RECENSIONI
Fabrizio Ottaviani
La gallina
Marsilio, Pag. 237 Euro 18,50
Mi si dice cattivo e livoroso. Proviamo dunque a fare 'i bravi' e metter da parte certe esigenze che se fossero davvero tali presupporrebbero la ricerca quanto meno del santo Graal letterario.
Contentiamoci di un vaso da notte (si scherza... per non morire).
La gallina di Fabrizio Ottaviani è senza dubbio lettura curiosa ed inusuale, e in un periodo in cui, come dice un mio collega, siam tutti presi a pontificare sui disoccupati, le crisi di mezza età e qualche lagna mafioso camorrista è risultato almeno non prevedibile.
E proviamo a scorgere lati positivi (visto che siamo buoni?): in una vicenda in cui una gallina, consegnata ad una famiglia benestante che abita una città europea non meglio identificata (italiana senz'altro: Milano? Roma?), diventa una sorta di deus ex machina, le disavventure successive ricordano un po' le pièces teatrali alla Feydeau, anche se in quest'ultimo il meccanismo ad orologeria era determinato dall'uso delle porte. Qui vi è un appartamento, per quanto grande, dove le porte non hanno grande rilevanza, un maggiordomo (inusuale anche questo e per di più non filippino, ma indigeno), una cuoca, una padrona di casa che in genere torna alle sei di pomeriggio ed un padrone di casa che invece rientra tardissimo.
Alcune domande pungolano il lettore: perché è stata consegnata una gallina in un prestigioso e nobile condominio? Cosa si nasconde dietro l'atto? E' una burla o qualcosa che nasconde mistero e inquietudine?
Si legge nel risvolto di copertina: Esilarante farsa raggelata dallo humor più nero, La gallina è anche un atroce apologo metafisico in grado di materializzare le paure più profonde; fra tutte, quella di smarrire per sempre la propria umanità.
Diciamo che per vendere spesso le si sparano grosse: non scomoderei la metafisica e tantomeno l'humor nero (al massimo una tinta di grigio smorto). Crediamo, e l'autore ci venga incontro, che si sia tentato la via della carnevalata secondo la migliore tradizione nostrana (che crediamo vanti la narrativa più divertente e sfiziosa del panorama non solo europeo). Dovrebbe essere contento l'Ottaviani se scomodo non solo il Villaggio fantozziano ma anche il Campanile o il Massimo Simili.
La gallina è riuscita a metà (se volessimo far una battuta: poco cotta): nel senso che nel panorama viziato e vizioso della nostra letteratura è, come si diceva all'inizio, avventura inusuale e faceta. Ma all'autore crediamo manchi il graffio che lasci il segno. La cattiveria.
Un consiglio: provi intanto a farlo con la macchina del vicino. Possibilmente di cilindrata superiore ai 100 cavalli.
di Alfredo Ronci
Contentiamoci di un vaso da notte (si scherza... per non morire).
La gallina di Fabrizio Ottaviani è senza dubbio lettura curiosa ed inusuale, e in un periodo in cui, come dice un mio collega, siam tutti presi a pontificare sui disoccupati, le crisi di mezza età e qualche lagna mafioso camorrista è risultato almeno non prevedibile.
E proviamo a scorgere lati positivi (visto che siamo buoni?): in una vicenda in cui una gallina, consegnata ad una famiglia benestante che abita una città europea non meglio identificata (italiana senz'altro: Milano? Roma?), diventa una sorta di deus ex machina, le disavventure successive ricordano un po' le pièces teatrali alla Feydeau, anche se in quest'ultimo il meccanismo ad orologeria era determinato dall'uso delle porte. Qui vi è un appartamento, per quanto grande, dove le porte non hanno grande rilevanza, un maggiordomo (inusuale anche questo e per di più non filippino, ma indigeno), una cuoca, una padrona di casa che in genere torna alle sei di pomeriggio ed un padrone di casa che invece rientra tardissimo.
Alcune domande pungolano il lettore: perché è stata consegnata una gallina in un prestigioso e nobile condominio? Cosa si nasconde dietro l'atto? E' una burla o qualcosa che nasconde mistero e inquietudine?
Si legge nel risvolto di copertina: Esilarante farsa raggelata dallo humor più nero, La gallina è anche un atroce apologo metafisico in grado di materializzare le paure più profonde; fra tutte, quella di smarrire per sempre la propria umanità.
Diciamo che per vendere spesso le si sparano grosse: non scomoderei la metafisica e tantomeno l'humor nero (al massimo una tinta di grigio smorto). Crediamo, e l'autore ci venga incontro, che si sia tentato la via della carnevalata secondo la migliore tradizione nostrana (che crediamo vanti la narrativa più divertente e sfiziosa del panorama non solo europeo). Dovrebbe essere contento l'Ottaviani se scomodo non solo il Villaggio fantozziano ma anche il Campanile o il Massimo Simili.
La gallina è riuscita a metà (se volessimo far una battuta: poco cotta): nel senso che nel panorama viziato e vizioso della nostra letteratura è, come si diceva all'inizio, avventura inusuale e faceta. Ma all'autore crediamo manchi il graffio che lasci il segno. La cattiveria.
Un consiglio: provi intanto a farlo con la macchina del vicino. Possibilmente di cilindrata superiore ai 100 cavalli.
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