RECENSIONI
Jo Walton
Le mie due vite
Gargoyle, Traduzione di Daniela Di Falco, Pag. 320 Euro 18,00
Mi ha fatto venire in mente “Come eravamo”, il bel film di Sidney Pollack del 1973, che ambientava le storie dei protagonisti sullo sfondo di grandi eventi del novecento. Anche questo romanzo racconta storie individuali intrecciandole con la storia collettiva, ma lo fa con una particolarità che richiama un altro film, “Sliding Doors”, diretto nel 1998 da Peter Howitt. Infatti Patricia, una ragazza inglese del 1926, viene raccontata in due storie diverse e parallele, il cui punto di separazione è il momento in cui lei deve rispondere sì o no a una proposta di matrimonio. Il momento di ricongiunzione si situa invece nel cronicario in cui è ricoverata in vecchiaia, affetta da disturbi della memoria che le rendono ancor più difficile ricostruire i ricordi. Niente di nuovo dunque nell’idea di partenza, ma certo una mano maestra nel sostenere lo sviluppo delle due storie.
Ognuna delle storie è corposa, ben strutturata e convincente. E soprattutto in ciascuna delle due la personalità della protagonista mantiene i caratteri di fondo pur andando incontro alle trasformazioni prodotte dal doversi adattare a situazioni profondamente diverse. La continuità è garantita anche dalla prima parte del romanzo, quella in comune, in cui si traccia senza fretta ma anche senza lungaggini il percorso dell’infanzia e dell’adolescenza di Patricia fino al momento cruciale. Così si trova accettabile che la Patricia repressa e sacrificata dal mortificante matrimonio con Mark (detta Tricia o Trish) sia sostanzialmente la stessa donna (Pat) che instaura una relazione gratificante e piena con la sua compagna Bee.
Nella vita di Trish: Mark si presentò alla stazione dopo una mezz’ora, su una macchina avuta in prestito da amici. Non la baciò, né la abbracciò, come lei aveva per metà sperato e per metà temuto. Sembrava quasi che evitasse di guardarla negli occhi.
E nella vita di Pat: Poi Bee si girò e la strinse forte a sé. Pat le restituì l’abbraccio e si baciarono. “Sei sicura”, disse, mentre riprendevano fiato. “Sei sicura che è questo che vuoi?”
“Se lo vuoi anche tu”, replicò Bee.
In parallelo, la storia dell’umanità imbocca due percorsi diversi, con approcci differenti alla vita sociale e ai problemi internazionali. Quasi che la scelta di Patricia possa avere provocato una sorta di “effetto farfalla” influenzando in modo impercettibile l’intera storia dell’umanità. E per una beffa della sorte il mondo è migliore proprio in quella delle due storie che per la protagonista è a livello personale la più dolorosa. L’Autrice non è caduta però nell’errore di separare le storie in modo didascalico, con rigide contrapposizioni di bene e di male. Sono due vicende umane, dunque complesse nel distribuire almeno un po’ di sofferenza e di gioia in tutt’e due i casi. E poi ci sono i figli tanto amati, ma diversi da una realtà all’altra. Scegliere come vera una sola delle due vite significa decretare la scomparsa degli uni o degli altri.
Poi pensò ai figli. Chi erano i suoi veri figli? Il povero Doug, la cara Helen, il geniale George e la complicata Cathy? Oppure la giudiziosa Flora, la sorprendente Jinny e il talentuoso Philip? (…) solo uno dei due gruppi poteva essere reale, ma quale?
Chi si aspettasse una storia surreale, con tratti fantastici o fantascientifici, resterebbe deluso. La stessa fantapolitica rimane, perfino troppo, in sordina. Il romanzo è intrigante, ma non per via di chissà quale alone di mistero. E’ soprattutto una storia di persone e di realtà sociali descritte in modo credibile. Ogni storia sarebbe coerente e compiuta in sé, se non fosse per il loro scorrere in parallelo in un continuo confronto. Quello che intriga dunque, più che la coesistenza delle due storie, è la possibilità di seguire la psicologia della protagonista attraverso esperienze così differenti. Una volta tanto l’eterno interrogativo ‘come sarebbe andata se…’ non rimane in sospeso, ma consente di essere esplorato fino alle estreme conseguenze. Se poi ci sia o meno una soluzione all’enigma, lo scoprirà per conto proprio ogni lettore.
di Giovanna Repetto
Ognuna delle storie è corposa, ben strutturata e convincente. E soprattutto in ciascuna delle due la personalità della protagonista mantiene i caratteri di fondo pur andando incontro alle trasformazioni prodotte dal doversi adattare a situazioni profondamente diverse. La continuità è garantita anche dalla prima parte del romanzo, quella in comune, in cui si traccia senza fretta ma anche senza lungaggini il percorso dell’infanzia e dell’adolescenza di Patricia fino al momento cruciale. Così si trova accettabile che la Patricia repressa e sacrificata dal mortificante matrimonio con Mark (detta Tricia o Trish) sia sostanzialmente la stessa donna (Pat) che instaura una relazione gratificante e piena con la sua compagna Bee.
Nella vita di Trish: Mark si presentò alla stazione dopo una mezz’ora, su una macchina avuta in prestito da amici. Non la baciò, né la abbracciò, come lei aveva per metà sperato e per metà temuto. Sembrava quasi che evitasse di guardarla negli occhi.
E nella vita di Pat: Poi Bee si girò e la strinse forte a sé. Pat le restituì l’abbraccio e si baciarono. “Sei sicura”, disse, mentre riprendevano fiato. “Sei sicura che è questo che vuoi?”
“Se lo vuoi anche tu”, replicò Bee.
In parallelo, la storia dell’umanità imbocca due percorsi diversi, con approcci differenti alla vita sociale e ai problemi internazionali. Quasi che la scelta di Patricia possa avere provocato una sorta di “effetto farfalla” influenzando in modo impercettibile l’intera storia dell’umanità. E per una beffa della sorte il mondo è migliore proprio in quella delle due storie che per la protagonista è a livello personale la più dolorosa. L’Autrice non è caduta però nell’errore di separare le storie in modo didascalico, con rigide contrapposizioni di bene e di male. Sono due vicende umane, dunque complesse nel distribuire almeno un po’ di sofferenza e di gioia in tutt’e due i casi. E poi ci sono i figli tanto amati, ma diversi da una realtà all’altra. Scegliere come vera una sola delle due vite significa decretare la scomparsa degli uni o degli altri.
Poi pensò ai figli. Chi erano i suoi veri figli? Il povero Doug, la cara Helen, il geniale George e la complicata Cathy? Oppure la giudiziosa Flora, la sorprendente Jinny e il talentuoso Philip? (…) solo uno dei due gruppi poteva essere reale, ma quale?
Chi si aspettasse una storia surreale, con tratti fantastici o fantascientifici, resterebbe deluso. La stessa fantapolitica rimane, perfino troppo, in sordina. Il romanzo è intrigante, ma non per via di chissà quale alone di mistero. E’ soprattutto una storia di persone e di realtà sociali descritte in modo credibile. Ogni storia sarebbe coerente e compiuta in sé, se non fosse per il loro scorrere in parallelo in un continuo confronto. Quello che intriga dunque, più che la coesistenza delle due storie, è la possibilità di seguire la psicologia della protagonista attraverso esperienze così differenti. Una volta tanto l’eterno interrogativo ‘come sarebbe andata se…’ non rimane in sospeso, ma consente di essere esplorato fino alle estreme conseguenze. Se poi ci sia o meno una soluzione all’enigma, lo scoprirà per conto proprio ogni lettore.
di Giovanna Repetto
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