RECENSIONI
Kjell Ola Dahl
L'uomo in vetrina
Marsilio, Pag. 488 Euro 19,00
Non so se convenga ancora dirlo, ma è ormai è un dato di fatto che la letteratura poliziesca scandinava ha fatto breccia nei nostri cuori. Notate poi: ho detto scandinava e non svedese. Certo, ormai siamo abituati a fare i conti col ciclo di Wallander di Henning Mankell, ci prepariamo a tuffarci nella Millennium Trilogy di Stieg Larsson, abbiamo preso confidenza con le istanze lesbo-femministe di Asa Larsson, ci siamo "storti" per i cambi di prospettiva di Leif GW Persson, abbiamo esultato per Hakan Nasser (ricordiamo che gli orchi "sentenziarono" che il suo Il ragazzo che sognava Kim Novak era stato tra i più bei libri di tutto il 2007). E aggiungerei, e non credo di essere prolisso o saccente, che il movimento noir svedese, prima ancora di approdare, tranne qualche eccezione, a Marsilio, s'era gia timidamente affacciato nella collana poliziesca per eccellenza: il Giallo Mondadori. Non possiamo dimenticare l'Ake Edwardson de Il passo della morte, la Liza Marklund (poi "deviata" anche su altri lidi italici) di Delitto a Stoccolma e l'Ulf Durling, premio dell'Accademia svedese del Giallo de L'ospite che non arrivò.
Però, come ho detto prima, ho parlato di narrativa scandinava, presupponendo non solo i talenti svedesi, ma anche quelli finlandesi e norvegesi.
Il noir norvegese è meno presente (per quello finlandese attenderei qualche annetto prima di presentare una lista quanto meno esaustiva), senza dubbio, ma ha le carte in regola per competere con quello svedese: e tra l'altro due noir abbastanza recenti hanno dei punti in comune trattando la stessa materia: la seconda guerra mondiale e l'occupazione nazista. Parlo de Il pettirosso di Jo Nesbo, opera prima dello scrittore di Oslo (in Italia però è già uscito un secondo romanzo della seria dedicata alla figura dell'affascinante Harry Hole) e de L'uomo in vetrina di Kiell Ola Dahl.
La nostra recensione è dedicata a quest'ultimo.
Se dovessimo tentare un paragone con altri giallisti – che serve sempre innanzitutto per delimitare il terreno e poi per offrire indicazioni più sbrigative, senza essere superficiali, ai lettori interessati – farei subito due nomi, quello di Simenon e quello di Nesser.
Intendiamoci, i paragoni non servono a livellare le argomentazioni e fare di tutt'un'erba un fascio, anzi, nell'accostare autori di estrazione diversa e di tempi diversi, si tenta di scovare una comunanza d'intenti non disgiunta dalle differenziazioni inevitabili.
Accosto Ola Dahl a Simenon per la dinamica delle operazioni: ossia, un delitto e gli interrogatori a tutti i protagonisti della vicenda e attraverso questo fiume di notizie si avviano una serie di riscontri che portano poi alla soluzione finale. Qualcuno dirà: beh, ma questo non era un procedimento, anche abusato, del giallo della golden age? Certo, ma il poliziesco anglosassone era strutturato in modo che la serie di riscontri fosse elaborata da un unico cervello infallibile: l'investigatore, deus ex machina, del caso. Nei libri di Simenon e nel giallo di Ola Dahl, l'apporto di chi conduce le indagini è fondamentale, ma si arricchisce di intuizioni meno legate alla spettacolarizzazione delle proprie materie grigie (come avrebbe detto Poirot), ma ad aspetti più legati alla socializzazione.
Nesser c'entra perché ne L'uomo in vetrina vi si respira quell'aria nostagica e rallentante, quasi chiotta, che fa grandi i romanzi dell'autore de Il ragazzo che sognava Kim Novak.
