RECENSIONI
Roberto Tiraboschi
Sonno
E/O, Pag. 321 Euro 18,00
I quattro evangelisti erano tre: Luca e Matteo.
Lo avete mai visto scritto in un giudizio di un tema in classe? Personalmente sì. Lo vergò la mia professore d'italiano: ma il componimento per fortuna non era il mio, ma della mia compagna di classe. Era partita in quarta descrivendo il fascino e l'importanza de I promessi sposi per poi ritrovarsi alla fine a snocciolare stanche osservazioni sulla provvidenza manzoniana. Ricalco di altrettante stanche lezioni di letteratura italiana.
Non me ne voglia l'autore, ma Tiraboschi fa lo stesso: parte in tromba con una 'squisita' citazione di Baudelaire (ma non potrebbe avere mai l'allure della materia calassiana... ça va sans dire...), si destreggia amabilmente con una sostanza che farebbe la gioia del professor Sacks (quello di Risvegli e L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello), prende a modello della sua storia il gotico alla Radcliffe, ma soprattutto la cinematografia hitchcockiana, ma alla fine il risultato è deludente ed irrisorio.
Due righe sulla trama: il professor Gregorio Morganti, da quando è morta la moglie, affogata sulla riva di un fiume in pochi centimetri d'acqua, non riesce più a dormire. Per risolvere il grosso problema si affida alle mani di luminare che gestisce una inquietante clinica del sonno, un ex sanatorio un po' lugubre, isolato tra le montagne.
Gli altri protagonisti della vicenda sono Maddalena, un'altra ricoverata e Cosma, il fratello dell'annegata, un uomo di centosessanta chili che da anni è convinto invece della colpevolezza del Morganti che, a parer suo, avrebbe ucciso la sorella in un attacco di sonnambulismo.
Se fossimo negli anni cinquanta e avessimo tra le mani una sceneggiatura holliwoodiana, magari con protagonisti James Stewart e Tippi Hedren (non male no? Accoppiata inedita!) allora sì che la trama reggerebbe. Purtroppo per Tiraboschi siamo nel duemilaotto e sotto i ponti tanta 'acqua' delinquenziale è passata.
Ma forse aggrediti come siamo dalle ansie tarantiniane e dagli horror orientali che mischiano, con poca sapienza a dire il vero, il soprannaturale e la psicologia, Sonno ci pare poca cosa: anche quel finale, che potrebbe richiamare modelli di giallo psicologico che in passato ha avuto risoluzioni decisamente migliori, non convince. C'è un sentore di retaggio del trapassato remoto, di una resistenza non solo letteraria, ma logica, alle 'invenzioni' del presente, o se il termine dovesse sembrare poco appropriato, alle evoluzioni del tempo.
Il romanzo di Tiraboschi lo vedrei, diluito, che so magari quattro o cinque puntate, per una fiction televisiva: lì le incongruenze sarebbero meno evidenti. Basta vedere le ultime sceneggiature di Montalbano che accozzaglia di inverosimiglianze mostrano!
di Eleonora del Poggio
Lo avete mai visto scritto in un giudizio di un tema in classe? Personalmente sì. Lo vergò la mia professore d'italiano: ma il componimento per fortuna non era il mio, ma della mia compagna di classe. Era partita in quarta descrivendo il fascino e l'importanza de I promessi sposi per poi ritrovarsi alla fine a snocciolare stanche osservazioni sulla provvidenza manzoniana. Ricalco di altrettante stanche lezioni di letteratura italiana.
Non me ne voglia l'autore, ma Tiraboschi fa lo stesso: parte in tromba con una 'squisita' citazione di Baudelaire (ma non potrebbe avere mai l'allure della materia calassiana... ça va sans dire...), si destreggia amabilmente con una sostanza che farebbe la gioia del professor Sacks (quello di Risvegli e L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello), prende a modello della sua storia il gotico alla Radcliffe, ma soprattutto la cinematografia hitchcockiana, ma alla fine il risultato è deludente ed irrisorio.
Due righe sulla trama: il professor Gregorio Morganti, da quando è morta la moglie, affogata sulla riva di un fiume in pochi centimetri d'acqua, non riesce più a dormire. Per risolvere il grosso problema si affida alle mani di luminare che gestisce una inquietante clinica del sonno, un ex sanatorio un po' lugubre, isolato tra le montagne.
Gli altri protagonisti della vicenda sono Maddalena, un'altra ricoverata e Cosma, il fratello dell'annegata, un uomo di centosessanta chili che da anni è convinto invece della colpevolezza del Morganti che, a parer suo, avrebbe ucciso la sorella in un attacco di sonnambulismo.
Se fossimo negli anni cinquanta e avessimo tra le mani una sceneggiatura holliwoodiana, magari con protagonisti James Stewart e Tippi Hedren (non male no? Accoppiata inedita!) allora sì che la trama reggerebbe. Purtroppo per Tiraboschi siamo nel duemilaotto e sotto i ponti tanta 'acqua' delinquenziale è passata.
Ma forse aggrediti come siamo dalle ansie tarantiniane e dagli horror orientali che mischiano, con poca sapienza a dire il vero, il soprannaturale e la psicologia, Sonno ci pare poca cosa: anche quel finale, che potrebbe richiamare modelli di giallo psicologico che in passato ha avuto risoluzioni decisamente migliori, non convince. C'è un sentore di retaggio del trapassato remoto, di una resistenza non solo letteraria, ma logica, alle 'invenzioni' del presente, o se il termine dovesse sembrare poco appropriato, alle evoluzioni del tempo.
Il romanzo di Tiraboschi lo vedrei, diluito, che so magari quattro o cinque puntate, per una fiction televisiva: lì le incongruenze sarebbero meno evidenti. Basta vedere le ultime sceneggiature di Montalbano che accozzaglia di inverosimiglianze mostrano!
di Eleonora del Poggio
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