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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Ricardo Menéndez Salmon

L'offesa

Marcos y Marcos, Pag.152 Euro 13,50
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Qualche anno fa (per la precisione nel 1998) Einaudi ristampò un prezioso volume di William Sheridan Allen, professore universitario nel Missouri, Come si diventa nazisti, in cui l'autore, studiando la storia di una piccola città della Germania, Thalburg (in realtà Nordheim) durante gli anni della Repubblica di Weimar e i primi anni del Terzo Reich, cercava di comprendere i meccanismi che avevano portato la popolazione ad assecondare le follie naziste. E le conclusioni erano altresì amare: che non è vero che le condizioni storiche differenti (tra cui un livello più alto di sviluppo e di istruzione) impediscano un rigurgito antidemocratico e dittatoriale, perché quando una comunità politica procede a piccoli passi verso l'abisso, nessuno è in grado di prevedere quale forma concreta il disastro prenderà, né in quale punto esso esattamente verrà a collocarsi.

Il romanzo dell'asturiano Menéndez Salmon è la dimostrazione lampante della discesa agli inferi di un'anima apparentemente "normale" che "normalmente" risale la china fino a riappropriarsi della propria esistenza collocando l'orrore in un angolino della mente.

Kurt, che capiva poco di politica e considerava la disciplina fisica e la professione di fede nella forza un tantino oscene, si rifugiava durante queste tirate nel ricordo della musica che suonava per le donne timorate di Dio con l'organo della chiesa di San Nicola. (pag.32)

Non basta considerare oscene le dimostrazioni di forza di un regime per poterle superare: spedito al seguito della Sesta armata, Kurt riuscirà a sopravvivere finché, nella battaglia nazista contro la Francia, assisterà, per ordine di un suo superiore, all'eccidio di novantuno civili francesi, bruciati vivi in una chiesa. E qui il suo corpo e la sua mente cedono. Sarà ricoverato in un ospedale dove conoscerà Ermelinde, un'infermiera che dopo anni sposerà.

L'intreccio del romanzo non è originale, la stessa Marcos y Marcos un paio di anni fa pubblicò Il nazista e il barbiere di Edgar Hilsenrath (trattato anche dal Paradiso e lo trovate nel nostro archivio) dove un nazista coinvolto nell'eccidio degli ebrei, alla fine della guerra si fa passare per ebreo e finisce in Palestina a combattere a fianco del movimento sionista.

Nel romanzo di Salmon il versipellismo del protagonista può essere visto in un'altra chiave: non un vero capovolgimento di fronte ideologico, ma una vera e propria "frattura" mnemonica che gli impedisce di fare i conti fino alla fine col proprio passato. Passato che all'improvviso si riaffaccerà dopo molti anni con la visita di quattro persone che lo faranno sprofondare di nuovo nel terrore e nel ricordo cancellato di una strage inutile.

Romanzi come questo inducono ad una riflessione che cozza contro il buon senso, ma che ripropongono per l'ennesima volta il quesito alla base di ogni considerazione storica: quanto del libero arbitrio sopravvive quando una forza concentrazionista supera barriere ideologiche e mentali e pervade l'intero sistema cognitivo? Si può resistere al male quando il male è ovunque? Si può disobbedire ad un ordine, quando quell'ordine proviene da un'autorità pervasiva che può disporre della nostra esistenza in qualsiasi momento?

La banalità del male, come ci ha insegnato la Harendt seguendo il processo a Eichmann, sta proprio nell'accettazione prona di ogni singulto reazionario. Insegnare una difesa migliore è obbligo delle democrazie.







di Alfredo Ronci


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