La trama? Poche righe: un uomo anziano viene ritrovato cadavere nella vetrina del suo negozio d'antiquariato e sul corpo trovano dei segni alfanumerici. Le indagini sono svolte dal commissario capo Gunnarstranda e dal suo braccio destro l'assistente Frolich. Una nuova coppia per rinverdire vecchie tradizioni? Staremo a vedere.
Per ora una lettura piacevole e avvincente.
di Alfredo Ronci
Però, come ho detto prima, ho parlato di narrativa scandinava, presupponendo non solo i talenti svedesi, ma anche quelli finlandesi e norvegesi.
Il noir norvegese è meno presente (per quello finlandese attenderei qualche annetto prima di presentare una lista quanto meno esaustiva), senza dubbio, ma ha le carte in regola per competere con quello svedese: e tra l'altro due noir abbastanza recenti hanno dei punti in comune trattando la stessa materia: la seconda guerra mondiale e l'occupazione nazista. Parlo de Il pettirosso di Jo Nesbo, opera prima dello scrittore di Oslo (in Italia però è già uscito un secondo romanzo della seria dedicata alla figura dell'affascinante Harry Hole) e de L'uomo in vetrina di Kiell Ola Dahl.
La nostra recensione è dedicata a quest'ultimo.
Se dovessimo tentare un paragone con altri giallisti – che serve sempre innanzitutto per delimitare il terreno e poi per offrire indicazioni più sbrigative, senza essere superficiali, ai lettori interessati – farei subito due nomi, quello di Simenon e quello di Nesser.
Intendiamoci, i paragoni non servono a livellare le argomentazioni e fare di tutt'un'erba un fascio, anzi, nell'accostare autori di estrazione diversa e di tempi diversi, si tenta di scovare una comunanza d'intenti non disgiunta dalle differenziazioni inevitabili.
Accosto Ola Dahl a Simenon per la dinamica delle operazioni: ossia, un delitto e gli interrogatori a tutti i protagonisti della vicenda e attraverso questo fiume di notizie si avviano una serie di riscontri che portano poi alla soluzione finale. Qualcuno dirà: beh, ma questo non era un procedimento, anche abusato, del giallo della golden age? Certo, ma il poliziesco anglosassone era strutturato in modo che la serie di riscontri fosse elaborata da un unico cervello infallibile: l'investigatore, deus ex machina, del caso. Nei libri di Simenon e nel giallo di Ola Dahl, l'apporto di chi conduce le indagini è fondamentale, ma si arricchisce di intuizioni meno legate alla spettacolarizzazione delle proprie materie grigie (come avrebbe detto Poirot), ma ad aspetti più legati alla socializzazione.
Nesser c'entra perché ne L'uomo in vetrina vi si respira quell'aria nostagica e rallentante, quasi chiotta, che fa grandi i romanzi dell'autore de Il ragazzo che sognava Kim Novak.
La trama? Poche righe: un uomo anziano viene ritrovato cadavere nella vetrina del suo negozio d'antiquariato e sul corpo trovano dei segni alfanumerici. Le indagini sono svolte dal commissario capo Gunnarstranda e dal suo braccio destro l'assistente Frolich. Una nuova coppia per rinverdire vecchie tradizioni? Staremo a vedere.
Per ora una lettura piacevole e avvincente.
di Alfredo Ronci
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Marsilio, Pag. 331 Euro 18,00C'ho messo un po' prima di leggerlo. Perché penso, lo crediate o no, che l'hard-boiled con la canicola non c'entra un tubo. Come mangiare una fetta di cocomero calda, o bere una lattina di coca cola poco ghiacciata. Vi chiederete: perché? E che ne so? Però c'ho riflettuto parecchio prima di mettere mano alla terza avventura firmata da Ola Dahl e pubblicata, come al solito, da Marsilio, proprio perché ho come la sensazione che sotto il solleone e con l'arsura sarebbe meglio una Agatha Christie
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