RACCONTI
Settimio Marcelli
Sherazade.com: Julia
Julia è nata in Argentina. Da una famiglia di emigranti italiani. Il nome è l'unica eredità del nonno, veterano degli Alpini della prima guerra mondiale. In compenso i genitori se la passavano bene. Avevano impiantato un'azienda vinicola di successo dalle parti di Valparaiso, per cui, quando fu il momento, fu per loro motivo d'orgoglio mandarla a studiare nella capitale. Prima al liceo italiano poi, speravano, alla facoltà d'economia. Julia, però, di conti e bilanci non ne voleva sapere, così si iscrisse a lettere.
I genitori ci rimasero male, ma lei si laureò brillantemente con una tesi su "Omero, Borges e la visione del cieco nella narrazione letteraria". Del resto non fu quella la sola delusione a cui dovettero abituarsi la mamma e il papà di Julia. Come regalo per la laurea avevano pensato a un bel viaggio a New York. Quella monella voleva andare invece a Cuba e puoi capire facilmente come andò a finire. Inoltre i vecchi speravano in un bel matrimonio con il rampollo di una di quelle famiglie che a Valparaiso facevano aprire la folla quando passavano per il corso del paese.
Pensa tu che ti fa invece Julia. In un bar dell'Avana si innamora di un turista italiano e decide di dividere con lui il gin tonic, il conto dell'albergo e il resto della vita. Che poi, fosse stato un uomo d'affari in viaggio di lavoro o almeno un proprietario terriero in cerca d'avventure, se ne sarebbero fatta anche una ragione. Macché, era un barbiere di Testaccio che aveva messo da parte i soldi delle mance di un anno per comprarsi un biglietto "bassa stagione, tutto compreso" per la prima località esotica che gli era capitata sotto gli occhi nei depliant dell'agenzia turistica accanto al suo negozio.
A momenti gli prende un infarto ai vecchi quando gli arriva il telegramma della loro unica figlia, neolaureata e, almeno ai loro occhi, ancora ignara delle cose della vita: "Parto per Roma col mio grande amore Stop Non cercate di fermarmi Stop Segue lettera Stop".
Altro che "non cercate di fermarmi". Il signor Armando (anche il suo nome era un'eredità della grande guerra) trovò subito un investigatore privato che, a suo dire, aveva degli ottimi agganci all'Avana, grazie ai quali avrebbe fatto rintracciare e rimpatriare la figlia, oltre che chiuso a marcire per il resto dei suoi giorni lo sfacciato seduttore nella più buia e terrificante galera cubana.
"È solo una questione di dollari" sosteneva il Sam Spade della Pampa "Perché quelli saranno pure comunisti, ma non sono mica scemi". Non sapremo mai se "quelli" sono più comunisti o più scemi, per il semplice fatto che scemi non erano i nostri due fuggiaschi d'amore.
Non dico Sherlock Holmes, ma anche un semplice Maigret avrebbe subito notato che il telegramma era stato spedito dalla nave che accompagnava i due piccioncini in Europa, per cui era del tutto inutile ingoiare barili di pessimo rum nelle bettole malfamate dell'Avana, passando con smorfie di disgusto dollari arrotolati nelle mani sudate di funzionari corrotti del regime castrista. L'investigatore aveva coronato il sogno della sua vita, ma aveva sbagliato film. Pensava di indossare i panni di Robert Mitchum, invece la parte era scritta per Raymond Burr e lui c'era caduto come un pollo.
A dire il vero il signor Armando avrebbe potuto essere orgoglioso del piano escogitato dalla figlia per sfuggirgli, testimonianza del profitto che aveva tratto dagli studi letterari intrapresi, ma non era quello il momento adatto per cogliere tali sottigliezze. L'unica cosa chiara era che se non aveva telefonato, se aveva inserito la raccomandazione a non cercare di fermarla e soprattutto se faceva riferimento ad altre lettere, era per tirargliela sotto al naso. Tutto sommato gli aveva detto proprio tutto, e questo lo faceva arrabbiare ancora di più. Se la prendeva con quella bestia di un investigatore che non aveva capito niente, con la moglie che non aveva saputo crescere la figlia come si deve, con la letteratura che le aveva riempito la testa di idee bislacche. L'unica con cui sembrava non prendersela era Julia, ma vai a sapere se era per il disprezzo che provava per lei o perché, sotto sotto, l'ammirava e, chissà, forse un po' anche l'invidiava.
