CLASSICI
Alfredo Ronci
La distopia reale di Corrado Alvaro: ‘L’uomo è forte’.
L’anno di uscita de L’uomo è forte è il 1938. Annata decisiva per il regime fascista. A giugno furono promulgati i primi provvedimenti contro la religione ebraica e questo fu una delle decisioni che contribuirono alla perdita di credibilità del regime nei confronti del popolo italiano.
Non solo, anche in campo editoriale ci furono delle decisioni che tastarono il tempo e che inquadravano il fascismo in una direzione: fra te tante, quella di censurare uno dei romanzi più interessanti e lucidi della nostra letteratura, Nessuno torna indietro di Alba De Cèspedes.
Evidentemente non si respirava aria buona in Italia. Corrado Alvaro veniva da una collaborazione straniera per il quotidiano La stampa. Inviava articoli sulla situazione politica ed economica della Russia sovietica e questo in qualche modo lo qualificava agli occhi dell’opinione pubblica. Ma lo scrittore aveva ben chiaro quali erano i termini della questione. E soprattutto quali avrebbero potuto essere quelle situazioni portate di fronte ad un’opera letteraria.
Si disse che L’uomo è forte fosse un esempio sì della difficoltà del cittadino oppresso, ma soprattutto della sua condizione in uno stato totalitario e che un regime come quello fascista indicasse come bersaglio proprio l’impero russo, evitando qualsiasi riferimento con la propria situazione politica.
Noi non sappiamo di preciso quale fosse l’esatta situazione di Alvaro: sappiamo però che le stesse condizioni del romanzo escludessero in qualche modo un’ambientazione troppo lontana. Quando i due personaggi principali del romanzo, l’ingegnere Dale e Barbara, parlano del loro passato e delle loro esperienze, nei loro ricordi appaiono come momenti di splendore Venezia e Roma, non certo città o luoghi fuori da una dimensione meno terrena.
Si è parlato de L’uomo forte come di un romanzo distopico, cioè, che volesse parlare di una situazione immaginandone un’altra, e a questo proposito si sono fatti sempre degli esempi ben definiti. Da 1984 di Orwell a Noi di Zamjatin precisando però che il romanzo dello scrittore inglese arrivò ben 9 anni più tardi, mentre può sembrare legittimo, anche per le situazioni geografiche, il confronto col romanzo del russo.
Ma siamo davvero sicuri che, agitando spettri di finzione (e con questo cercando anche di attirare l’attenzione dei lettori abituati a condizioni più fantastiche), il romanzo di Corrado Alvaro possa essere davvero indicato come visionario e dispotico. O non è forse la stessa ambientazione romanzesca ad indicarlo come un semplice romanzo di marchio realista? Insomma cosa succede di particolare all’ingegnere Dale perché possa essere visto come emblema di una rappresentazione di una realtà immaginaria del futuro? Il fatto che la passione tra i due protagonisti alla fine si conclude con la denuncia che la giovane Barbara fa all’agente di polizia della condotta dell’ingegnere Dale? O che lo stesso Dale sia oggetto di attenzione da parte di uno studioso dell’arte vittima anch’esso del regime?
Devo dire che onestamente non se ne esce. Senza dubbio Alvaro ha voluto costruire una storia fuori dal normale, questo sì, ma di certo non lontano da situazioni politiche evidenti. Non solo, ma nel romanzo vi si trovano intuizioni psicologiche che fanno apparire L’uomo è forte una sorta di diario dell’anima.
Ho letto che nel 1936 Corrado Alvaro curò l’adattamento del film di Goffredo Alessandrini Noi vivi/Addio Kira, film ambientato nella Russia conquistata dai bolscevichi e che richiamava, nei riti e nelle liturgie della vicenda, l’Italia mussoliniana. Straordinaria poi la somiglianza del capo della GPU, col suo inquietante mantello di pelle, con il duce Benito Mussolini.
Questo per dare più sostanza alla successiva esposizione letteraria di Alvaro. Ma le considerazioni che abbiamo sinora tenuto non cambiano. In una Italia martoriata dalla censura (è ovvio che anche il romanzo di Alvaro fu più che attenzionato) un’opera come L’uomo è forte indica una rinuncia alle condizioni di allora e indica anche una via d’uscita ad una situazione che, soprattutto nel 1938, sprofondava l’Italia in un abisso di inquietudine ed orrore.
