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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Tanguy Viel

Paris-Brest

Neri Pozza, Pag.158 Euro 15,00
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Si bisbiglia da più parti che la letteratura giovanile, soprattutto italiana,sia soporifera, inutile e che nonostante tanti anni fa Moretti, nel cinema, si scagliasse contro la mestizia dei quarantenni, questi stessi continuino a produrre storie letali di tristi individui che nella vita non hanno prodotto nulla ma hanno la presunzione di venircelo a raccontare. Per non parlare della più sesquipedale narrativa esordiente che assomma alla nullità la coazione a ripetere dei loro riti di passaggio: in ogni caso un abominio.

Ha ragione Labranca (nell'intervista video che gli abbiamo fatto) a dire che preferirebbe leggere un novello D'annunzio (a trovarlo) piuttosto che imberbi fanciulli che credono di fare tutti Bukovski e che invece (aggiungo io) producono storie da convento delle giovani suore del Sacro Cuore di Gesù.

E poi si proibisce a Busi di esternare in tv (che tempi!).

Tiritera a parte, la cappella (o cappellata) mi è servita per introdurre un autore francese né giovanissimo, né (per il mercato italiano) nuovissimo: Tanguy Viel.

Vien subito l'istinto a confrontare e a vedere se, come diceva Virgilio Ab uno disce omnis (Da uno capisci come sono tutti) .

Ci sono dei distinguo da fare: Viel utilizza, se vogliamo, una tecnica per nulla originale intessendo la trama di inserti, mi ripeto, per nulla originali, ma il risultato alla fine è diverso da quello che ci si potrebbe aspettare e il romanzo alla fine funziona.

Si diceva di tecniche 'abusate': beh, l'intreccio di lui che è diventato scrittore e che vuole pubblicare una sorta di biografia familiare più che ricordare qualcosa rimanda a regole che i narratori utilizzano come sorta di contraltare (o forma di masochismo?) alle loro più stringenti pulsioni del racconto.

Ma potrebbe essere nulla (nel senso di contare poco nel complesso) rispetto alla felicità della storia che vede una famiglia che fugge dalla Bretagna perché non regge ad uno scandalo che ha visto protagonista il 'capo' qualche anno prima, di una 'nonna' che si trova improvvisamente ricca perché ha avuto la fortuna di contare su un incontro fortunato e su un marito più che benestante e che ha permesso alla famiglia fuggita di tornare sui propri passi, di un figlio che nasconde la sua omosessualità e su un altro figlio (il protagonista, colui che racconta) che, diventato uno scrittore famoso, torna nei luoghi della sua giovinezza forse solo con l'intento di fare i conti col proprio passato.

Amenità familiari si potrebbe obiettare. Vero, ma nella prosa di Viel conta oltre che uno stile mai aggressivo e piano (che è in questo caso un pregio) un divenire della vicenda che, per abilità e predisposizione alla coincidenza (pensiamo all'amicizia del protagonista con Kermeur e ai legami di quest'ultimo con la famiglia dell'amico, figura poi che in qualche modo rappresenta una sorta di deus ex machina dell'intera storia) marcano un'originalità che, riconsiderando il discorso iniziale, non riusciamo a scorgere nei nostri indigeni rampolli con smanie di scrittura.

Paris-Brest, come Parigi, val bene una... lettura. Vi si troverà una felice inclinazione al sunto: di questi tempi di chiacchiericci e d'impossibilità al confronto, una vera manna.







di Alfredo Ronci


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