Non ti ho parlato ancora di Nino. Il barbiere del Testaccio. Gran bel ragazzo, ma anche bravo. Certo, averlo conosciuto in un bar dell'Avana può far pensare male di lui, ma allora dovremmo dire lo stesso di Julia. In realtà stavano entrambi giocando all'avventura, atteggiandosi a uomo vissuto e donna fatale come fanno i turisti quando si trovano in località esotiche e romanzesche, però s'erano piaciuti proprio perché sembravano ridicoli a recitare quei ruoli, per cui avevano fatto finta tutta la notte di inseguire pericoli, ma l'alba li aveva teneramente sorpresi a passeggio mano nella mano, con addosso una gran voglia di caffè e di carezze.
"Guarda che ho intenzioni serie". Le fa Nino quella sera stessa, uscendo dal cinema per stranieri in cui, se non si fossero baciati appassionatamente per tutta la durata della proiezione, avrebbero potuto vedere "Il vecchio e il mare" e ascoltare i gridolini di tutti i turisti che, a ogni inquadratura, pretendevano di riconoscere le spiagge su cui erano già stati a fare quegli stessi gridolini, ovviamente imitando lo Spencer Tracy del film.
"Di persone serie ne conosco anche troppe", gli risponde Julia, non appena l'orchestrina tipica del locale tipico in cui stanno cenando interrompe il suo tipico frastuono, a volte gioioso, a volte struggente, sempre assordante, di ritmi caraibici, consentendo un minimo di conversazione ai due innamorati. "Tu prova a farmi una proposta vera".
"La vedi quella nave?" Julia e Nino stanno passeggiando tra le banchine del porto e il barbiere ha preso la sua decisione. "Parte all'alba per l'Europa. Imbarchiamoci. Ti offro Roma come pegno del mio amore".
Era dal momento in cui si erano separati per il poco tempo necessario a preparare il loro nuovo incontro che Julia sperava di sentire quelle parole. Gliele sussurrava l'acqua che riempiva la vasca in cui si era immersa per dissolvere la polvere di quella notte meravigliosa, gliele accennava il canto dei venditori di frutta nella piazza del mercato sotto le sue finestre, gliele insinuava il fruscio del pettine con cui si allisciava i capelli per la centesima volta, sperando di sentirsele dire dal suo Nino.
Senza farla troppo lunga, ormai l'hai capito che all'alba erano su quella nave e pochi giorni dopo erano a Roma. Tempo un mese e Julia attraversava la navata della Chiesa Nazionale a piazza Quadrata, quella in cui si riunisce la comunità degli argentini a Roma, dove vicino all'altare l'aspettava Nino. Non ci fu bisogno di viaggio di nozze, che tanto l'avevano già fatto in anticipo, né di luna di miele, che non era mai tramontata dal giorno del loro incontro. Anche il padre sembrava rassegnato. Deciso a non considerarla più come sua figlia, ma incapace di trovare il modo di riportarsela a casa.
Julia imparò il mestiere della parrucchiera. Ci provò gusto, si perfezionò in una scuola e infine decise di aprire una bottega per signora, vicino al negozio del marito. Te l'ho detto che l'ho conosciuta in quel momento, sappi che sono stata la sua prima cliente. Un po' alla volta lì da lei s'è formata una bella cricca di spostate. Andiamo a rifarci la testa, dentro e fuori. Ci raccontiamo storie, le inventiamo, le ribaltiamo ancora. Julia dirige il coro. Ci assegna i ruoli e ci dà le parti. Per ogni taglio nasce un romanzo, con una permanente è l'avventura.