Il libro da noi considerato è:
Corrado Alvaro
L’uomo è forte
Bompiani
Non solo, anche in campo editoriale ci furono delle decisioni che tastarono il tempo e che inquadravano il fascismo in una direzione: fra te tante, quella di censurare uno dei romanzi più interessanti e lucidi della nostra letteratura, Nessuno torna indietro di Alba De Cèspedes.
Evidentemente non si respirava aria buona in Italia. Corrado Alvaro veniva da una collaborazione straniera per il quotidiano La stampa. Inviava articoli sulla situazione politica ed economica della Russia sovietica e questo in qualche modo lo qualificava agli occhi dell’opinione pubblica. Ma lo scrittore aveva ben chiaro quali erano i termini della questione. E soprattutto quali avrebbero potuto essere quelle situazioni portate di fronte ad un’opera letteraria.
Si disse che L’uomo è forte fosse un esempio sì della difficoltà del cittadino oppresso, ma soprattutto della sua condizione in uno stato totalitario e che un regime come quello fascista indicasse come bersaglio proprio l’impero russo, evitando qualsiasi riferimento con la propria situazione politica.
Noi non sappiamo di preciso quale fosse l’esatta situazione di Alvaro: sappiamo però che le stesse condizioni del romanzo escludessero in qualche modo un’ambientazione troppo lontana. Quando i due personaggi principali del romanzo, l’ingegnere Dale e Barbara, parlano del loro passato e delle loro esperienze, nei loro ricordi appaiono come momenti di splendore Venezia e Roma, non certo città o luoghi fuori da una dimensione meno terrena.
Si è parlato de L’uomo forte come di un romanzo distopico, cioè, che volesse parlare di una situazione immaginandone un’altra, e a questo proposito si sono fatti sempre degli esempi ben definiti. Da 1984 di Orwell a Noi di Zamjatin precisando però che il romanzo dello scrittore inglese arrivò ben 9 anni più tardi, mentre può sembrare legittimo, anche per le situazioni geografiche, il confronto col romanzo del russo.
Ma siamo davvero sicuri che, agitando spettri di finzione (e con questo cercando anche di attirare l’attenzione dei lettori abituati a condizioni più fantastiche), il romanzo di Corrado Alvaro possa essere davvero indicato come visionario e dispotico. O non è forse la stessa ambientazione romanzesca ad indicarlo come un semplice romanzo di marchio realista? Insomma cosa succede di particolare all’ingegnere Dale perché possa essere visto come emblema di una rappresentazione di una realtà immaginaria del futuro? Il fatto che la passione tra i due protagonisti alla fine si conclude con la denuncia che la giovane Barbara fa all’agente di polizia della condotta dell’ingegnere Dale? O che lo stesso Dale sia oggetto di attenzione da parte di uno studioso dell’arte vittima anch’esso del regime?
Devo dire che onestamente non se ne esce. Senza dubbio Alvaro ha voluto costruire una storia fuori dal normale, questo sì, ma di certo non lontano da situazioni politiche evidenti. Non solo, ma nel romanzo vi si trovano intuizioni psicologiche che fanno apparire L’uomo è forte una sorta di diario dell’anima.
Ho letto che nel 1936 Corrado Alvaro curò l’adattamento del film di Goffredo Alessandrini Noi vivi/Addio Kira, film ambientato nella Russia conquistata dai bolscevichi e che richiamava, nei riti e nelle liturgie della vicenda, l’Italia mussoliniana. Straordinaria poi la somiglianza del capo della GPU, col suo inquietante mantello di pelle, con il duce Benito Mussolini.
Questo per dare più sostanza alla successiva esposizione letteraria di Alvaro. Ma le considerazioni che abbiamo sinora tenuto non cambiano. In una Italia martoriata dalla censura (è ovvio che anche il romanzo di Alvaro fu più che attenzionato) un’opera come L’uomo è forte indica una rinuncia alle condizioni di allora e indica anche una via d’uscita ad una situazione che, soprattutto nel 1938, sprofondava l’Italia in un abisso di inquietudine ed orrore.
Il libro da noi considerato è:
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L’uomo è forte
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