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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Francesco Gnerre, Gian Pietro Leonardi

Noi e gli altri

Il dito e la luna, Pag. 234 Euro 15,00
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Ripeness is all. E' motto - credo shakespeariano - che mi piace ripetere, sicché ognor mi si ripete si viva noialtri nella contrada dell'eterna giovinezza: o, al massimo, che da questa s'acceda a un'ultima stagione ch'è probabile sia mitigata, come l'inverno meteo, dal surriscaldamento. E' il ciclo vitale dell'uva puttanella, che passa da acerba a marcia.

Maturità vo cercando, dunque; leggo in un antiquato librone (*) il resoconto d'una simpatica seratina fra bucajuole primo-Novecento: "Moll ci dà una descrizione di una riunione di uranisti: "Intorno alla tavola erano assisi uomini coperti con un berretto amburghese, alcuni anche in grembiale. Ciascheduno aveva portato il suo lavoro, l'uno faceva la maglia, l'altro cuciva, un terzo faceva il crochet e così di seguito".

Non si parlava né di politica né di scienza, ma la conversazione era un cicaleccio pettegolo di amori, di gelosie, di mode, ecc., con voci in falsetto, con occhiate languide e con toccamenti. (...) In questa descrizione vi è tutta la psicologia degli invertiti" - e forse anche qualcosa di chi li osservava, dico io.

Molto cammino s'è dipartito da questa scenetta, più che lubrìca, lombrìca: un percorso in cui l'ontogenesi ricapitola la filogenesi. Faticosamente conquistato prima un esoscheletro d'assassinij e scandali (identità negativa e mutuata dall'esterno, ma pur sempre identità, punto di partenza d'una struttura discorsiva, d'un'archeologia del voler sapere), quindi una stazione eretta fortificata dalla ràchide del movimentismo prima, e in seguito del riconoscimento dei diritti in virtù d'una "perfetta normalità", oggi il finocchio della strada, nelle sue declinazioni lesbo-bi-transgender (E BASTA!!!), ha raggiunto, almeno nelle terre più acclimatate, un discreto grado di maturazione - quindi è pronto ad essere colto, magari sul fatto.

E a proposito di cultura: che gli offre la sua intellighentzija, e in particolar modo gli scrittori, coloro i quali dovrebbero non solo riprodurlo a colori, ma pure fornirlo d'una teoria per dirsi, e per difendersi dai ritrattini cinobalanici come quello suddetto, svalutati ma pervicaci? (A chi li pratica: modernizzatevi, almeno fategli fare il cannolè).

Le risposte sono in questa raccolta di interviste edite - meno le ultime tre - ma difficilmente ripescabili, che assomma somdomiti stagionati (Vidal, Severini, Bona, White e Siti) e zozzoni di mezz'età (Cunningham, Fortunato, Tòibìn, Pallavicini, Giartosio, Demarchi) a pugnettari ch'erano adolescenti o ciumàchi quando imperversavano aids e riflusso (I. Cotroneo, Mancassola, B. Bianchi, Rachid O.). Niente signore, in senso ginecologico almeno: supponiamo rimedierà una prossima crestomazia (come sarebbe opportuna un'antologia di culattoni non "caucasici"). In questa, condotta principalmente da uno dei prìncipi dell'investigazione omofila, i temi s'accavallano (sebbene abbiano un'incisività maggiore nei sassoni, una talvolta cospicua diluizione da noi): trovo in essi più o meno a comune una consistente pratica e difesa dell'autobiografia - passata, com'è naturale, nel crivello dell'arte; una costruzione narrativa che preveda il gay non solo come occasione per parlare d'urningìsmo, ma in modi che siano il più possibili funzionali alla storia; una buona riproposta d'un sentire che non sia solo personale, ma politico, mi pare in un senso più vasto del "sexpol" anni '70, che coinvolga cioè i temi catamìti nel corso sociale generale; un rifiuto non dell' etichetta "scrittore omo" - anzi: si profitta della gay experience sì da appercepire in profondità il disagio altrui, cfr. Pallavicini - bensì della sua esclusività, come se il narratore arrùso dovesse praticare solo e sempre la via secca; una valorizzazione della "normalità" omo, seppure corretta da una intrinseca potenzialità rivoluzionaria - che presumo voglia dire: tanto più il capovolto si dimostra "normale", tanto più entra in crisi l'idea stessa di normalità, e le istituzioni che su essa si fondano (Farinetti); e infine il superamento - l'opzione post-gay - e l'opposto, il rischio dell'annacquarsi dell'umore omo sino a perdersi non solo e non tanto nella discrasìa etero, quanto in una notte in cui ogni mucca (compresa quella "familista" e l' "assassina") è nera. Dove, cioè, non c'è discriminazione non perché vi sia coscienza dell'altrui valore, ma perché è assente il pensiero che dovrebbe, nel bene e nel male, discriminare.

Tale, se ben riassunto, il quadro della situazione: precisato dall'abilità dei Nostri nel condurre le interviste secondo non solo un piano chiaro delle domande, ma un'indiscreta conoscenza dei soggetti e, più, del loro milieu; e approfondito da due saggi degli Autori, che incorniciano, introducendoli, i dialoghi degli intervistati in una prospettiva più vasta e fonda, nei limiti di spazio d'una presentazione. (**) Che mostra, se ancora ce n'è bisogno - e temo ce ne sia - quanto non la sensibilità proustiana, malaticcia, ma il solido gay saber sia progredito irrobustendosi, stagionando, diventando maggiorenne. Maturando, insomma. Ancora una volta: ripeness is all.





(*) F. De Napoli, Sesso e amore, f.lli Bocca, Torino 1927, p. 996;

(**) per saperne di più di letteratura e vita nazionale gaia - oltre all'ovvio Francesco Gnerre, L'eroe negato, Baldini&Castoldi, Milano 2000, si consigliano; Angelo Pezzana, Dentro & Fuori, Sperling&Kupfer, Milano 1996; Gianni Rossi Barilli, Il movimento gay in Italia, Feltrinelli, Milano 1999; Tommaso Giartosio, Perché non possiamo non dirci, Feltrinelli, Milano 2004; e, discutibile nell'impostazione ma interessante nel documento, Enrico Oliari, L'omo delinquente, Prospettivaeditrice, Civitavecchia 2006.



di Marco Lanzòl


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