Settimio Marcelli
Insegna filosofia a Roma dove è nato poco più di mezzo secolo fa. Ha collaborato molti anni con la Rai, per la quale ho condotto studi sulle nuove tecnologie che hanno portato alla pubblicazione di volumi come Scripta volant e Il Gran Simpatico, e collabora con il Censis, per il quale lavora alla redazione del Rapporto annuale sulla comunicazione in Italia, arrivato alla ottava edizione.
I genitori ci rimasero male, ma lei si laureò brillantemente con una tesi su "Omero, Borges e la visione del cieco nella narrazione letteraria". Del resto non fu quella la sola delusione a cui dovettero abituarsi la mamma e il papà di Julia. Come regalo per la laurea avevano pensato a un bel viaggio a New York. Quella monella voleva andare invece a Cuba e puoi capire facilmente come andò a finire. Inoltre i vecchi speravano in un bel matrimonio con il rampollo di una di quelle famiglie che a Valparaiso facevano aprire la folla quando passavano per il corso del paese.
Pensa tu che ti fa invece Julia. In un bar dell'Avana si innamora di un turista italiano e decide di dividere con lui il gin tonic, il conto dell'albergo e il resto della vita. Che poi, fosse stato un uomo d'affari in viaggio di lavoro o almeno un proprietario terriero in cerca d'avventure, se ne sarebbero fatta anche una ragione. Macché, era un barbiere di Testaccio che aveva messo da parte i soldi delle mance di un anno per comprarsi un biglietto "bassa stagione, tutto compreso" per la prima località esotica che gli era capitata sotto gli occhi nei depliant dell'agenzia turistica accanto al suo negozio.
A momenti gli prende un infarto ai vecchi quando gli arriva il telegramma della loro unica figlia, neolaureata e, almeno ai loro occhi, ancora ignara delle cose della vita: "Parto per Roma col mio grande amore Stop Non cercate di fermarmi Stop Segue lettera Stop".
Altro che "non cercate di fermarmi". Il signor Armando (anche il suo nome era un'eredità della grande guerra) trovò subito un investigatore privato che, a suo dire, aveva degli ottimi agganci all'Avana, grazie ai quali avrebbe fatto rintracciare e rimpatriare la figlia, oltre che chiuso a marcire per il resto dei suoi giorni lo sfacciato seduttore nella più buia e terrificante galera cubana.
"È solo una questione di dollari" sosteneva il Sam Spade della Pampa "Perché quelli saranno pure comunisti, ma non sono mica scemi". Non sapremo mai se "quelli" sono più comunisti o più scemi, per il semplice fatto che scemi non erano i nostri due fuggiaschi d'amore.
Non dico Sherlock Holmes, ma anche un semplice Maigret avrebbe subito notato che il telegramma era stato spedito dalla nave che accompagnava i due piccioncini in Europa, per cui era del tutto inutile ingoiare barili di pessimo rum nelle bettole malfamate dell'Avana, passando con smorfie di disgusto dollari arrotolati nelle mani sudate di funzionari corrotti del regime castrista. L'investigatore aveva coronato il sogno della sua vita, ma aveva sbagliato film. Pensava di indossare i panni di Robert Mitchum, invece la parte era scritta per Raymond Burr e lui c'era caduto come un pollo.
A dire il vero il signor Armando avrebbe potuto essere orgoglioso del piano escogitato dalla figlia per sfuggirgli, testimonianza del profitto che aveva tratto dagli studi letterari intrapresi, ma non era quello il momento adatto per cogliere tali sottigliezze. L'unica cosa chiara era che se non aveva telefonato, se aveva inserito la raccomandazione a non cercare di fermarla e soprattutto se faceva riferimento ad altre lettere, era per tirargliela sotto al naso. Tutto sommato gli aveva detto proprio tutto, e questo lo faceva arrabbiare ancora di più. Se la prendeva con quella bestia di un investigatore che non aveva capito niente, con la moglie che non aveva saputo crescere la figlia come si deve, con la letteratura che le aveva riempito la testa di idee bislacche. L'unica con cui sembrava non prendersela era Julia, ma vai a sapere se era per il disprezzo che provava per lei o perché, sotto sotto, l'ammirava e, chissà, forse un po' anche l'invidiava.
