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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Joe R. Lansdale

La morte ci sfida

Fanucci, Pag. 192 Euro 8,50
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Mud Creek, Texas orientale, è una cittadina maledetta: una recente, insensata e micidiale violenza dei suoi cittadini, vittime un guaritore indiano e la sua compagna negra, ha scatenato la rappresaglia del maligno; un'oscura sequenza di omicidi e di zombesche resurrezioni accompagna così la cittadinanza all'olocausto. Sopravvivrà – simbolicamente – soltanto un reverendo in crisi di vocazione, capace di fronteggiare il male servendosi della Bibbia come se fosse una pistola, e tuttavia non in grado di difendere innocenti dalla vendetta. Se ne andrà osservando la cittadina in fiamme, deserta e spopolata, mentre il male striscia e serpeggia altrove, pronto a reincarnarsi.

Tra western e horror, La morte ci sfida è un divertissement pulp che accontenterà i fan di Tarantino (Dal tramonto all'alba è il film che vi passerà più volte di fronte agli occhi: per sangue e ritmo) e divertirà gli aficionado di Lansdale. Senza pretese diverse da un generico intrattenimento e dalla limpida denuncia del senso di colpa per le violenze wasp a danno delle altre etnie – amerinda nativa e afroamericana in primis – questo romanzo è un fumettone da digerire in un paio d'ore, ghignando per il lessico sguaiato e popolano dei protagonisti, per la coatta e cartacea violenza, per certe volute commistioni kitsch. Spiega Lansdale, nella dedica: La versione originale di questo libro apparve su 'Eldritch Tales', 10-13. Era un tributo alle riviste pulp, soprattutto 'Weird Tales'. Questa versione notevolmente riveduta è un tributo non solo alle riviste pulp, ma ai fumetti (...) e forse, soprattutto, agli autentici film dell'orrore di Serie B come 'L'uomo senza corpo', 'Dracula contro Billy the Kid', 'La figlia di Jesse James contro Frankenstein e simili' - se avete queste passioni (queste inclinazioni), allora ecco il libro che stavate cercando.

Protagonista assoluto, Jedibiah Mercer: è un reduce della Guerra Civile, fronte Sud. Uno sconfitto che, ancora adolescente, aveva visto troppo, e troppo sofferto per le cose della vita. Predicatore girovago, alto e magro, duro e severo, vestito di nero, appare coperto di polvere; nelle prime battute, sguardo da killer, si presenta in groppa a una cavalla ferita. Alla vita, ha una pistola argentea. È uno che "uccide il peccato": il diavolo porta una spada, con una spada va combattuto. È un angelo della morte.

Lascia la cavalla a pensione e va a prendere alloggio nell'unica locanda della cittadina. Si sente abbandonato da Dio. Forse è il senso di colpa per l'incesto di gioventù, forse l'alcol che lo trascina nelle allucinazioni – nella paura, un sentimento inedito, nella paura di poter morire. Ha perso fede in Dio. Non ha più passione per la Bibbia. Vuole liberarsi di tutto. Sa che il Signore gli ha preparato una sfida, laggiù, a Mud Creek. S'accorda col reverendo locale per poter predicare. Intanto, in città arriva la morte. Una morte terribile e misteriosa. Una maledizione aleggia sulla città... il destino del reverendo è combatterla, fino alla fine, fino all'ultimo respiro.

Il reverendo addestra il giovane David a sparare; corteggia una ragazza, Abby, e dal padre di lei, Doc, ascolta la rivelazione. I morti sono tornati a camminare sulla terra: sono tornati perché l'oscura magia di un guaritore indiano, umiliato e massacrato, sta sfogando la sua orribile vendetta.

Gli zombie sono come api e lui è come la regina dell'alveare. Sono un'unica mente. La sua. Si possono eliminare distruggendo il loro cervello. La magia dell'indiano funziona sui cadaveri in cui sopravvive il cervello. Non so come o perché. Non lo so, così come non so perché alcune pozioni possono richiedere l'occhio di un rospo o l'ala di una falena nera. È così e basta. Sparate alla testa. Spaccate il cranio. È l'unico modo di fermarli (pag. 183)

La fede e il sole sono l'unico sostegno: la luce solare disintegra queste creature, come fossero vampiri, la fede in Dio tiene ferma la mano che sta sparando. Potrebbe non bastare; non basterà.

Svago puro, e nient'altro che svago.





di Gianfranco Franchi


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