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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Miriam Toews

Mi chiamo Irma Voth

Marcos y Marcos, Pag. 304 Euro 17,00
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C'era già stato Un complicato atto d'amore (in Italia da Adelphi). Ora, nel romanzo Mi chiamo Irma Voth tradotto da Daniele Benati per i tipi di Marcos y Marcos, la canadese Miriam Toews ritorna su un argomento per lei evidentemente fondamentale, sebbene, e senza i timori della sua protagonista, sembri risolverlo con una certa agilità. Come molti sapranno la Toews proviene da una famiglia di mennoniti, comunità cristiana di derivazione anabattista fondata dall'olandese Menno Simons (1496-1561). A leggere le sue storie e informati sulla sua stessa biografia verrebbe da dire che esiste un modo non così drammatico per risolvere la faccenda dell'identità, feticcio agitato nella cultura degli ultimi anni con la facilità tipica dei linguaggi approssimativi.

Irma Voth, canadese anche lei, cresce però in una zona desertica del Messico. La sua è una comunità isolata come prescrive la dottrina mennonita. Sono pacifisti ma a loro modo fondamentalisti, refrattari a qualsiasi tipo di mescolanza, rigidi nelle norme e nei costumi, sospettosi verso la modernità, che significa qualsiasi cosa non appartenga al loro codice culturale. Di più, Irma deve vedersela con un padre che anche caratterialmente non è il massimo della vita (per non dire il senso logico: per lui, quelli di fuori sono tutti narcotrafficanti) il che significa essere costretti a introiettare dogmi e regole in un modo piuttosto violento.

Ciò nonostante, la ragazza, fragile ma non troppo da non sapere quello che vuole (intanto, una vita meno claustrofobica), conosce il messicano Jorge, estraneo alla comunità, e se ne innamora fino al punto di sposarlo. Se il padre è costretto ad abbozzare, costringe però i due a vivere separati dagli altri badando alle mucche. Cosa che al ragazzo garba poco o punto. Sì che Irma si ritrova in breve a dover fare a meno della famiglia e dello sposo avventizio. Che è un gran bel modo per mettersi alla prova. Lì, o sprofondi nella depressione, o provi a reinventare la tua vita. Ed è questo che le riesce di fare approfittando del caso che fa giungere al villaggio una sgangherata troupe cinematografica il cui regista ha idealizzato la comunità e vuole omaggiarla con un film (e una delle cose migliori del libro è la contraddizione fra la purezza pretesa dalla rappresentazione e l'ostilità anche un po' ottusa che la realtà a sé stante le oppone).

Di lì principieranno le avventure della donna, che accettando per la troupe l'incarico di interprete dal balzano tedesco della comunità, conoscerà il suo stravagante circo di artisti più o meno improbabili, poi si deciderà a un personalissimo espatrio - e definitivo distacco dal mondo originario - verso Città del Messico. Un po' come è successo alla scrittrice, che in effetti ha mollato i suoi simili, ha iniziato a costruirsi una sua carriera nel mondo di fuori anche lavorando come attrice cinematografica.

Temi impegnativi quelli della Toews risolti con passo leggero, mai scevro di umorismo, stilisticamente non indimenticabile, candido solo in apparenza, cattivo quanto basta.



di Michele Lupo


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