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RECENSIONI

Fred Vargas

L'uomo dei cerchi azzurri

Einaudi, Pag. 238 Euro 15,50
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L'altra notte Fred Vargas mi ha preso a pagina 22 e mi ha lasciato andare solo verso pagina 190. Mi ha costretta ad andare a dormire alle 4 di notte. Non è stato facile ammetterlo, dopo che mi ero autoconvinta che L'uomo dei cerchi azzurri fosse un po' sempliciotto e ben poco intelligente. Invece dopo le pagine di avvio il romanzo prende una piega inaspettata, il mistero si infittisce e le conversazioni dei protagonisti si fanno molto brillanti. È un groviglio talmente avvincente che non capisci mai se quello che pensi di un personaggio sia vero o se inganni la tua percezione. Dubiti anche un po' delle tue doti logiche.

Il protagonista Adamsberg sembra un prisma di vetro che cangia a ogni rifrangersi di luce, un attimo intelligente e perspicace, l'attimo dopo sconclusionato e inconsistente. Danglard, sua controparte iperrazionale e coi piedi ben piantati a terra (anche dal suo peso per nulla trascurabile), discute i casi da risolvere coi propri figli mentre si ubriaca col vino bianco, diventando inservibile dopo le 4 del pomeriggio. Poi c'è Mathilde, una regina egizia, scienziata stravagante e sensibile con uno stile di vita reazionario che alterna momenti di solitudine catatonica nel profondo dei mari per studiare i pesci e settimane di studio degli esseri umani seguiti a caso per la città. Così incontra Charles un cieco bello e scontroso col fiuto di un segugio.

La squadra scalcagnata è al completo. E anche se il linguaggio del romanzo ci mette del suo per rendere i personaggi più gustosi, questi non sono mai troppo diversi dalle persone vere. Hanno delle debolezze, diventano antieroi per poi all'occorrenza tornare all'origine e salvare il salvabile.

Amo i gialli, ma in genere li considero letture di secondo piano, distensive e rilassanti, da alternare alla letteratura seria. Spesso thriller e noir sono scontati e banali. Ci sono i voltafaccia, ma sono ovvi, ci sono soluzioni ingegnose però già note dall'inizio, oppure ci sono epiloghi sconvolgenti ma resi con tale superficialità da annullarne l'effetto sorpresa. Fred Vargas invece è brava. Mostra dei guanti che poi rivolta e rigira di nuovo. Disvela il segreto dietro all'apparenza e poi da le chiavi della scoperta come fossero un dono. Non si figura dei lettori stupidi, ma nemmeno li costringe ad essere troppo attenti. L'attenzione gliela si regala volentieri, ma si può anche abbassare la guardia, tanto ci pensa lei a riportare i propri lettori dentro la storia. Spiega senza essere didascalica e fa una danza dei veli per mostrare a poco a poco.

Ma la cosa assolutamente più gustosa che la scrittrice fa è narrare i caratteri e le psicologie dei personaggi. Così c'è lo spazio per l'approfondimento e la riflessione costringe anche a fare un po' i conti con le proprie manie e ossessioni. I dubbi sono accarezzati come compagni di viaggio e anche il commissario più infallibile è un perdente in qualche settore della propria vita. Come dice Charles Adamsberg non ha bisogno di distrarsi per vivere. Quindi vive, mescolando tutto, mescolando le grandi idee e i piccoli particolari, mescolando le impressioni e le realtà, mescolando i verbi e i pensieri. Confondendo le credenze dei bambini e la filosofia dei vecchi. Ed è proprio questo il segreto alla base della costruzione dei personaggi di Fred Vargas. Non c'è niente di troppo sciocco né di troppo alto per essere utilizzato nel personalissimo metodo induttivo del commissario. La differenza sta solo nel come si mescolano gli ingredienti.

Adamsberg, come è ovvio, risolve brillantemente il caso.

La Vargas è decisamente un'ottima alchimista.



di Enrica Murru


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