono a cecio se si pensa al contenuto di questo splendido libro: perché si parla di immigrazione clandestina, di viaggio nell'incognito, di viaggi della speranza. Espressioni quest'ultime, al contrario, troppo spesso consunte dal luogo comune e da una sorta di cinismo occidentale.
Siamo al confine tra Messico e Usa, in quella striscia di terra che è un po' come le nostre coste del sud: un 'approdo' continuo di disgraziati vinti dalla disperazione e dalla necessità.
Di chi è dunque la croce? Dello stato che deve ricevere o del 'clandestino' che deve fuggire dal proprio paese nella speranza di avere quello che gli dovrebbe aspettare per giustizia e natura?
Nel deserto almeno una persona al giorno, di media, continua a morire, e questo accade proprio nelle ultime miglia,quando sono a un passo dal raggiungere le coste americane. (Pag. 250).
L'autostrada del diavolo narra la vicenda di ventisei messicani che per scoramento decidono di attraversare il deserto per raggiungere quella che potrebbe essere la terra del riscatto. Arriveranno a 'destinazione' solo quattordici, gli altri moriranno bruciati dal sole implacabile di terre inospitali.
Ma si diceva: il più pulito c'ha la rogna. E' la rogna dei politici del paese da cui si parte: Dopo tutto il Messico ama così tanto i martiri quanto detesta confrontarsi sulla disastrosa e disonesta politica che ha costretto alcuni suoi concittadini ad abbandonare le loro case per abbrustolirsi nel deserto occidentale. (pag.51). E' la rogna del paese che dovrebbe ospitare che, simile a molti, nasconde dietro una parvenza di falsa accoglienza, una politica di razzismo e 'dis-integrazione'. E dove il cittadino comune ignora la tragedia per un pactum sceleris con la propria coscienza. Molti americani non sanno che anche parecchi rifugiati russi o cinesi arrivano a Desolation (Pag. 53). E' la rogna dei venditori di fumo, di coloro che si approfittano delle necessità e delle disperazioni altrui, per arricchirsi e speculare. In questo specifico caso c'è anche di più: Nel 2003, la stampa dell'Arizona riportò che i Coyote usavano un nuovo prodotto chimico a basso costo per accelerare la velocità dei clandestini. Si scoprì che erano le pillole dimagranti di efedrina, economiche, efficaci e facilmente reperibili. Sembra infatti che le sostanze preferite dai Coyote siano i brucia-grassi. Una dose di otto pillole a botta ti mette addosso una carica febbrile. (Pag.89-90).
L'autostrada del diavolo è un libro che paradossalmente non andrebbe suggerito, ma imposto e la segnalazione non dovrebbe avere il significato di mera informazione, ma di conferma di una necessità oggettiva del suo 'uso'. E' un'operazione di alto giornalismo o di grande umanità. Quando si legge: Sembrava si stessero per svegliare. Avevano quasi tutti gli occhi aperti. Da un paio di corpi fuoriuscì uno sbuffo di gas. Sembrò un lamento. Qualcosa che frusciava. Se tendevi l'orecchio poteva sembrare un mormorio (Pag.224) ti accorgi che la testimonianza, ancor più che un atto di denuncia, diventa una sorta di com-passione, di com-partecipazione al dolore dei morti e al dolore di quelli che sono sopravvissuti. Una condizione assoluta che suscita pietas.
La traduzione del libro restituisce alla perfezione il senso di sgomento di fronte alla tragedia, con una perfetta adesione alla sofferenza del vivere.
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