Non ti ho parlato ancora di Nino. Il barbiere del Testaccio. Gran bel ragazzo, ma anche bravo. Certo, averlo conosciuto in un bar dell'Avana può far pensare male di lui, ma allora dovremmo dire lo stesso di Julia. In realtà stavano entrambi giocando all'avventura, atteggiandosi a uomo vissuto e donna fatale come fanno i turisti quando si trovano in località esotiche e romanzesche, però s'erano piaciuti proprio perché sembravano ridicoli a recitare quei ruoli, per cui avevano fatto finta tutta la notte di inseguire pericoli, ma l'alba li aveva teneramente sorpresi a passeggio mano nella mano, con addosso una gran voglia di caffè e di carezze.
"Guarda che ho intenzioni serie". Le fa Nino quella sera stessa, uscendo dal cinema per stranieri in cui, se non si fossero baciati appassionatamente per tutta la durata della proiezione, avrebbero potuto vedere "Il vecchio e il mare" e ascoltare i gridolini di tutti i turisti che, a ogni inquadratura, pretendevano di riconoscere le spiagge su cui erano già stati a fare quegli stessi gridolini, ovviamente imitando lo Spencer Tracy del film.
"Di persone serie ne conosco anche troppe", gli risponde Julia, non appena l'orchestrina tipica del locale tipico in cui stanno cenando interrompe il suo tipico frastuono, a volte gioioso, a volte struggente, sempre assordante, di ritmi caraibici, consentendo un minimo di conversazione ai due innamorati. "Tu prova a farmi una proposta vera".
"La vedi quella nave?" Julia e Nino stanno passeggiando tra le banchine del porto e il barbiere ha preso la sua decisione. "Parte all'alba per l'Europa. Imbarchiamoci. Ti offro Roma come pegno del mio amore".
Era dal momento in cui si erano separati per il poco tempo necessario a preparare il loro nuovo incontro che Julia sperava di sentire quelle parole. Gliele sussurrava l'acqua che riempiva la vasca in cui si era immersa per dissolvere la polvere di quella notte meravigliosa, gliele accennava il canto dei venditori di frutta nella piazza del mercato sotto le sue finestre, gliele insinuava il fruscio del pettine con cui si allisciava i capelli per la centesima volta, sperando di sentirsele dire dal suo Nino.
Senza farla troppo lunga, ormai l'hai capito che all'alba erano su quella nave e pochi giorni dopo erano a Roma. Tempo un mese e Julia attraversava la navata della Chiesa Nazionale a piazza Quadrata, quella in cui si riunisce la comunità degli argentini a Roma, dove vicino all'altare l'aspettava Nino. Non ci fu bisogno di viaggio di nozze, che tanto l'avevano già fatto in anticipo, né di luna di miele, che non era mai tramontata dal giorno del loro incontro. Anche il padre sembrava rassegnato. Deciso a non considerarla più come sua figlia, ma incapace di trovare il modo di riportarsela a casa.
Julia imparò il mestiere della parrucchiera. Ci provò gusto, si perfezionò in una scuola e infine decise di aprire una bottega per signora, vicino al negozio del marito. Te l'ho detto che l'ho conosciuta in quel momento, sappi che sono stata la sua prima cliente. Un po' alla volta lì da lei s'è formata una bella cricca di spostate. Andiamo a rifarci la testa, dentro e fuori. Ci raccontiamo storie, le inventiamo, le ribaltiamo ancora. Julia dirige il coro. Ci assegna i ruoli e ci dà le parti. Per ogni taglio nasce un romanzo, con una permanente è l'avventura.
Settimio Marcelli
Insegna filosofia a Roma dove è nato poco più di mezzo secolo fa. Ha collaborato molti anni con la Rai, per la quale ho condotto studi sulle nuove tecnologie che hanno portato alla pubblicazione di volumi come Scripta volant e Il Gran Simpatico, e collabora con il Censis, per il quale lavora alla redazione del Rapporto annuale sulla comunicazione in Italia, arrivato alla ottava edizione.
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